di Marina Betto
L’ areale dove nasce il Fiano, uno dei più grandi vitigni a bacca bianca italiani, si trova in quella parte orientale della regione montana e selvatica, freddissima d’inverno e spesso sepolta dalla neve, terra incontrastata dei lupi da cui prende il nome ( Hirpus nell’antica lingua degli Oschi significa lupo). I guerrieri che occupavano queste zone scendevano dalle montagne del Vulture e dalla Daunia piombando proprio come lupi famelici verso la pianura e il mare del golfo di Napoli finché l’ antica Avellino (Abellinum) non fu conquistata dai Romani nel 252 A.C.
Regione boschiva e verdissima comprende oggi parte del Parco regionale del Partenio ed è caratterizzata da una fascia collinare interposta tra le pendici orientali dei rilievi del gruppo di Montevergine,i Monti di Avella ad ovest e quelli occidentali del gruppo Terminio-Tuoro ad est. I terreni sono ricchi di argilla con concentrazioni di terra fine e numerosi sono gli ettari di bosco che li ricoprono tanto da influenzare il clima, decisamente mite in estate e molto rigido nel periodo invernale, con pronunciate escursioni termiche in estate elemento determinante per la coltivazione della vite. Tra questi boschi fiabeschi di querce, noccioli e castagni si ergevano tre castelli: uno a Monteforte l’altro a Serpico e il terzo nell’area agricola detta Apia (oggi Lapio) dove si produceva il vino chiamato apiano poi diventato fiano come racconta in una pubblicazione del 1642 il frate Scipione Bella Bona.La vite costituiva il sostentamento economico delle popolazioni locali dal medio evo fino all’ottocento e nel XIX secolo l’attività vinicola assunse un ruolo così importante da far costruire la prima strada ferrata d’Irpinia per collegarsi ai maggiori mercati italiani e stranieri; nascerà anche la Regia Scuola di Enologia di Avellino che porterà la provincia ad essere una delle prime esportatrici di vino verso la Francia.
Tra il Greco e l’Aglianico, le altre due tipologie di vite coltivate in questo areale, è la produzione di Fiano a subire la maggiore contrazione produttiva con l’invasione della fillossera che riduce la coltivazione del vitigno ad appena due ettari in coltura specializzata e cinquantatrè in coltura promiscua che nel 1970 saliranno a 17 ettari in coltura specializzata e dieci in coltura promiscua. Oggi il sistema avellinese (starseto) è quasi del tutto sparito soppiantato dall’allevamento a spalliera con potature a guyot con impianti ad alta densità con una resa tra gli 80 e i 100 quintali per ettaro. I vigneti orientati a sud- est e sud-ovest in ambiente ventilato e favorevole hanno quattro zone di elezione: Lapio, Summonte, Montefredane e la fascia collinare ad est di Avellino con terreni molto variegati tra loro. Solo a Lapio e Montefalcione è possibile, secondo disciplinare produrre sia Fiano di Avellino che Taurasi; qui troviamo vini con maggiore struttura e una spiccata connotazione aromatica. I terreni di Summonte sono difficili da coltivare e i vini che qui vi nascono sono concentrati e potenti ma poco minerali. Montefredane è una collina argillosa e cretosa che esalta le note minerali e dona longevità mentre la fascia collinare attorno ad Avellino ricca di terreni sabbiosi carica il Fiano di note tipiche di nocciola oltre che ad una particolare sensazione di affumicatura.
Cinque vini, cinque Fiano in purezza di quattro aziende diverse che nascono da vigneti posti a Lapio la zona di elezione per questo vitigno nell’areale di produzione DOCG Fiano.
L’Exultet 2013 di Quintodecimo ha veste giallo trasparente e brillante con riverberi di verde e profumo di acacia e albicocca ed erbe aromatiche come il timo; la bocca è ammantata di freschezza fruttata con sfumature grasse che si stemperano nella lunga scia finale. Un vino longevo da accompagnare ad un piatto di ravioli ripieni di pesce, scampi al vapore o un arrosto di tacchino in casseruola.
Il Fiano di Avellino DOCG 2014 di Petilia possiede un delicato color oro con netti riconoscimenti al naso di frutta, mele e susine, pere e una decisa nota di nocciola tipica per il Fiano ma che non ricorda tostature dovute alla permanenza in botte, il vino infatti viene vinificato in acciaio e affina in bottiglia per tre- quattro mesi. Il gusto è pieno, corposo richiamando soprattutto la nota di frutta secca. Indicato a tutto pasto può trovare una felice esaltazione oltre che con una cucina di mare con un plateau di formaggi.
L’Azienda Joaquin nasce da viti di dieci anni coltivate a Montefalcione su terreni argillo calcarei. Il Vino della Stella 2013 ha riconoscimenti floreali di lillà e una nota cerata caratterizzano questo Fiano piacevole e beverino adatto come aperitivo.
Sempre della stessa azienda JQN 203 Piante a Lapio 2012 è un vino sartoriale, pensato per essere qualcosa di unico, nasce da viti di 80/ 100 anni di età coltivate a starseto ( vite maritata) nella zona di Lapio dove possono acquisire nella loro struttura verticalità e balistica. Fermenta e affina in legno, vengono utilizzate botti da 500 litri, non è filtrato. Il gusto è pieno, veemente ma in un certo senso quasi algido e anestetizzante come un cocktail martini . Le sensazioni gustative ricordano la nocciola fresca resa raffinata da una nota fumé che si sviluppa lunga in bocca. Un vino fresco che sembra quasi non avere peso ma capace di lasciare il suo aroma a lungo in modo spiazzante. Catalana di aragosta, polpo alla luciana, scampi crudi.
Il Béchar 2014 Fiano di Avellino DOCG delle Cantine Antonio Caggiano veste color oro lucente con nuances verdi, sprigiona profumo fruttato con riconoscimenti di ananas, albicocca e pesca, pompelmo, mescolato alla preponderante nota di nocciola e mandorla bianca e ancora refoli di verde aromatico come le foglioline delicate del timo. La sensazione sapida in bocca è presente in ingresso come in uscita, lunga e persistente rinvigorita dalla freschezza. Involtini di melanzane e ricotta, potage di piselli, pesce all’acqua pazza.
L’imprinting del Fiano floreale e fruttato con la presenza di aroma di frutta secca, intenso e corposo e una gradazione alcolica che oscilla tra i 13,5 e i 14% vol sembra riflettere il paesaggio in cui nasce, ricco di storia e cultura millenaria dove la natura è ancora rigogliosa e padrona, dall’anima incantatrice.
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