di Mimmo Gagliardi
Ricordate le protagoniste di un famoso cartone animato degli anni ’80 che si chiamava “Occhi di Gatto”? Erano tre belle sorelle che di notte, in segreto, recuperavano opere d’arte sottratte al loro genitore con acrobatiche missioni.
Quando incontro le tre sorelle Siglioccolo, al secolo Susy, Kyra e Miriam, un po’ mi torna in mente la sigla del cartone animato cantata da Cristina D’Avena (lo so, è un trauma che, al pari mio, affligge tutti i bimbi degli anni ’80 del secolo scorso) perché loro gli occhi da gatto li hanno davvero e sono anche molto belle.
Vi chiederete dei furti acrobatici e io vi rispondo che le tre sorelle le acrobazie le fanno davvero, ma non per rubare opere d’arte, ma per “scippare” a una terra composta per il 85% di cenere e sabbia vulcanica le uve per produrre i loro vini. Per le opere d’arte e i furti….beh, dovrete attendere la fine di questo post.
All’ombra del gigante, che si spera resti buono ancora per un bel po’, in quel di Boscotrecase (NA), dopo cento metri di sterrato oltre la fine del tratto asfaltato di Via Fruscio, oltre un cancello con pilastri in pietra lavica, potete trovare tre ettari di sabbia, grigia come la polvere da sparo, completamente ricoperta di filari di viti: benvenuti a Terre di Sylva Mala. Dal 1999 le tre sorelle “occhi di gatto” qui producono vino e, dal 2001, in regime totalmente biologico.
I filari sono ordinati e seguono l’andamento scosceso del terreno, in prevalenza Nord-Sud, che è stato disegnato dalle colate laviche e ricoperto dal materiale piroclastico di chissà quante eruzioni. Camminando tra le vigne, il lato nord offre una splendida veduta dal basso del cono del Vesuvio, mentre voltandosi verso Sud lo sguardo abbraccia Capri, la penisola sorrentina, nel lato rivolto verso Napoli e il Monte Faito.
Attraverso i vigneti aziendali, inerpicandosi verso il Vesuvio, ci si immerge in una selva, anticamente denominata Sylva Mala poiché fatta da una fitta alberatura, che, nella seconda metà del 1800, offrì riparo ai “briganti”, gli oppositori dei piemontesi invasori del Regno delle Due Sicilie, tra cui il celeberrimo Pilone. In questi boschi, dotandosi di un po’ di voglia di camminare e scarpe da trekking, è possibile ammirare le colate laviche di porfido e basalto che, una volta raffreddatesi, sono divenute delle splendide sculture naturali.
La mission aziendale è quella di produrre col minore impatto possibile sull’ambiente, già abbastanza violentato dalla disordinata edificazione abusiva del secolo scorso e dalla criminalità organizzata che sfrutta i boschi del Vesuvio per occultare rifiuti da smaltire, infatti le vigne sono condotte con sistemi di trattamento naturale, che non prevedono concimi, fertilizzanti, antiparassitari ed anticrittogamici di origine chimica. La presenza di insetti e di erbe infestanti tra le vigne è chiaro segnale dei sistemi di conduzione biologica adottati. La “manutenzione” della vigna, così come la vendemmia, avviene esclusivamente con lavorazioni manuali e, si sa, la manualità oggigiorno costa, al pari dei trattamenti naturali, ma, come più volte mi ha sottolineato Miriam Siglioccolo, la cura e la soddisfazione del produttore va oltre il piacere del maggiore profitto.
Ognuna delle sorelle ha un ruolo in azienda, ma quando si tratta di ricevere degli amici e parlare di vino la numerosa e bella famiglia si riunisce tutta attorno a un tavolo. In uno di questi convivi c’eravamo anche noi e, per non smentirci, abbiamo messo tanta carne al fuoco (ma anche un po’ di pesce) per provare i vini aziendali e scambiarci opinioni.
L’azienda, che si avvale della consulenza enologica del dott. Alessandro Mancini, produce due vini base, un Vesuvio Bianco DOC ed un Vesuvio Rosso DOC e tre Lacryma Christi del Vesuvio DOC.
Il “Fauno Bianco”, Vesuvio Bianco DOC, da uve in prevalenza Coda di Volpe ma, in dipendenza dell’andamento dell’annata, se l’uva non è ritenuta particolarmente adatta a divenire Lacryma Christi viene declassata e aggiunta in questo bianco, comunque di notevole fattura per essere un vino base. Abbiamo saggiato la 2013, ma anche altre bottiglie, più datate, hanno comunque fornito ottimi risultati. Produzione annuale circa 10.000 bottiglie.
Lo stesso discorso del precedente vale anche per il “Fauno Rosso”, Vesuvio Rosso DOC, da uve in prevalenza Piedirosso, che, ad onor del vero, ci ha consentito una digressione nel tempo più lunga del bianco pur mantenendo una bella sensazione di beva. Produzione annuale circa 10.000 bottiglie.
Il Lacryma Christi del Vesuvio DOC “Frùscio di Ginestra”, al pari della strada comunale che porta in azienda, deve il nome al tipico vento che qui soffia ininterrottamente dal mare verso il vulcano e che apporta all’ambiente una bella sensazione di aria marina. Fatto da uve Coda di Volpe (80%) e Falanghina (20%), con una produzione limitata di circa 2.500 bottiglie annue, è un vino che vede solo inox ed è deciso e netto, pulito e forte, è spiccatamente minerale e colpisce per la sua persistenza. Attualmente è in commercio l’annata 2012.
Il Lacryma Christi del Vesuvio DOC “Cerasella” è un rosato ottenuto da uve Piedirosso, viene fatto solo in annate particolarmente buone in quanto è una vera e propria produzione di nicchia (circa 800 bottiglie, quando lo si può fare). Anticipo dicendo che ho saggiato l’ultima annata disponibile, la 2011 (!), stupendomi piacevolmente per la sua freschezza, integrità e gradevolezza. Anche qui solo inox e bottiglia.
Il Lacryma Christi del Vesuvio DOC “Brigante” è ottenuto con uve Piedirosso (80%) e Aglianico (20%) e, purtroppo, l’ultima annata, la 2012, complice la ridottissima produzione, appena 1.500 bottiglie per altrettanti fortunati acquirenti, è già da tempo terminata. Il passaggio di sei mesi in barriques di rovere francese prima dell’imbottigliamento conferisce rotondità, morbidezza e piacevolezza a questo vino. Occorrerà aspettare un po’, ma l’attesa sarà ampiamente ripagata.
Tutti i vini si abbinano perfettamente, tanto ai piatti campani della costa quanto a quelli dell’entroterra vesuviano. Abbiamo sperimentato, più e più volte, gli abbinamenti, sia sulla carne che sul pesce e mai una volte che non ci sia stata soddisfazione.
Ricollegandomi alle opere d’arte citate all’inizio dell’articolo, ho particolarmente apprezzato le etichette dei tre Lacryma Christi, dove sono state riprodotte altrettanti bellissimi quadri che il maestro Riccardo Dalisi ha appositamente realizzato per Terre di Sylva Mala ed ispirate al significato dei nomi dei vini ed alle tre sorelle Siglioccolo.
Tornando ai furti devo confessare che le tre sorelle “occhi di gatto” un furto lo hanno perpetrato: qui sul Vesuvio mi hanno rubato il cuore. Ecco, l’ho scritto.
Dai un'occhiata anche a:
- I vini di Adelina Molettieri a Montemarano
- Tutto il fascino di Fontanafredda: dalla storia all’ospitalità e il Barolo di Serralunga
- Cantina Bellaria a Roccabascerana
- Rioja: presente, passato e futuro di una delle denominazioni più importanti al mondo – parte 1
- La vendemmia a Capri di Raffaele Pagano (Joaquin)
- Valpolicella: l’identità territoriale dei vini Farina si consolida attraverso sperimentazione e sostenibilità
- Cantina Alabastra a Cesinali di Lucia Pintore e Angelo Valentino
- Cantina Boccella Rosa a Montemarano