Corso A. De Gasperi 23
Tel. 081 871 5779
www.piazzettamilu.it
Prezzi: da 30 a 60 euro. Menù degustazione 60 euro.A pranzo menù a 25 euro.
Ferie 15 giorni in agosto. Giorno di chiusura: mercoledì, domenica sera e lunedì a pranzo
Il Palmento ormai è solo un brutto ricordo per Cristoforo Trapani che in questo bel locale aperto da dieci anni ha trovato gente di mestiere, una famiglia rodata e una sala che gira grazie ad un format easy e diversificato, dalla bistecca al piatto gourmet ce n’è davvero per tutti i gusti. Un posto che, insieme allo Yacht Club Stabia di Peppe Guida, finalmente ridisegna la geografia gastronomica di questa parte del Golfo di Napoli alle porte della Costiera che esprime una clientela con disponibilità ma ancora forse ancorata a vecchi canoni.
Il problema psicologico della provincia, di quasi tutte le province italiane, è che spesso si preferisce l’esotico alla modernità, dove stare al passo con le novità significa guardare la televisione invece di viaggiare. Ananas e non albicocche del Vesuvio, per capirci. Ecco perché paradossalmente le nuove tendenze si scoprono più facilmente nei posti antichi rimasti fedeli a se stessi.
Piazzetta Milù offre il giusto mix per accontentare il viaggiatore gourmet come il cliente in cerca di cose nuove ma buone, come per esempio la carne che qui davvero è uno spettacolo. In questo contesto Cristoforo Trapani sempre essersi ben inserito, speriamo stabilmente perché il più grave difetto dei giovani cuochi è mollare e cambiare aria alla prima cosa che non va invece di resistere e mediare, ragionare, trovare la quadra.
Cristoforo è uno che la tecnica la conosce: Beck, Cannavacciuolo, Cedroni, Scabin. Non si passa il tempo in queste cucine a pettinare le bambole. Direi che davvero non manca niente e le premesse per fare bene ci sono tutte se a questo patrimonio specialistico riuscirà a coniugare una visione umanistica del proprio ruolo. Non come si fa, ma anche perché lo faccio e cosa voglio esprimere.
I primi tre piatti segnano un palo e due gol. Il gambero sulla pesca è una buona idea di accostamento per assonanza, dolce su dolce. Ma la dolcezza va a discapito della freschezza del crostaceo. Il suggerimento in questo caso è giocare sulla temperatura della pesca, che io preferirei a granita per riprodurre il plaetau alla francese e variare la consistenza in bocca. Due grandi piatti, ben centrati, sono la cozza nel pomodoro, che punta alla acidità spinta e l’alalunga con la crema di peperoncini verdi in una fantastica combinazione di mare e di vegetale che se ci pensate è sempre vincente anche quando l’accoppiata avviene a livello tradizionale, esempio pasta con tonno e peperoncini della Cianciola a Cetara. Qui però la materia è pura e molto più efficace.
Anche il risotto è un palo perché la cottura è stata portata un po’ avanti e l’eccesso di amido penalizza decisamente i gamberi e il crudo. Per fortuna il limone risolve in bene. Ma l’idea è buona.
Altri due gol vengono dai due spaghetti: buoni, equilibrati, non pasticciati, con la pasta che è presente senza essere protagonista assoluta. Due ricette davvero di grandissimo spessore
Il terzo piatto invece è un gol subito. In genere la pasta fresca sui posti di mare già mi respinge, qui però, secondo la mia opinione beninteso, c’è troppo la preoccupazione di domare il sapore dell’agnello. E allora delle due l’una: quando si sceglie una materia prima non ecumenica, o si fa o non si fa. Chi non mangia l’agnello comunque non lo sceglierà mentre chi lo adora è infastidito dall’eccesso di crema di parmigiano (allora perché non un pecorino tipo carmasciano, di Filano o canestrato?). Questi pasticci con i formaggi sono al momento il difetto più diffuso al Sud e fanno tanto scuola alberghiero anni ’70. Quanto all’oro, non è proprio il tempo di metterlo nei piatti, lasciamolo a Marchesi che così babbiava la rustica borghesia lombarda del boom economico:-)
Provato da solo, il tortello era fantastico, bastava una foglia di menta e un filo di ravece per renderlo indimenticabile:-)
Favolose le carni cotte alla brace e qui l’esperienza e il passato del locale incidono davvero tanto.
Perfetto infine il dolce: l’idea di caramellare è fantastica perché concentra il sapore, un finale che ripulisce e molto buono.
Insomma, Cristoforo Trapani farà sicuramente parlare di se molto bene. Se si libera della preoccupazione di piacere a tutti e si concentra di più sulla materia del territorio, semplificando, scarnificando, riducendo, selezionando, diventerà anche un grande.
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