di Marina Alaimo
Quanta fatica è vero, ma tantissima è la gratificazione che Raffaele Moccia sta raccogliendo dall’impegno dedicato ai suoi quattro ettari di vigneto storico sul cratere Agnano. Il territorio vulcanico della zona flegrea lo ritroviamo in pieno ogni qual volta si stappi una delle sue bottiglie. Sia nel caso della falanghina che del piedirosso, i vini sono ben riconoscibili e raccontano in maniera eloquente i tratti del proprio carattere. La verticale del piedirosso andata in scena il 30 aprile a Cap’alice rientra nel programma di Aspettando Radici del Sud ed ha percorso un iter di ben dieci annate, dalla 2003 alla 2012, confermando le grandi potenzialità di questo vitigno quando è trattato con competenza e rispetto.
Ci viene raccontato come un tipino dal carattere difficile sia da Raffaele che dal suo enologo Gianluca Tommaselli, mentre l’ampelografa Antonella Monaco lo definisce indomabile ed imprevedibile, però vigoroso e quindi ben acclimatato su questi suoli aridi in quanto sciolti e scarsi di terreno. Tante le domande a Raffaele sulla tecnica di gestione delle terrazze che tendono a franare per la composizione sabbiosa e sui rimedi adottati per affrontare la siccità. Si lavora giornalmente di zappa per tenere compatte le terrazze e per creare piccoli canali di raccolta dell’acqua. I vini in degustazione sono tanti ed hanno saputo mantenere alta l’attenzione del pubblico. Insomma si è delineato il profilo di un rosso elegante, sottile e profondo allo stesso tempo, con sentori propri e riconoscibili e comunque con tratti diversi a seconda dell’andamento climatico. In alcune ha lasciato pensare con entusiasmo a quei pinot noir di Borgogna tanto godibili e da bere all’infinito.
Si parte dall’annata più vecchia, la 2003 che il gran caldo ha reso cupa nei profumi terrosi e di sottobosco, il sorso esprime ancora una buona vivacità di freschezza e sapidità.
Con la 2004 l’umore del vino cambia moltissimo: è un’ annata equilibrata che ha ridato eleganza e scorrevolezza al piedirosso ed esprime grande energia già nel colore e nella luminosità. Ha sentori iodati e minerali, poi di ciliegia mature e accenti di spezie. Il sorso è elegante e succoso.
Centra in pieno il carattere del per’ ‘e palumm’ il millesimo 2005, sottile sia al naso che al palato, ritrovando i suoi tipici profumi di geranio, la ciliegia croccante ed una buona mineralità. In bocca è proprio un gran bel bere.
La 2006 ha note più evolute, tra il balsamico e la resina ed i toni fruttati sono di ciliegia matura. Come in tutte le annate il vino al sorso ritrova sempre una grande energia.
Dall’annata 2007 degustiamo il cru di piedirosso Vigna delle Volpi che fa un leggero passaggio in legno. Manifesta una certa incertezza e morbidezza.
Mentre la 2008 rivela una notevole profondità espressiva, ampia nei profumi, con mineralità decisa e ritornano i sentori di geranio e la ciliegia. In bocca ha più materia rispetto a tutte le altre annate, è dinamico, con tannini volitivi e piacevolissimi, di spinta freschezza e lungo sulle note saline.
Il tempo siccitoso e caldo ha reso poco espressiva l’annata 2009.
Anche la 2010 ha vissuto un clima abbastanza caldo, ma si è giocato meglio con l’anticipo della vendemmia e tutto ciò è ben leggibile nelle note iodate, resinose e di ciliegia matura. Il sorso si fa bere con piacere per la buona freschezza.
Gran bel vino il millesino 2011, elegante nei sentori di buccia di arancia, violetta e nei toni minerali ben delineati. In bocca si fa lungamente apprezzare, è elegante ed esprime un bel dinamismo con tannini di gran razza, una decizsa spinta acida e le note sapide.
Promette più che bene anche la 2012, che non vede l’utilizzo del legno, è complessa e di piena energia. Si chiude a sorpresa ed in grande bellezza con il Vigna delle Volpi 2003 che ha visto un utilizzo del legno ben misurato in modo da dare al vino quella energia necessaria per evolvere così magnificamente nel tempo. E’ un vino dell’emozione, estremamente profondo, complesso ed elegante.
Al naso ha sottili accenti balsamici e di cenere, il frutto è cupo, è poi viola e si allunga sui toni minerali. In bocca è impossibile riconoscere l’età del vino che scalpita e racconta la sua grande gioia di vivere.
Foto di Dora Chiariello
Dai un'occhiata anche a:
- Verticale del Fiano di Avellino Linea Tradizione Di Meo dal 2022 al 2006
- Garantito Igp | I Tre Taurasi di Antoine Gaita Villa Diamante
- La degustazione di Vietti a Castiglione Falletto: Timorasso, Barbaresco e tutti i Barolo
- Coda di Volpe, le dieci etichette da non perdere secondo il Mangia&Bevi 2024
- Brunello di Montalcino 2020 vs 2019: è quasi pareggio tra le due annate e la 2020 sorprende
- “Tenuta Collazzi“ verticale in cinque annate
- Be.Come | MasterClass: ‘A Kaleidoscope of White’ ideata e guidata da Gabriele Gorelli MW, con la collaborazione di Jeffrey E. Porter – Writer at Large, Wine Enthusiast
- La verticale di 50&50 Avignonesi in scena da The Meat, a Caserta con l’Occhio di Pernice 2010 come strepitoso finale di serata