di Fabio Panci
Scrivo volentieri la ”mia modestissima” opinione sulla ormai famosa cantina, di prossima inaugurazione, l’Astemia Pentita che farà presto bella/brutta mostra di sé a Cannubi, collina mitica di Barolo. Ho naturalmente, come tutti voi , letto numerosi articoli a riguardo, le dichiarazioni sia della proprietaria Sandra Vezza (“Volevo una cantina diversa dalle solite e chiesi all’architetto di portarmi un progetto che non esistesse, che pensasse a una soluzione che fosse davvero nuova e che costituisse un forte segno architettonico”), sia dell’architetto Gianni Arnaudo: “Le Langhe sono un luogo magnifico per fare questi esperimenti di modernità”). Senza dimenticare la presa di posizione di Maria Teresa Mascarello figlia del mitico Bartolo, uno dei padri delle Langhe (“Ormai Barolo è destinata a diventare la via Montenapoleone del vino e a perdere definitivamente la sua anima di paese agricolo. Se questa è la Langa del futuro, c’è da chiedere aiuto”).
Ho letto e sentito commenti favorevoli: “ trattasi di un’opera d’arte di rottura “, “sarà compresa solo con il passare del tempo come è stato per il Centro Pompidou a Parigi”, “l’arte moderna nasce per creare dibattiti in chi la vede”. Controbilanciati naturalmente da commenti contrari: “Ma come ha fatto l’Unesco a dare il via libera a meno di un anno dal riconoscimento delle Langhe come patrimonio dell’umanità”, “è davvero bruttissima”, “due semplici scatole di legno al posto delle classiche cascine piemontesi”.
Partendo dal concetto che trattasi comunque di un’opera architettonica unica nel suo genere, ho cercato di valutarla senza avere eccessivi preconcetti/pregiudizi. Ho pensato alle Langhe, alla bellezza di un territorio modellato dalla natura e dal duro lavoro dell’uomo, il prodigioso vino che nasce da queste colline diventato ormai una bandiera dell’Italia nel mondo, i wine-lovers che accorrono da ogni parte del globo per vedere di persona questo spettacolo.
Poi ho immaginato tra 10 anni di percorrere il tragitto da Arezzo, mia città natale, sino a Montalcino con mio figlio in auto, cercando di spiegargli l’importanza dell’intero microcosmo montalcinese per produrre un vino di eccellenza quale il Brunello è, e sarà anche nel futuro. Raccontargli la storia di Franco Biondi Santi e della sua famiglia, fargli vedere la bellezza delle famose vigne della tenuta “Il Greppo”, fargli comprendere il ruolo fondamentale dei vignaioli nel preservare questo patrimonio inestimabile.
Al termine di tutto questo la conclusione è sempre la solita: “non riesco proprio a pensare un domani ad un qualcosa di simile a ciò che è stato fatto a Cannubi nella “mia” Montalcino”. So che il mio parere conto davvero poco, appartenendo solo ad un semplice appassionato del mondo vino e più in generale dell’ambiente da cui sono ospitato, ma quest’opera proprio non mi piace.
PS Mi rimetto obbligatoriamente all’opinione dei lettori di questo blog invitandoli ad esprimersi, siano essi favorevoli oppure contrari. Per capire, a patto di riuscirci, chi ha ragione e chi ha torto.
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