di Floriana Barone
Ha ben centovetitré anni, ma se li porta benissimo: la Trattoria Da Burde è una delle migliori insegne fiorentine, aperta come bottega con cucina nel 1901 da Egiziano Barducci, lo zio del nonno di Andrea e Paolo Gori, che rappresentano la quarta generazione di una famiglia di osti che in Toscana ha fatto storia.
Secondo la guida 50 Top Italy 2024 Da Burde è la migliore trattoria italiana: può ospitare 180 coperti ed è aperta solo a pranzo, ad eccezione del venerdì. Qui si respira l’atmosfera di un tempo: non è la tipica trattoria della domenica, ma un luogo di frequentazione quotidiana, che riunisce lavoratori, clienti fissi e persone di passaggio. Paolo Gori parla di “trattoria condivisa”: un’esperienza collettiva composta da riti, ricordi, sensazioni, emozioni, sapori e rumori. Da una trattoria a una memoria condivisa, quindi.
Trattoria Da Burde: la storia
Egiziano Barducci era un abile “sensale”: un mediatore nella compravendita dei maiali, come suo padre. Nel 1901 aveva aperto una bottega per la trasformazione dei suoi salumi insieme alla moglie Giulia Gori nel comune di Brozzi (FI). E aveva iniziato a cucinare grazie a un forno: il suo era un negozio di alimentari con cucina. La bottega inizialmente
si trovava in un luogo diverso: poi, nel 1927, è stata trasferita sulla strada che portava a Pistoia, diventando pizzicheria e trattoria.
Orfano di madre, quando era piccolo Egiziano andava con la sua famiglia ad acquistare i maiali in Romagna. Con molta probabilità, il nome della trattoria deriva da “burdel”, in romagnolo “ragazzino vivace”: l’appellativo di Egiziano è stato inevitabilmente legato a tutta la famiglia.
La prima licenza dell’attività (quella della somministrazione di alimenti e bevande) è stata richiesta da Giulia Gori. Una licenza che, quindi, appartiene alla famiglia Gori da oltre 120 anni.
Un tempo i Gori avevano anche qualche stanza sopra la trattoria e, fino agli anni Sessanta, l’attività era aperta sia a pranzo che a cena.
“Era una tipica trattoria di famiglia – spiega Paolo Gori, responsabile della cucina –: papà viveva al piano di sopra, come era abitudine per la famiglia dell’oste. La cucina di nonna era quella del ristorante, come il salotto. Uscivo da scuola ed entravo a casa, con gli zii e nello stesso spazio condiviso con il paese e gli avventori”. Oggi la bottega è aperta dalla mattina al pomeriggio ed è un punto di riferimento per tutto il quartiere popolare: i tavoli vengono condivisi dai lavoratori e da qualche cliente fisso. “È un bistrot per chi vuole mangiare un primo piatto veloce”, precisa lo cheffiorentino.
Cosa si mangia alla Trattoria Da Burde
Andrea è entrato Da Burde nel 2003, mentre Paolo nel 2007.
L’ingresso dei fratelli Gori ha dato un’impronta più dinamica alla trattoria: propongono una cucina tradizionale, quasi esclusivamente fiorentina, basata su un lavoro di ricerca delle materie prime toscane, a “chilometro prossimo”, come afferma Paolo. Si lavora con il fuoco, i fornelli e, soprattutto, con le lunghe cotture. D’inverno le zuppe sono un grande classico. Si cucina come in famiglia, per tante persone.
“Papà non ci voleva in bottega – racconta lo chef –. Ma in cucina mi diverto da sempre, anche dietro ai fornelli degli incontri di rugby. Andrea ha un carattere più estroverso e la presenza in sala è stata una scelta naturale”.
Tutti piatti vengono realizzati in trattoria, ad eccezione dei biscotti di Prato, i cantucci della famiglia Pandolfini e dei pici, che arrivano da un pastaio locale.
L’antipasto toscano rappresenta bene la filosofia della famiglia e la rete di produttori coinvolti nel progetto familiare: il consiglio è quello di prendere il completo, con affettati misti, formaggi e crostini (12.5€).
I salumi e i formaggi sono regionali: la finocchiona è realizzata secondo una ricetta di famiglia, il Prosciutto da Cinta Senese Dop è di Renieri, i formaggi di mucca provengono dalla Fattoria Il Palagiaccio (San Piero, FI), i pecorini bio a lette crudo sono della Società Agraria Bacciotti.
Imperdibili le minestre e le zuppe (10,5€): da ottobre al periodo pasquale, è in menu la ribollita, in cui sono protagonisti il cavolo nero e il pane raffermo. Questo piatto ha bisogno di riposo e si consuma il giorno dopo, quando la zuppa si è ammorbidita: oltre al cavolo, si aggiunge la verza, i fagioli, patate, carote, cipolla a crudo e timo. In tarda primavera, invece, torna la pappa al pomodoro, accanto al cacciucco di ceci e alla minestra di farro e fagioli.
Oltre alla pasta artigianale Fabbri di Greve in Chianti, anche i Pici sono conditi con il ragù di chianina, pomodoro, prosciutto e aglione (13,5€).
Il baccalà alla fiorentina viene proposto solo il venerdì (16,5€). Il menu prosegue anche con gli “umidi con contorno” (16,5€), come lampredotto in zimino, stracotto o trippa alla fiorentina o il Bollito con salse e sottaceti (gallina, lesso, zampa, lingua, 18,5€), la bistecca alla fiorentina (hg, 5€) e la bistecca di carne chianina (hg, 6€). La scelta è tra le razze chianina, limousine, chevrolet da alcuni fornitori nelle zone di Val di Chiana e Mugello (90% italiana e 10 % francese).
Il percorso si conclude con i dolci: torta di mele, zuppa inglese, crostata o biscotti di Prato (5,5€).
La carta dei vini di Andrea Gori: “Da Burde la più grande cantina al mondo di Chianti classico”
“Quando sono entrato a lavorare in trattoria, i clienti potevano scegliere tra il vino della casa della famiglia Manetti e pochissimo altro – precisa Andrea Gori, giornalista e sommelier – Le referenze erano circa venti e molto casuali. C’erano anche i grandi classici, presenti anche oggi, ma nessuno liacquistava”. Oggi la carta dei vini comprende quasi 700 etichette, con una cantina divisa in tre zone: Chianti classico e Brunello di Montalcino, altri territori, caveau con Champagne, Bordeaux, Borgogna, oltre ai Supertuscan. E, quasi tutti i venerdì, dal 2005, da Burde c’è l’appuntamento con le serate degustazione: il vino viene selezionato in base al tema o alla cucina regionale dell’evento. In tavola arriva sempre la carta dei vini settimanale, con 20 referenze a rotazione:
20 vini al bicchiere abbinati alle proposte in menu.
“Abbiamo la più grande cantina al mondo di Chianti classico: la più completa, con 300 etichette e per la Toscana, senza contare il lavoro sullo Champagne”
“Da Burde l’idea di comfort food assoluto è anche aprire grandi bottiglie – afferma Andrea –. Investiamo tanto in bicchieri e i piatti sono firmati Ginori 1735: l’azienda si trova a dieci minuti da qui”. I bicchieri soffiati a bocca, sottilissimi, sono austriaci. Tutto è curato nei minimi dettagli: la cantinetta per il vino, il gueridon in sala, glacette che si agganciano al tavolo, il sistema Coravin, l’attenzione maniacale per il tovagliato, le posate Mepra, i bicchieri colorati omaggio alla produzione vetraia empolese. La sala esprime la passione e l’amore di Andrea per il suo lavoro e per l’accoglienza, con elementi che fanno la differenza e che rendono questo luogo unico in Toscana e, senza ombra di dubbio, in Italia.
“In sala lavorano ancora i camerieri storici – prosegue Andrea –. Qui mangiano i clienti locali, fiorentini. E i turisti vengono da noi perché trovano i fiorentini. Piacere ai fiorentini è sempre la cosa più difficile: vogliono gusto e un’accoglienza più casalinga possibile”.
Attualmente i fratelli Gori gestiscono anche la ristorazione alla Palagina, un wine resort a 40 chilometri dalla trattoria, dove hanno avviato una hamburgeria. Quello di diversificare il progetto è stata una scelta precisa. “Le trattorie non si possono replicare –conclude Paolo –: hanno una propria identità. Le trattorie non si fondano su uno stile di cucina, ma sulle relazioni, sulle persone”.
Trattoria Da Burde
Via Pistoiese, 154, – 50145 Firenze
Telefono: 055 317206
www.vinodaburde.com
Aperta dal lunedì al giovedì dalle 9:00 alle 17:00; il venerdì dalle 9:00 alle 23:30 e il sabato dalle 9:00 alle 15:00. Chiusa la domenica
Scheda del 24 novembre 2014
Via Pistoiese, 154
Tel. 055.317206
www.vinodaburde.com
Aperto a pranzo, chiuso la sera e la domenica
La risposta precisa a una domanda diffusa: ma a Firenze esistono ancora trattorie vere? Si, basta venire qui dove in cucina dal 2009 c’è Paolo Gori e godere di piatti tradizionali, collaudati, a buon prezzo. Certo, si è un po’ fuori mano rispetto al centro, ma vi assicuro che ne vale davvero la pena.
Che non sia un posto di cazzeggio lo si capisce dal fatto che è aperto solo a pranzo (ovviamente ci sono cene tematiche o su prenotazione): dunque questa trattoria, nata nel 1901, è anzitutto un luogo dove il cucinare è servizio. Proprio come le autentiche pizzerie napoletane che chiudono la sera.
Spifferi di una Italia ormai al tramonto, ma vera, autentica e ricca di sapori oltre che di biodiversità. La trattoria è una sorta di labirinto con un bar salumeria ricco di specialità del meglio dell’artigianato italiano venduto a buon prezzo e dove la gente del quartiere si affaccia per un caffé o anche un semplice panino.
Ma il bello viene quando vi infilate in una delle sale d’antan ben collegate alla cucina che ha una posizione centrale e vi lasciate andare alle proposte del giorno, come sempre conviene fare quando si è in queste luoghi dell’anima.
Le zuppe di Paolo sono intense e ricche di sapore, a quelle tradizioni si aggiungono proposte personalizzate, noi abbiamo provato, tra le altre, quella di zucca, delicata e molto ben eseguita.
Avere tempo o, meglio, non avere null’altro da fare, sul bere ci si può davvero sfiziare: la carta e la sala sono gestite Andrea, fratello di Paolo, bravissimo sommlier molto conosciuto nel settore e per la sua attività in rete dove riporta le sue degustazioni. Dai rossi toscani al Piemonte, alla Francia, la scelta della carta dei vini è ricca di spunti, curiosità, ben gestita sui prezzi e riesce in modo da far girare la cantina senza imbalsamarla.
Da Burde (“Burdèl” era il soprannome con cui venivano chiamati un tempo i commercianti di maiali in Romagna), come un po’ ovunque in Toscana, il piatto forte è ovviamente la carne. Si mangia un’ottima fiorentina a buon prezzo mi dicono gli amici di Firenze, ma noi ci siamo dedicati alla peposa, alla trippa alla fiorentina, sorta di stufato ricco di pepe e alla nostra fissazione, il pollo.
Gran finale con dolci di tradizione toscana.
Un riferimento sicuro, uno dei luoghi di cultura gastronomica grazie ai quali l’Italia sopravvive alle multinazionali omologanti e ai messaggi oncologici televisivi.
Spenderete a dire molto dai 30 ai 40 euro, ma anche venti euro con due piatti.
Prossimo obiettivo, una guida dei locali aperti solo a pranzo a gestione familiare: sarà difficile sbagliarla:-))
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