di Giustino Catalano
Faccio da eco alle considerazioni di Giuseppe Palmieri sulla costante scomparsa della figura del cameriere di sala (non me ne vogliate ma questo è il suo nome e non ci trovo nulla di offensivo) per ribadire come molti dei mali di questo mestiere siano legati a tanti fattori concatenati tra loro.
Sicuramente l’esposizione mediatica della figura dello chef, la crisi economica, i ristoratori che si accontentano di improvvisati al mestiere sottopagati, i costi maggiori per un personale qualificato, ecc. non hanno favorito di sicuro l’avvio di tanti giovani a questa nobilissima professione.
Un dato su tutti come esempio più vicino a me. Mio figlio Antonio, classe seconda dell’Alberghiero di Formia, 28 allievi dei quali 23 sceglieranno Cucina e 5 sala. Nessuno per ricevimento….preparatevi ad esser ricevuti in qualche Hotel alla meno peggio tra qualche anno.
Eppure per elevare di qualche “tacca” la qualità di sala non servirebbe attualmente chissà cosa. Piccole attenzioni che sono poi quelle che balzano più spesso agli occhi.
Nella mia attività di consulente alla ristorazione devo ammettere che uno dei veri punti deboli con i quali mi trovo sempre a combattere e a masticare amaro è la sala e sovente, quando vado a mangiar fuori, anche dove mangio da standing ovation, mi tocca di ingoiare il “boccone amaro” della immancabile pecca di sala.
Amici ristoratori, che siate stellati o osti, mettetevelo bene in testa, il cameriere di sala (o se vi piace “chi accompagna ai tavoli”) è il vostro biglietto da visita. Se sarà incapace anche il migliore dei vostri piatti ne patirà, se sarà sgarbato sarete sgarbati anche voi. E mi chiedo..ma valeva la pena di risparmiare una ventina d’euro per far tutti una gran figuraccia?
Ma torniamo ai piccoli accorgimenti che potrei definire quelle che per me sono le 10 cose più odiose che un cameriere possa fare.
- L’igiene. Mai poca mai troppa. No a barbe non rasate o incolte come l’uomo di Neanderthal. Peggio ancora unghie lunghe o “listate a lutto”.. che schifo. No a grattate e risistemate varie mentre parlate con il cliente (se avete pruriti annotatevi l’area incriminata e provvedete alla prima utile a lavarvi bene). No al profumo e ai deodoranti. Se vi siete lavati non occorre. Ciò che conta è che non puzziate. Io vengo a mangiare al ristorante per sentire il profumo delle pietanze e non il vostro eau de toilette!
- Il fumo. Sono un fumatore ma ciò non vi giustifica. Durante il servizio non si fuma. Non c’è nulla di peggio che arrivare al tavolo con la pietanza e nel dire cosa c’è nel piatto aprire quella che non è più una bocca ma un posacenere. Se non potete farne a meno, subito dopo la sigaretta, lavatevi le mani e masticate 3-4 foglie di salvia… profumerete di salvia o smetterete di fumare molto presto. :D
- Il piatto si serve a destra e si toglie da destra. Non passate mai davanti al viso di un commensale o peggio sul suo capo. Se lo spazio non lo consente chiedete scusa ogni volta che siete costretti a servire in maniera anomala.
- Il piatto si porta con la ormai arcinota “regola del tre”. Indice e medio sotto di esso e pollice che ne sfiora il bordo esterno. Le altre due dita servono per un secondo piatto se ne siete capaci e il polso per il terzo. No a giochi da prestigiatore con mani occupate entrambe da 5-6 piatti, salvo che non vi sia cresciuto un terzo braccio per servire!!! Ah .. si porta con la sinistra e si serve con la destra per quella famosa regola che si serve e sparecchia da destra. Il pollice, in ogni caso, non va messo all’interno del piatto!
- Se non siete capaci di portare più piatti come un servizio veloce richiede potete ammettere la vostra incompetenza e ricorrere ad un gueridon (un piccolo carrello), facendo attenzione a manutenerlo (è di vostra competenza e non di un fabbro) assicurandovi che le ruote siano sempre pulite e ben oliate perché non cigoli. Se non vi va tale incombenza esercitatevi con la “regola del tre” dopo della quale, in caso di persistente incapacità, l’unica alternativa è cambiare mestiere.
- Si servono sempre prima le signore, qualunque sia l’età e lo status sociale. Poi magari il festeggiato o chi paga e tutti gli altri uomini del tavolo. Un bravo professionista ha 8 occhi (due per lato della testa!). Non fa mancare mai acqua e pane e, se vede i bicchieri vuoti, chiedendo il permesso, provvede a rimpiazzarne la quantità utile.
- La bottiglia di vino va aperta con le regole della somministrazione del vino. Prima si mostra la bottiglia a chi l’ha ordinata e, successivamente ad un suo cenno affermativo con il capo, la si apre. La bottiglia non va impugnata come una clava o uno strumento offensivo ma tenuta in maniera tale che il vino si surriscaldi il meno possibile. La capsula che ricopre il tappo non va sbucciata come una cipolla né, tantomeno, la vite dell’apribottiglie è un fulcro attorno al quale far roteare la bottiglia avvitandola. L’apertura corretta della bottiglia prevede la recisione con due tagli netti sotto il bordo della bottiglia e non sopra al suo imbocco. I tagli vanno praticati uno davanti da sinistra verso destra e uno sul retro sempre da sinistra verso destra. Dopo di ciò ne praticate davanti uno che va dal taglio anteriore della bottiglia sino alla cima della capsula e con un movimento unico asportate la capsula che metterete in tasca. Puntate la vite nel centro del tappo inclinandola leggermente e avvitate, girando il cavatappi e non la bottiglia, fino a un giro e mezzo dalla fine della vite ed estraete il tappo con i “due tempi” del cavatappi, in due movimenti delicati e decisi. L’ultima parte rimanente del tappo si estrae tenendo il tappo tra indice e pollice facendo piccoli movimenti avanti e indietro. Tutto ciò avviene dinanzi al cliente tenendo la bottiglia ferma con l’etichetta rivolta verso i commensali.
- Si fa assaggiare il vino, versandone una minima quantità, a chi lo ha ordinato. Se costui fa un cenno di approvazione procedete a versare seguendo questa semplice gerarchia dal primo all’ultimo (coloro che fanno parte dell’elenco se sono assenti al tavolo vanno ovviamente saltati!): preti, militari in divisa, festeggiato, commensali con precedenza sempre alle donne e per ultimo chi ha ordinato e assaggiato il vino. Sempre!
- Non sono ammesse aperture con il botto (è cosa da veri cafoni). Non si annusano tappi in silicone (cosa che vedo sempre più di frequente … vergogna!). Se il vino per il cliente sa di tappo lo si cambia, anche se non sa di tappo. E’ estremamente maleducato contraddire il cliente su un fatto sensoriale. Si “decantano” solo le bottiglie con almeno 10 anni e solo dopo aver chiesto al cliente se è d’accordo. Il Suaglass (cestello del ghiaccio) va portato solo per alcuni vini e se il cliente approva. Non si riempiono i bicchieri fino all’orlo come si fa nella cantina di zio Peppe dove avete giocato a carte. Poco più della metà è sufficiente.
- Non si chiede al cliente se è tutto a posto se: sta mangiando, ha ripulito il piatto o, peggio ancora, ha il boccone in bocca. Se un piatto torna pieno è lecito chiedere se era di gradimento del cliente senza perdersi in indagini ulteriori se si ha la sensazione che la risposta “ero pieno” o “era troppo per me” sa di scusa garbata o è la verità. Siete camerieri e non poliziotti. I piatti sporchi vanno rimossi dalla vista dei commensali quanto prima.
In ultimo sento di dare un consiglio a chiunque fa da poco questo mestiere. Un cliente ricorda sempre i primi 7 secondi dell’entrata e gli ultimi 7 secondi. Il garbo e la cortesia sono fondamentali. Un “benvenuti nel nostro locale” e un “grazie della visita a presto rivedervi” sono atto di grande professionalità. Essere professionisti fondamentalmente significa, in questo mestiere, fare le veci del padrone di casa.
Ho dimenticato una cosa, ma non credo proprio che accada: portare un piatto a tavola senza averlo assaggiato e senza sapere di cosa si tratta.
Vi è accaduto? No, non è possibile:-)
Invitereste qualcuno a casa vostra per trattarlo male? Non credo.
Ah… l’eleganza non significa essere impettiti e tronfi ma sciolti e garbati. Sfilatevi quella mazza di scopa che avete ingoiato perché non c’è nulla di peggio di un arrogante al tavolo.
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