di Antonella D’Avanzo
Non poteva che nascere nel territorio dove il formaggio fresco a pasta filata più buono ed imitato al mondo ha le sue origini, la prima mozzarella prodotta con latte di bufala Nobile. Una nuova ed interessante eccellenza casearia “made in Caserta” dall’aroma delicato, dal gusto leggermente dolciastro e con un elevato contenuto di valori nutrizionali ottenuta dalla trasformazione di un latte qualitativamente migliore, dall’elevata complessità aromatica, diverso. Diversità che dipende essenzialmente dalla quantità di erbe che l’animale mangia. Le metodiche alimentari già in uso per gli allevamenti bovini ed applicate anche agli allevamenti bufalini, si compongono da almeno il 70% di foraggi, erbe e fieni, dal 30% di concentrati e soprattutto, dal divieto assoluto di alimenti geneticamente modificati (OGM).
Il prodotto, in fase sperimentale, è stato presentato per la prima volta da Roberto Rubino, presidente ANFoSC Associazione Formaggi Sotto il Cielo, che ha il merito di aver ideato, implementato e certificato il modello Latte Nobile, a Caserta presso il Palazzo del Gusto, insieme a Gianfranco Nappi presidente de “La Compagnia della Qualità”, società che promuove e commercializza questa straordinario latte dell’Appennino Campano e altre eccellenze della nostra regione, a cui sarà affidata anche la distribuzione del nuovo prodotto.
“C’è un’anomalia nel settore del latte – ha spiegato Rubino – il latte è un prodotto che ha un prezzo mondiale e nazionale fissato annualmente, con il quale si dà per scontato la qualità, tutta uguale. E così il latte, alimento principe della nostra dieta, ha perso il legame con il territorio, non ha una sua specificità, l’etichetta è simile al Nord come al Sud, l’unica diversità la fa l’industria. L’allevatore ha perso il contatto con i fattori della produzione e la relazione che intercorre fra di essi e, il consumatore ha perso la percezione del sapore del latte andando verso l’elogio dell’insapore. Con l’imminente fine del regime delle quote latte, si rischia di disperdere un patrimonio di qualità che piccoli allevatori sono riusciti a mantenere. Occorre cambiare modello e soprattutto la logica, adottando il Disciplinare Latte Nobile. Progetto iniziato con le bovine e continuato oggi con le bufale”.
La filiera, dall’allevamento alla trasformazione, è seguita da tecnici e professori di livello nazionale, inoltre questo è un progetto supportato ampiamente da Slow Food.
“Quello che mangiano gli animali lo ritroviamo nei nostri piatti – ha continuato il prof. Federico Infascelli del dipartimento di Veterinaria e Produzioni Animali della Federico II di Napoli – la fisiologia animale è il primo elemento per conferire qualità al prodotto. Sarebbe interessante trasferire questo modello alimentare proposto da ANFoSC anche ad altre specie animali”.
Gli allevatori che hanno creduto fortemente in questo progetto convertendo l’alimentazione delle bufale avvalendosi della consulenza di Daniela Princigalli, esperta in alimentazione di ruminanti da latte, sono i coniugi Parisini titolari dell’omonima azienda zootecnica di Pignataro Maggiore. A trasformare il latte su una linea di produzione separata “nobile” è il Caseificio artigianale Golino di Capodrise.
“Iniziative del genere ci dicono che bisogna fare ‘alta sartoria’ in agricoltura così come in altri settori – ha concluso Luciano Pignataro che non ha bisogno di presentazioni – la direzione da seguire è impegno quotidiano, disciplina, qualità, adozione di disciplinari e investire in comunicazione per avere futuro in questo Paese”.
Con questa prima mozzarella è nata anche la prima Dolce Bufala Nobile, una fresca e delicata creazione realizzata con pochi ingredienti dallo chef aversano Nino Cannavale: un cuore di ricotta di bufala con gocce di cioccolato, pistacchio di Bronte, canditi e un sottile pan di spagna avvolto da una sfoglia di mozzarella, la cassata di Terra di Lavoro.
Nunzio Bugetto, chef del Palazzo del Gusto, per l’occasione ha preparato un risotto al blue stilton e Latte Nobile e fatto degustare la nobile mozzarella con confettura di mela annurca.
Foto di Antonella D’Avanzo
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