di Luca Fontana
A tavola con I Signori
Maggio 2014
Quante volte la parola “arte” viene associata all’alta cucina, vedendo chef che, diventati vere e proprie incarnazioni dell’apparire, esprimono la loro vuota creatività di maniera.
In tutto questo chiasso, è un’impresa scovare i veri artisti, coloro che trasmettono emozioni, non solo al nostro corpo fisico.
L’adagio sulla spalliera recita “I think that I have never seen a poem as lovely as a tree. Poems are made by fools like me, but only God can make a tree”. Questa scala porta alla sala di Takazawa, uno dei ristoranti più incredibili del mondo. Quattro coperti, fino al 2012, portati poi ad otto e recentemente a dieci, una lista d’attesa degna di un test alla facoltà di medicina.
Qualcosa d’impensabile in ogni parte del mondo, ma non qui, dove si celebra l’artista: Yoshiaki Takazawa “San”, come dicono da queste parti.
Akiko, sua compagna di vita, unico aiuto in sala, ci guida nell’esperienza, con un ottimo inglese, professionale dolcezza e rara estroversione. L’occasione merita la scelta dello Chef Special Course, la massima espressione dell’arte, è il caso di dirlo, di Yoshiaki.
Si inizia con gli amouse bouche, il primo dei quali all’acqua di pomodoro, molto fresco.
Fave giapponesi e tofu.
Ostrica. Chiediamo ad Akiko se questa è ripiena o lavorata in qualche modo particolare, tanto è morbida, poco gelatinosa e di rotonda consistenza. No è al naturale, cruda, con una semplice spruzzata di limone. Eccezionale.
Prima portata del menù, il signature dish: Ratatuille. 15 verdure, cotte singolarmente, fiocco di sale, fagiolo dolce fermentato. Un sol boccone, in cui emergono i sapori di tutte le verdure e la loro perfetta croccantezza.
Il pane, marchiato a fuoco col logo del ristorante, servito con patè di maiale di Okinawa.
Vegetables Parfait: acqua di pomodoro, gazpacho, crema di basilico, crema di parmigiano, caviale americano e verdure crude. Tra questa portata e la ratatuille, capiamo che lo chef ha un raro talento con le verdure. Un piatto fresco e delicato, oltre che di grande bellezza.
Ayu in Clear Stream: servito con la sua bile, fermentata e sferificata, crema di piselli e zucchine. I piccoli Ayu (pregiato pesce giapponese) vengono prima portati vivi in tavola, in una bacinella, poi fritti e serviti. Portata di gusto troppo giapponese: nei sapori, amarissimi; negli ingredienti, come la bile; e nel concetto, quello di mostrare a tutti i costi il prodotto ancora vivo. Unico eccesso della serata.
Smoking Bonito, prima sotto la cupola.
Poi servito, con una salsa di cipolla. La dolcezza della cipolla fa da contrasto al pesce, che ha catturato un leggero sapore di fumo. Molto sottile.
Vegetable Tar Tar. L’uovo è in realtà una crema di carota e zafferano sferificati. L’asparago selvatico è dolce e croccante. Non ho parole per descrivere questo piatto, così semplice, così perfetto.
Sweet and Sour Prawn. Il gamberone subisce una cottura lievemente eccessiva, che lo rende vulnerabile alla prepotenza del pomodoro.
Koi Nobori. Ogni 5 Maggio, in Giappone, si celebra la festa dei bambini, in cui delle bandiere a forma di carpa vengono fatte sventolare all’aria. Takazawa riprende questa tradizione, proponendo una portata che ricorda le scaglie del sacro pesce nell’aspetto, a base di ravanelli, cialda dolce e foie gras. Gusto molto Francese, per una portata d’ispirazione Giapponese.
Continuano i giochi visivi, con Rock on the Seashore. Quale sarà quella commestibile?
Eccola, ripiena di granchio e patata dolce. Da abbinare ad una crema di zafferano, contenuta in un riccio di mare in vetro. Ancora, rara delicatezza.
Akiko intanto ci serve le sue specialità, tè freddi, di cui il ristorante ha una sconfinata selezione.
Japanese Green Cabbage Roll. Scherziamo con Akiko: questa portata ci ricorda la lombarda Cassoeula, anche nel sapore. Ma è la migliore mai provata!
Ecco lo chef all’opera, in silenzio, sul suo palco, al centro della sala. Più che un piano cottura, ci troviamo davanti al laboratorio di un alchimista. I gesti sono lievi, gli ingredienti vengono misurati col contagocce.
Takazawa Special Blue Cheese. Un pre-dessert, a base di ricotta e pistacchio.
Dinosaur egg from Myazaki.
Mise en place, stupenda. Il guscio è di cioccolato, l’interno di bianco d’uovo e mango, le impronte di wazabi. Il mango proviene dalla provincia di Myazaki, omonima col celeberrimo fondatore dello studio Ghibli. Divertente e di fruttata dolcezza, senza eccessi.
Un infuso di fiori freschi, con forti note di menta.
Petit fours, gustosi e minimali. “Neko”, sul biscotto, in Giapponese significa “gatto”.
La cucina, l’arte, di Takazawa è delicata. Gioca con le nostre sensazioni, sfidando i nostri sensi. Impossibile individuare il cosiddetto “piatto da applausi”, perchè, per capire profondamente le intenzioni dello chef, nessuno di questi può essere degustato singolarmente.
Un percorso eccezionale, che non raggiunge la massima valutazione solo per essersi, lievemente, abbassato in due portate (gamberone e Ayo).
Un maestro, che con rara umiltà alla fine del pasto ci chiede se l’esperienza è stata di nostro gradimento, emozionandosi ai nostri complimenti e ringraziandoci dal profondo, con un grande sospiro di sollievo, per aver gradito la new entry del menù (la Tar Tar).
Un’esperienza imprescindibile per ogni gourmet, che, da sola, merita un viaggio in Giappone.
Chef Special Course: 30.000JPY (circa 220€), servizio (13%) e bevande escluse
Chef: Yoshiaki Takazawa
In sala: Akiko Takazawa
Takazawa
3-5-2- Akasaka
Minato-Ky, Tokyo
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