di Giustino Catalano
Non che non mi fosse capitato prima ma partecipare alla Giuria della degustazione alla cieca di pastiere a Pianeta Bufala 2015 è stata un’esperienza molto più forte e incisiva dei tavoli di degustazione alla cieca ai quali avevo partecipato sinora.
In questa sede, seduto al fianco di due pasticcieri quale Sabatino Sirica con funzione anche di Presidente e Francesco Paolo Fiore – Presidente Associazione Cuochi materani, coadiuvato da due amici del calibro di Egidio Cerrone (al secolo Puok e Med) e Anna Orlando (nota food blogger in anno sabbatico), mi sono passate dinanzi, a mia totale insaputa, pastiere napoletane che se mi fossero state servite con tanto di nome del pasticcere le avrei giudicate superlative.
Questo dato mi ha lasciato molto riflettere su come spesso ci si lasci influenzare dal nome rinomato o da una buona comunicazione.
Che dalla degustazione siano venute fuori delle conferme è certo ma che i difetti che abbiamo riscontrato, quasi unanimemente, a ciascuna è il dato di fatto più esaltante di tutti.
Nell’esercizio meramente sensoriale, sfrondato da influenze positive, questa pastiera aveva la frolla troppo spessa e quella troppi aromi, un’altra era troppo asciutta e la successiva troppo umida, questa poco cotta e quella troppo cotta. Insomma sembravamo la mitica famiglia degli incontentabili dello spot televisivo degli anni settanta.
La verità è che una degustazione alla cieca presuppone l’intervento dei soli sensi e di una capacità critica molto più elevata di quella che si esercita normalmente nel mangiare una fetta di pastiera a fine pasto.
Ma quali erano i criteri di perfezione che ci eravamo dati in precedenza? Questo forse è il parametro più interessante che può aiutare a capire la base dalla quale si è partiti.
Una pastiera deve essere cotta al punto giusto, né troppo da essere scura in superfice né poco da avere un triste pallore.
Il suo spessore non deve mai superare le tre dita (5-6 cm) e mai essere al di sotto delle due (4-5 cm). Il composto interno fatto di grano e ricotta (in alcuni casi, a seconda della ricetta familiare, crema pasticcera anche) deve avere un giusto grado di umidità al punto tale che nel tagliarla con la forchetta il boccone porzionato resti compatto e unito senza rompersi.
L’aroma di acqua di millefiori o di arancio o agrumi (anche qui a seconda della ricetta familiare) deve essere soave e non coprente o peggio ancora invasivo.
La frolla che fa da involucro al ripieno della pastiera poi deve essere lievemente croccante ma non troppo dura in maniera tale da creare un delicato contrasto tra guscio esterno e ripieno e, più di ogni cosa, deve avere uno spessore di massimo 1 cm. in maniera tale da sostenere il ripieno quando la si solleva senza però poi risultare un corpo troppo spesso e duro da rompere con la forchetta.
Insomma un boccone paradisiaco dove alla delicatezza del grano e della ricotta deve presentarsi un ricordo di aromi agrumati e la lieve croccantezza della pasta frolla.
Dalla degustazione alla cieca, svoltasi su ben 11 pastiere napoletane ne sono uscite delle conferme e delle novità.
Ecco la classifica dei primi tre posti.
1° classificato Sal De Riso
2° ex equo – Angelo Grippa Pasticceria Di Biase – Di Michele (entrambi di Eboli)
3° ex equo Marco Ferrero – Pasticceria Napoletana di Taranto e Panpizza (Forno di Eboli)
Lo scarto tra i terzi classificati e il quarto è stato di un solo punto.
Non citerò i nomi degli altri pasticceri in concorso, non è questa la finalità di questo racconto, ma sappiate che erano nomi grossi…molto grossi. Porterò il segreto per sempre con me.
Buona Pasqua a tutti.
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