La cucina scugnizza di Marianna Vitale | Sud a Quarto: cuoca dell’anno per l’Espresso

Via SS. Pietro e Paolo, 8
Tel. 081.0202708
www.sudristorante.it
Aperto la sera, domenica e festivi a pranzo
Chiuso il lunedì

Che gioia, che divertimento. Mamma mia, come siamo lontani dal famolo strano, dalle impostazioni scolastiche ingessate, dai precotti mentali e dai franchising palatali. Qui c’è sempre più cucina vera, di carattere, capace di orecchiare una refola e di trasformarla in una tropea, lontano dalla quiete e dalla banalità. Ambiziosa ma laboriosa, ansiosa ma attenta ai tempi musicali. Sfaccimma e scugnizza.
Un frullatore di idee e di sapori dentro il quale manca solo ancora un po’ di esperienza.
Marianna Vitale.

A volte penso perchè questa ragazza non sta su una delle terrazze dei Grandi Alberghi con tre stelle di fronte all’infinito del Golfo dove tutto ha inizio e tutto finisce. Altre però mi rispondo che la sua forza è proprio Quarto dove lavora, in un posto che la costringe a mettersi in discussione, a lottare con i denti, a battersi senza ritegno per conquistare spazio. Non a colpi di post, ma dentro la gabbia di vetro nella quale è un piacere vederla sbuffare, assaggiare, corrucciarsi, talvolta sorridere.

Sbavo come un boxer dopo questo piatto di apertura, freschezza ed effetto bruciato del fumé già basterebbero, poi c’è il grano che a noi terroni ci canta la ninna nanna. Così si deve partire dopo il cazzeggio dell’aperitivo, quando la finiamo con antipasti che inchiommano e pesano come dieci secondi? Secco l’ordine: saliva e preparati a mangiare.

 

Arriva poi il piatto clou, quello estremo che esalta tutte le verdure che spesso mangiamo cotte e che qui sono crude e saporite con l’allungo di cipolle e crema di fegato che, apprendo, ormai ripugna alla maggioranza dei clienti. Bah, segno del declino assoluto della nostra civiltà, sopravvissuta proprio grazie alle interiora. Si tratta di un piatto che da solo meriterebbe un post: fresco, vegetale ma non vegetariano, leggero, ricco, appagante, salutare e funzionale, con il gioco di consistenza che trova l’apoteosi nella salsa centrale contenuta dalle verdure a mo’ di vasca da bagno. Per me la ricetta del pranzo, solo da Crippa e in Danimarca ho mangiato vegetali così buoni e appaganti.

C’è poi un’altra caratteristica della scugnizza: non ha paura di fare spaghetti, ha la mano sulla pasta lunga ed è un motivo del suo successo pop. Penso a quanti appallano con cappelli e cappellate, risi e risotti, ravioli & fagottini del cazzo senza mai pensare che solo la pasta lunga è il nostro segno distintivo nel mondo e che farla bene è come l’esame di Anatomia a Medicina o di Diritto Privato a Giurisprudenza. Non inserirla è come scendere nell’arena con una mano legata dietro la schiena, è il primo alimento che in una competizione un avversario toglierebbe a un cuoco del Sud eppure spesso molti lo danno scontato.

Arriviamo al piatto nuovo, primo assaggio, da vera cavia. L’impepata.  Una secchiata di mare nel palato proprio come lo scherzo che si fa sulla spiaggia a chi si arrostisce al sole: lungo, freschissimo, spinto fino all’estremo, infinito, persistente come direbbe un sommelier Ais. Discuto, questione di gusto personale, se sia necessaria una punta di grasso in più, diciamo qualche cozza o un cucchiaio di crema di ricci, ma è una opinione. Resta il fatto che questo piatto è perfettamente riuscito perché la pasta funziona da tapis roulant, il gusto del boccone è perfettamente fuso tra i diversi ingredienti in un tripudio di complessità, un po’ come mi è capitato con lo spaghetto ai gamberi di Michele Deleo al Rossellinis. Già perché la pasta quando viene usata in questo modo è una carta in più, diventa penalizzante trasformando una ricetta in un piatto di pancia e non di testa quando la componente del carboidrato prevale sul resto. Ecco perché lo spaghetto al pomodoro è al tempo stesso la cosa più facile e più difficile da fare. Ora devo andare oltre perché ho ripreso a salivare.

Esercizio di virtuosismo questo piatto, beneficiato dalla qualità della materia e dalla perfezione della cottura.

Infine una frittura pensata, ripensata, in un piatto che richiama un po’ l’ossessione seriale di Nino Di Costanzo su una materia sviluppata in tutti i modi possibili e concepibili. Great!

Con i due dolci, presentati molto carinamente, si atterra verso il fine pasto. Però dopo una esperienza salata così intensa preferirei ancora uno schiaffo e non una carezza:-)

Cosa aggiungere se non che la sala gira perfettamente e che il marito Pino Esposito ha creato con il tempo una delle carte più interessanti e intelligenti del Centro-Sud, cioè lontano da ogni banalità?

La sintesi di questo locale moderno è che la tecnica senza umanesimo porta alla sterilità.
Nei piatti di Marianna c’è Napoli, il vitalismo esasperato che vive solo il presente, la sua capacità di stupire e raccontare, farsi amare e farsi odiare.
Nei piatti di Marianna c’è la vita.
C’è una pignoleria non ingegneristica nel facimento, la caccia al sapore preciso e intenso è aperta sin dal momento in cui il suo cibo è davanti ai tuoi occhi.

Uno dei posti da non perdere della nuova gastronomia italiana. Non puoi dire di conoscere la cucina meridionale se non sei mai stato qui.
A Sud, appunto.

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LE NOSTRE VISITE DI CINQUE ANNI
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Sud a Quarto agosto 2013

Sud a Quarto, novembre 2013

Sud a Quarto, febbraio 2013

Sud a Quarto, febbraio 2012

Sud a Quarto, marzo 2010

Sud a Quarto con le prime ricette, novembre 2009

Marianna Vitale, le prime recensioni. Luglio e settembre 2009

 


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