La voglia di raccontarvi due vecchie annate di due vini dalla storia particolare come il Concerto ’90 e il Marzieno ’95, è nata da un fatto contingente: la mia casa è da due settimane sotto l’assedio di due operai che, oltre a ripitturarla, stanno costruendo ben due soppalchi, fondamentali per recuperare spazio, visto che sia al piano terra che al primo piano ci sono cantinelle e scatoloni di vino a perdita d’occhio.
E quando si fanno cambiamenti e ripulite, ti trovi necessariamente costretto a svuotare mobili ingombranti per spostarli in stanze più adeguate o confacenti. Così è stato per il mobile cantina a due ante (e due frigoriferi indipendenti) che albergava nel salone e, al momento in cui leggerete l’articolo, si troverà nell’ampia cucina. Insomma, mentre dovevo necessariamente tirare fuori le ben 270 bottiglie gelosamente custodite nei 5×2 ripiani del mobile, mi è caduto l’occhio su questi due vini, e la curiosità di aprirli e vedere come se la sono passata è stata irrefrenabile…
Il Marzieno 1995 è opera di una delle più note donne del vino, Cristina Geminiani, che da oltre 25 anni segue in prima persona l’azienda di famiglia, →Fattoria Zerbina, a due passi dalla bellissima Faenza in provincia di Ravenna. Chi lo conosce sa che è figlio dell’esperienza toscana, una specie di “super romagnol”, ottenuto principalmente da sangiovese, accompagnato da cabernet sauvignon e una piccola quantità di ancellotta (negli ultimi anni sono stati aggiunti merlot e syrah).
La ’95 è a mio avviso una delle versioni più buone mai prodotte, si tratta di un IGT Ravenna Rosso di 13,5 gradi, mai uscita dalla cantina e con un sughero perfettamente integro.
Nel calice ha un colore granato ancora intenso e compatto con evidenti riflessi rubini, indice di ottima salute; portato al naso mi sarei aspettato un po’ di riduzione, dei profumi in lento manifestarsi, invece con un certo stupore trovo un vino subito aperto, intenso, coinvolgente, con netti profumi di confettura di ciliegie e amarene, poi prugne e more, a cui fanno seguito cioccolato fondente, tabacco e menta, cardamomo e un tocco di rabarbaro, continua con rintocchi di china e liquirizia, sul finale appare un leggerissimo afflato di peperone rosso maturo; potrei continuare perché il vino sembra in continuo movimento ma ve lo risparmio.
L’assaggio è impressionante! Una carica di freschezza che mette in moto i sensi e restituisce un frutto perfetto, succoso, senza cedimenti marmellatosi, su una base sapida tutt’altro che trascurabile. Vino in magnifico equilibrio, vivo come non mai, chissà quanta strada sarà in grado di fare (per i più curiosi è stato in cantina per oltre 16 anni ad una temperatura media di 13 gradi).
Se non avete mai bevuto questo millesimo del Marzieno, ebbene, fate di tutto per trovarlo, magari cercatelo sul web o, se non siete troppo distanti, bussate alla porta di Cristina (magari con un bouquet di fiori), magari ne ha conservato qualche esemplare…
Il Concerto ’90, invece, è proprio un toscano di razza, purtroppo ha cessato di essere prodotto con l’annata ’94 ed è stato sostituito dal Siepi, da cui differisce anche nella composizione dei vitigni: sangiovese e cabernet sauvignon per il Concerto, sangiovese e merlot per il Siepi.
Castello di Fonterutoli è proprietà della famiglia Mazzei fin dal 1435 e si trova a 5 km. da Castellina in Chianti: 650 ettari di proprietà, di cui quasi 120 vitati e ripartiti in cinque zone: Fonterutoli, Siepi, Badiola, Caggio e Belvedere, su terreni ricchi di scheletro situati tra i 230 e i 500 metri di altitudine.
Ma veniamo alla gloriosa annata 1990 del Concerto: si tratta di un Vino da Tavola, ma questo non deve stupirvi poiché in quegli anni molte aziende avevano scelto di uscire dalle denominazioni per essere liberi di concepire dei vini diversi, in parte slegati dalla tradizione territoriale, alla ricerca di nuovi percorsi.
Eccolo qui, con un colore granato netto e unghia appena più scarica; il bouquet restituisce sensazioni mature, terziarie, ma non così evolute come ci si potrebbe aspettare da un vino di 24 anni: c’è ancora un notevole apporto fruttato, di mora, prugna e cassis in confettura, toni di cuoio, ginepro e scatola di sigari, seguono note di sottobosco e funghi, poi cacao e liquirizia dolce, riflessi balsamici.
Al palato è ancora pervaso da una grande energia e freschezza che dà slancio all’assaggio, proponendo un frutto ancora integro e giustamente maturo, la speziatura elegante ti accompagna nel persistente finale.
Bell’esempio di un vino che ha fatto storia e che, onestamente, meritava di continuare ad essere prodotto, anche perché il Siepi parla un linguaggio molto diverso.
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