di Francesca Tamburello
A Palermo la degustazione guidata di “tre Neri di Razza” offre “tre” buone ragioni per apprezzare di più il Nero d’Avola della Sicilia sud Orientale…
In una degustazione canonica di campioni di Nero d’Avola, è ovvio che si colgano determinate caratteristiche che ne delineano la fisionomia e dunque il profilo caratteriale di un nero di razza qual è il nostro Calabrese.
Nel suo dna, affine d’altronde ad i “neri” per definizione ampelografia, non è difficile scorgerne un saldo e pervicace imprinting:muscolare, un’alcolicità sostenuta e quindi un connubio gastronomico di adeguata consistenza.
Ebbene, non è proprio ciò che abbiamo rilevato degustando le doc Eloro: Spaccaforno-Riofavara,Ruversa Tenuta dei Fossi ed Archimede–Riserva Marabino-tutte marcate vendemmia 2010.
Siamo nella culla dell’alveo originario del vitigno Nero d’Avola, immersi in quella fascia del mandorlo così fortemente incisiva sull’apporto aromatico complessivo.
Nell’ordine di degustazione, il primo assaggio riguarda Spaccaforno-Riofavara. Il vitigno si offre mostrando un colore dalla vivacità ben espressa, in anticipo su un naso intriso di una tipicità sottile e fresca. Questa indubbia verve giovanile trova conferma in bocca in una spinta sostenuta verso un’acidità seducente.
Non è da meno l’impatto con Ruversa Tenuta dei Fossi, in cui il quadro organolettico trasuda la scelta aziendale dell’uso dei fossi, l’antico dolium di latina memoria,con l’adozione di una rigorosa vinificazione in vasche-cemento.Ravvisi così il senso del nome Ruversa-in italiano al contrario,una sorta di “nome omen”, certo una precisa controtendenza a determinate pratiche enologiche. Trovi carattere nei profumi eterei ed eleganti: stoffa da vendere…in poche battute…
Il crescendo della degustazione trova il suo acme conclusivo nell’”Archimede” di casa Marabino.Si chiude il cerchio in un senso nient’affatto scontato né di maniera. L’approccio è soft, felpato,come il tratto di un felino. L’assaggio si rivela lungo e pieno, ti convince al secondo calice…difficile resistere al suo fascino…
Mi chiedo: saranno i suoli bianchi-dall’humus calcareo quindi-in simbiosi ad una sapiente regia dell’uomo ad imprimere questa direzione inedita ad un vitigno territoriale, noto ed amato sin dal Seicento con alterne vicende?
Certo oggi il Nero d’Avola, assaggiato in tre diverse declinazioni, si è rivelato interprete di una sicilianità moderna ed intrigante, pronto a sfide sempre più interessanti e certamente imprevedibili!
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