di Antonio Di Spirito
Napoli è stata la mia prima città adottiva e, per me che vivo a Roma da oltre quaranta anni, esercita sempre un grande fascino: è la città dove ho vissuto da studente e dove ho mosso i miei primi passi professionali. Naturale, quindi, che ci torno sempre con grande piacere. E Vitignoitalia è diventato, ormai, un appuntamento fisso negli anni.
Quest’anno, dal 8 al 10 giugno, nella suggestiva sede di Castel dell’Ovo si è svolta la decima edizione di quella manifestazione; e i dati consuntivi parlano chiaro:
il “castello del buon vino italiano” ha ospitato ben 200 aziende vitivinicole provenienti da tutta Italia; il numero dei visitatori è rimasto stabile – circa 12 mila nei 3 giorni dell’evento;
in aumento, invece, il numero degli operatori: ristoratori, food&beverage manager di hotel, sommelier, chef, enotecari, ecc.;
nei tre giorni della manifestazione sono stati organizzati 350 workshop OneToOne per i 35 buyer presenti al Salone e svariati tour nei territori vitivinicoli della Campania, novità di questa edizione.
Sono numeri di grande rilievo che testimoniano la grande valenza della manifestazione.
Per due giorni ho girato le sale di Castel dell’Ovo, qualcuna un po’ buia, ma quasi mai sovraffollate e tutte piene di ottime etichette. Difficile fare una selezione di tutti gli assaggi; provo a raccontare qualche novità ed alcune conferme.
Appena si entra nella Sala Prigioni c’è il banco di Vino & Design, un’Agenzia che tradizionalmente negli anni ha sempre proposto un’accurata e meditata selezione di vini internazionali (due riesling sublimi) e nazionali. Ogni anno ho fatto una sosta a questo banco per assaggiare il vino della Tenuta Aglaea di Paolo Caciorgna e quest’anno ne ho trovato due: Thalìa 2012 e N’anticchia 2010, con il secondo che è più di una n’anticchia (permettetemi il gioco di parole) superiore al primo: stesso vitigno (nerello mascalese in purezza), stesso terroir, stessa mano leggera e felice, piante prefillossera; ma il secondo ha più concentrazione, è più elegante e raffinato, ha più carattere. Mineralità e sbuffi di frutti di bosco al naso; al palato i frutti di bosco e la mineralità sono accompagnati da una grande freschezza e da un tannino possente e vellutato; le note tostate, poi, chiudono in bellezza.
Vestini Campagnano
Seguo da molti anni questa azienda e per me è sempre stata un punto di riferimento per i pallagrello ed il casa vecchia, i vini che ha contribuito a portare all’attenzione del mondo del vino ed a valorizzare. Il Pallagrello bianco 2013 è un vino che soddisfa molte esigenze “palatali”: è giallo oro carico nel calice ed assale il naso con profumi di frutta tropicale ed erbe aromatiche; in bocca regala un sorso pieno, materico e minerale insieme a sentori di pesca ed albicocca matura. E’ un vino morbido, non è dotato di acidità importante, ma nei giusti abbinamenti regala grandi emozioni. Le Ortole 2012 è il fratello maggiore: fa un breve passaggio in legno, peraltro affatto invadente, e regala una maggiore complessità al palato, ma sostanzialmente uguale al precedente.
Assaggiando il pallagrello nero ho sempre avuto la stessa sensazione: profumi di bosco sferzanti al naso, grande impatto tannico all’ingresso in bocca, per essere, poi, carezzevole, fruttato e infinitamente lungo. E così è stato il Pallagrello Nero 2011.
L’Asprinio 2013 è, a prima vista, un vinello dal quale non ti aspetti di trovare finezza ed eleganza: è un vino che offre un equilibrio eccezionale con un elevato tasso di freschezza, poche note fruttate (agrume) e basso tenore alcolico.
Alepa
Azienda molto giovane, condotta dalla giovane e dinamica Paola Riccio, fra i primi produttori a sperimentare tecniche di vinificazione senza aggiungere solfiti. Vitigni impiantati: pallagrello nero e bianco, falanghina, greco, aglianico e cabernet sauvignon. Ho assaggiato i tre vini bianchi.
Il Riccio bianco 2010 è un pallagrello bianco che, dopo una lenta fermentazione, matura 11-12 mesi in acciaio ed affina 5-6 mesi in bottiglia. Nel calice è oro carico; i suoi profumi vanno dal frutto della passione, al tiglio, alle erbe aromatiche. In bocca è ampio e pervasivo, nonostante la notevole componente alcolica. Il Maria Carolina 2011, dopo otto mesi sulle fecce fini in tonneau, finisce la maturazione in acciaio per ulteriori quattro mesi e sei mesi in bottiglia. In bocca è sicuramente più complesso ed equilibrato e nel lungo finale si congeda con una nota leggermente ammandorlata. Santojanni 2011 è un blend di falanghina (70%) e greco. Offre al naso un cestino di frutta gialla ed erbe aromatiche. In bocca è fresco, gradevole ed il sorso è lungo: i 14 gradi di alcool sono ben integrati nella ottima materia, che non si avverte.
Cantine Antonio Mazzella
Ed ora una di quelle aziende di “Vignaioli Eroici”; Antonio ed il figlio Nicola coltivano un vigneto ad Ischia a 150 metri sul livello del mare, in una zona impervia e raggiungibile solo a piedi. La raccolta è manuale; tutto il processo di vinificazione avviene in vigna ed il vino viene fatto maturare in cantine scavate nella roccia molti secoli fa. Quando il vino è maturo, viene trasportato via mare, in appositi recipienti, nelle cantine storiche per essere imbottigliato. Il Forastera 2013 ha colore giallo paglierino tenue; profumi delicati di erbe aromatiche e note fruttate; anche in bocca si propone con la stessa delicatezza, ma è fresco e minerale; senti senz’altro la roccia su cui cresce e le brezze marine a cui le uve sono esposte. Il Biancolella 2013, invece, ha molto più carattere; più marcato nei profumi floreali, più fruttato al palato; poi la freschezza, la mineralità e la sapidità allungano di molto il passo fino alla chiusura del sorso. Grande stoffa anche per il Nero70 2012 (il numero aggiunto al nome è per festeggiare il settantesimo compleanno della cantina), una selezione di aglianico e piedirosso dell’isola. Le uve vengono fatte surmaturare fino a metà novembre e, dopo una macerazione di 20 giorni, matura per un anno in tre diverse essenze di legno; quindi assemblato ed affinato in bottiglia. Il risultato è notevole, con sapori molto marcati e pieni di frutta matura, morbido, fresco e chiusura speziata.
Cantina del Taburno
Questa cantina è di proprietà del Consorzio Agrario di Benevento e raccoglie le uve di 600 ettari di vigneti ricadenti nell’areale di produzione della Denominazione di Origine Controllata Taburno dei 300 soci viticoltori. E i vini sono sempre molto buoni e tipici. Il Greco 2013 è un vino ad ampio spettro olfattivo e materico. Floreale e fruttato al naso, mantiene queste promesse alla gustativa; al palato si avverte, inoltre, una grande spinta acida ed anche un leggero tannino verso un finale lungo e speziato. Amineo 2013 è un tipico vino prodotto con coda di volpe: frutta matura, fieno e miele al naso; al palato la frutta esotica completa il corredo aromatico per un sorso pieno ed appagante. Falanghina 2013, altro tipico vino bianco della zona, è un vino intensamente floreale al naso. In bocca è un equilibrio perfetto tra frutta (tropicali ed agrumi dolci), freschezza ed alcool. Fra i rossi va ricordato il Piedirosso 2012; è un vino molto tipico ed elegante; fruttato al naso ed al palato, dove la freschezza ed il tannino setoso accompagnano le note nocciolate verso un lungo finale. Ed infine, il Bue Apis 2008; questo vino, ormai un cult, viene prodotto da un vigneto ultracentenario di “aglianico amaro”, domato in cantina con diciotto mesi di barriques. Nel calice non presenta un colore molto vivo, ma al naso arrivano zaffate di piccoli frutti neri e rossi, cuoio e cenere. Il sorso è piacevole, fruttato e fresco; il tannino è robusto e setoso e la bocca ne rimane lungamente “insaporita”.
Fattoria La Rivolta
Ed ecco un’altra cantina imperdibile: propone sempre ottimi prodotti. Risiede a Torrecuso e i 30 ettari di vigneti insistono nelle DOC Taburno o Sannio. Il Greco Taburno Sannio 2013 incanta, sembra sempre di non aver capito e si riassaggia. I profumi fruttati e floreali di tiglio e gelsomino con aggiunta di note agrumate sono simili a tanti altri vini, ma in bocca … è “grasso” (più di qualcuno dirà: “Ma che significa grasso?”. Significa “ciccione”; significa il contrario di “magro”; significa “materico”; significa che ti riempie la bocca di sapori.), fruttato (pesca, melone, …), minerale, dotato di una sostenuta acidità e di una percettibile componente tannica. Per fare un elenco completo non basta la bottiglia!
La Falanghina del Sannio 2013 sembra, sia al naso che in bocca, una macedonia di frutta tropicale e pesca bianca condita con buccia di limone grattugiata! Poi la proverbiale acidità e la mineralità ne fanno un vino equilibrato e persistente.
Ed eccoci ad una delle migliori Coda di Volpe 2013 in circolazione. Ha un bel colore quasi dorato e sollecita il naso con frutta tropicale, fiori di campo, fieno e miele. Estremamente tattile, solletica il palato con i suoi sapori vellutati e freschi, minerali ed intensi, sapido e persistente.
Villa Matilde
Non è certo la prima che scrivo dei suoi vini e, fra le numerose etichette prodotte da quest’azienda, questa volta la Falanghina Roccamonfina 2013 è quella che mi ha coinvolto di più; magari per mero campanilismo. Al naso, come tutte le falangine, annuncia intensa frutta tropicale, pesca e qualche erba aromatica; ma in bocca sprigiona anche tanta mineralità che cenere e lapilli del vulcano spento della zona di provenienza le hanno conferito; ed insieme alla intensa freschezza, questo vino diventa molto persistente.
Poggio Ridente
E’ la prima volta che incontro questa cantina di San Sebastiano al Vesuvio, alle falde del vulcano; e che produce, oltre ai Lacryma Christi, il Catalanesca; fa immensamente piacere: finalmente cominciano a crescere i produttori che commercializzano questo vino. Mi ricordo che negli anni ’60 e ’70 la catalanesca era una tipica uva da tavola (scarsamente utilizzata per la vinificazione) e si consumava fino a Natale. Da pochi anni, dopo accurati studi e sperimentazioni, ne è stato autorizzato l’uso per la vinificazione, nonostante la gradazione alcolica prodotta non sia stratosferica ed abbia la tendenza alla maderizzazione. Il Catalanesca 2012 risulta un vino fruttato, piacevole e molto fresco; la mineralità che gli conferisce il terreno e le note ammandorlate, tirano verso una lunga chiusura. Il loro Lacryma Christi si chiama Pompeiano 2012; è un felice blend di caprettone, catalanesca e falanghina e con l’invecchiamento acquista intensità e personalità. Al naso offre profumi di tiglio, frutta esotica ed erbe aromatiche. In bocca il frutto è sostenuto da tanta freschezza e da una straordinaria sapidità che lo portano ad essere molto persistente, nonostante l’importante nota alcolica.
Cantine Olivella
Dalla prima volta che ho assaggiato i vini di questa cantina sono passati cinque anni e devo dire che i miglioramenti sono notevoli ed evidenti. I vigneti sono a Sant’Anastasia, alle pendici del Vesuvio. Il Kata 2013, catalanesca in purezza, è diventato un vino di personalità,e di buona struttura. Al naso alterna sbuffi di albicocca e melone a note erbacee di macchia mediterranea, e poi frutta bianca e note fumè. Al palato si avverte l’importante vena acida, mitigata dalla frutta dai sapori morbidi già avvertiti al naso; l’importante mineralità del suolo vulcanico è accompagnata da note nocciolate e ammandorlate verso un finale molto lungo. Una piacevole sorpresa è venuta dal Emblema 2013, un vino prodotto con uve caprettone, ancora poco diffuso e valorizzato. Al naso offre profumi delicati di frutta e fiori bianchi accompagnati dalle solite note fumè conferite dal terreno vulcanico. In bocca è un bell’equilibrio di frutta, note minerali e freschezza. La cantina produce anche due ottimi rossi, di grande personalità e molto tipici del territorio: il Lacrima Nero 2012, ottimo equilibrio di freschezza, frutti rossi , tannino e componente alcolica importante, integrate dalla tipica mineralità del territorio; ed il Vipt 2012, sorprendente! E’ ancora troppo presto per godere questo vino, ma già esprime una bella personalità nervosa e completa: piccoli frutti di bosco e note fumè al naso; in bocca le note fruttate e la freschezza sono elevate e ben integrate da mineralità e tannini molto giovani, ma già gradevoli, a contrastare la pronunciata alcolicità.
Torre del Pagus
Questa è un’azienda con radici nel Sannio-Taburno; è condotta in regime biologico e produce dei rossi molto buoni; l’Impeto è un vino prodotto con uve aglianico che è diventato un cult! Oggi, però, voglio raccontarvi di due vini bianchi, sostanzialmente uguali, ma ottenuti con metodologie diverse. Il Taburno Falanghina Sannio 2012 offre al naso tanta frutta esotica ed agrumi. In bocca è un equilibrio perfetto di frutta, acidità e sapidità per formare un sorso interminabile e piacevole. Il Solfree 2012 è una falanghina in purezza, vinificata e maturata senza l’utilizzo di anidride solforosa; il vino presenta profumi più intensi ed ampiamente fruttati al naso; in bocca la freschezza è la stessa, ma le note fruttate ed aromatiche sono più intense, la sapidità è più bassa e la componente alcolica sembra più importante. Seguiremo senz’altro gli sviluppi!
Tenuta Scuotto
Quest’azienda si è affacciata da pochi anni nel panorama enologico con uno scopo ben preciso: produrre vini di ottima qualità. In attesa del Taurasi, ci accontentiamo di un notevole Fiano di Avellino: Oi Nì 2011; dopo la pigiatura e decantazione, viene immesso in botte di rovere alsaziano da 25 hl e tenuto ad una temperatura di 7°C per una fermentazione molto lenta che dura circa un anno. Breve passaggio in acciaio per l’assemblaggio pre-imbottigliamento, per essere messo in commercio almeno sei mesi dopo.
Ha colore paglierino con intensi riflessi verdognoli; al naso si concede con pigrizia, poi arrivano note floreali di tiglio e frutti tropicali. La stesa frutta la si ritrova al palato in un sorso fresco, lungo e speziato: appagante!
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