di Francesco Aiello
Da Pianura, periferia occidentale di Napoli, alle cucine del nuovissimo Ritz Carlton di Kyoto il passo non è stato certo breve. Eppure oggi è fatta e Valentino Palmisano, poco più di trent’anni, è al timone della Locanda, il ristorante-vetrina della cucina italiana dell’albergo situato nel cuore della città che per oltre un millennio è stata capitale del Giappone. Fanno carriera all’estero, dunque, le nuove star della cucina tricolore, e a tornare in Italia pare non ci pensino proprio. Pur nella diversità delle singole esperienze ad accomunarli, oltre alla giovane età, è il notevole bagaglio di esperienze e la voglia di mettersi in gioco in un mestiere che all’estero ha una dimensione completamente diversa. E questo è il caso di Valentino, una sorta di predestinato dei fornelli, che con passione e determinazione impara a cucinare frequentando fin dall’inizio i piani alti della gastronomia italiana.
Il debutto non potrebbe essere più promettente: chef de partie al don Alfonso di Sant’Agata sui due Golfi. A seguire le due esperienze che faranno emergere, disciplinandolo, il suo talento naturale: al Rossellinis di Palazzo Sasso, oggi Palazzo Avino, a Ravello e all’Olivo del Capri Palace di Anacapri. È proprio lavorando fianco a fianco con due maestri come Pino Lavarra e Oliver Glowig acquisisce la capacità di organizzare e dirigere una cucina. «Valentino è bravo e può camminare da solo: andrà lontano», sentenzia Glowig. Ben più di un viatico da parte del cuoco tedesco noto per il suo rigore e famoso per aver ridimensionato le aspirazioni di tanti aspiranti cucinieri. L’esame di maturità avviene al ristorante del Castello del nero, la bella struttura di Tavernelle Val di Pesa nella quale Palmisano sarà executive chef per un anno. Poi all’estero per assumere la responsabilità di That’ Amore e poi Sabatini, entrambi locali di cucina italiana a Shanghai. L’approdo al Ritz Carlton di Kyoto è storia di oggi. «Fare il cuoco all’estero, soprattutto nel caso di una grande compagnia alberghiera, se da un lato consente di confrontarsi con la clientela internazionale, con tutto ciò che questo comporta sul piano dei gusti, delle preferenze e delle curiosità gastronomiche, dall’altro impone di affrontare in maniera diversa la questione dell’organizzazione del lavoro in cucina», spiega Valentino.
Dagli orari di pranzo e cena, con i relativi servizi che si prolungano per adattarsi alle esigenze degli ospiti provenienti da paesi diversi, fino alla difficoltà di trovare personale che abbia familiarità con la cucina italiana, è un susseguirsi di problemi nuovi con i quali deve quotidianamente confrontarsi che lavora all’estero. Altro discorso è quello relativo alla proposta dei piatti italiani e alla relativa necessità di reperire i prodotti. «Qui in Giappone ho accesso alle migliori materie prime, incluse naturalmente quelle provenienti dall’Italia come mozzarella e salumi, che sono disponibili anche in tempi abbastanza rapidi. Questo mi consente fare piatti, senza limitazione alcuna nella concezione e senza alcun sacrificio sotto il profilo del gusto». Ecco spiegato che nel menu compaiono piatti dall’inequivocabile matrice italiana e mediterranea come le sardine con ricotta, caponata siciliana e caviale; il risotto con burrata e frutti di mare; la pasta mista, cozze, fagioli, maggiorana e ricci di mare; filetto di vitello in crosta di frutta secca con salsa al tartufo.
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