di Luciana Squadrilli
Missione compiuta: l’”oro bianco” del Sud Italia – la mozzarella – ha conquistato anche la capitale britannica, in buona compagnia di “pasta, pizza e pummarola” ma anche di vino e olio extravergine sempre made in Sud.
È stata un’invasione pacifica e golosa, quella avvenuta lunedì nella hall dell’elegante Baglioni Hotel, una perla di accoglienza italiana affacciata sul verde di Kensington Gardens.
Un nutrito pubblico di chef, pizzaioli, buyers,giornalisti, bloggers e food enthusiast è stato piacevolmente bersagliato da informazioni, racconti e assaggi del migliore made in Italy gastronomico.
Mentre nelle retrovie si potevano assaggiare i piatti tricolori con mozzarella e provola di bufala, pomodori nature e olio extravergine d’oliva, dal “palco” allestito in un’ala del bar del Baglioni chef, cuochi, pizzaioli e gelatai illustravano i propri piatti e prodotti e le proprie idee su mozzarella&co.
A dare il via è stato Michele Deleo, chef del Rossellinis di Ravello, che ha portato la sua versione riveduta e corretta dell’”antica scarpariello”: i rigatoni di Gragnano vengono cotti in acqua non salata con l’aggiunta di 30% di acqua di governo della mozzarella, a dare la lieve nota affumicata. I pomodori San Marzano sono passati e conditi con olio extravergine profumato all’aglio e peperoncino. Invece di mantecare tutto insieme con il formaggio, a questo punto lo chef condisce la pasta con pomodoro e “latte cotto” di bufala (portato più volte a circa 80° e acidificato con acido citrico per avere un effetto cremoso) e aggiunge del provolone stagionato grattugiato, foglie di basilico fresco e briciole di pane croccanti a ricordare l’abitudine della scarpetta.
Altra particolarità: la temperatura di servizio tiepida che strizza l’occhio all’insalata di pasta ed esalta ancor di più la qualità della pasta e degli altri ingredienti. Lo chef ci tiene a precisare che non ha voluto portare a Londra una ricetta che sottolineasse le sue abilità tecniche, quanto piuttosto le sensazioni di piacere assoluto regalate all territorio campano e dai suoi grandissimi prodotti. Per chi vuol coglierlo, ne vien fuori un messaggio diretto agli usi culinari anglosassoni (soprattutto statunitensi): la pasta non deve essere vista come un complemento di altre portate, ma come un piatto a sé con la sua – grandissima – dignità.
Si continua con la pizza napoletana di Salvatore Salvo: più delle parole in questo caso contano i gesti – quelli esperti con cui Salvatore stende il suo impasto leggerissimo e difficilmente lavorabile a causa dell’alta idratazione, che insieme a una lunga e ottimale maturazione ne garantisce la più alta digeribilità – e soprattutto l’assaggio. Facce felici e sorridenti davanti a uno spicchio di margherita a cominciare da quella di Daniel Young, food writer guru della pizza made in UK. La pizza napoletana si basa sulla semplicità, spiega Antimo Caputo al pubblico londinese introducendo Salvatore insieme a Guido Barendson e Luciano Pignataro. Farina, acqua, sale, lievito. Non ci sono ingredienti segreti, o meglio se ce n’è uno è qualcosa che appartiene solo al pizzaiolo: la manualità.
Tocca poi allo chef Andrea Aprea presentare i suoi ragionamenti sulla mozzarella, e la sua filosofia di cucina basata sull’unione tra tradizione e modernità. Strizzano l’occhio alla prima, ma in chiave decisamente contemporanea e molto elegante – come sottolinea Teresa Cremona – i due piatti che presenta: prima la fantastica caprese dolce-salata già portata a Paestum qualche anno fa, eccellente rivisitazione in bilico tra dolce e salato (ma più spinta su quest’ultimo lato) del grande classico della cucina popolare campana a base di mozzarella e pomodoro, in questo caso sotto forma di guscio d’isomalto a racchiudere la spuma di mozzarella, e di coulis di più tipi di pomodori. Poi il conchiglione di Gragnano farcito di ricotta di bufala ad addolcire l’intensissimo concentrato di ragù, interpretazione estrema ma elegante di un altro grande classico.
La giornata si chiude con una tripletta d’eccezione, giocando ancora tra tradizione e modernità: dal gelato alla bufala di Simone Bonini – a base di mozzarella “stracciata”, latte e panna di bufala – che ridà dignità a un altra eccellenza italiana troppo spesso data per scontata come è appunto il gelato (veramente) artigianale, alla profumatissima e deliziosa panzanella (pane vecchio, olio exravergine, aglio e pomodoro) di Maria Rina, una merenda sana e golosa che porta una ventata cilentana a Londra, fino al ragù Riccardo’s way portato da Giorgio Scarselli.
Insieme a Giuseppe Di Martino, Giorgio ha messo a punto un “survivor kit” o pacco della memoria, per chi ha poco tempo e nostalgia dei sapori perduti: le candele spezzate di Gragnano e il ragù in vasetto fatto secondo la ricetta del padre Riccardo, appunto.
Frutto di infinite prove e revisioni e di una lunghissima cottura tradizionale, è una sorta di crema morbida e avvolgente che veste alla perfezione le candele, la pasta giusta. «In Italia abbiamo tantissimi formati di pasta: scegliere quello giusto è essenziale, ma è una questione di stile – conclude Di Martino con un efficace paragone – è come, per una donna, saper abbinare i vestiti e gli accessori giusti».
Le Strade della Mozzarella: il programma 2015
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