“Il Maeba Restaurant nasce da un’ idea a dir la verita’ piu’ di mio fratello Luca che non mia, per lui era comprensibilmente un’occasione per ricominciare a vivere, e questo è il motivo per cui ho scelto questo nome, era l’ultima cosa che abbiamo condiviso, a parte le camere di ospedali, mi sembrava doveroso ricominciare da qui, da dove avevamo lasciato 10 anni prima. All’epoca il Maeba era un modo nuovo di intendere la notte ora un nuovo modo di intendere la cucina irpina ……arianese soprattutto.” E’ un fiume in piena, Nico Mattia, l’anima del Maeba insieme al fratello Luca che è costretto su una sedia a rotelle dopo un banalissimo ma tragico incidente domestico.
“Abbiamo acquistato il fabbricato nel 2007 quando mio fratello ritorno’, dopo un anno continuato di ospedali a Roma. I lavori di ristrutturazione sono iniziati il 28 aprile 2010 giorno in cui è nato mio figlio Luigi, che dire, forse saranno cazzate ma io a queste cose ho sempre dato un peso. Il resto lo ha fatto lui, questo vecchio frantoio in disuso da almeno 100 anni, misterioso come le storie che in genere accompagnano questi posti abbandonati. Delle volte penso che abbia deciso tutto lui cosa fare, la cucina da proporre e quant’altro. Anche l’incontro casuale con Mirko, un amico di amici (Andrea Capobianco), il resto è venuto da sé… l’incontro con gli altri membri di questo splendido staff composto tutto da “cavalli di ritorno” ( mi piace questa cosa di aver riportato a casa un po’ di irpini , una specie di controfuga di cervelli)”.
Ma veniamo a questi “cavalli di ritorno”… A completare il progetto sono stati chiamati alle armi tutti giovani irpini con esperienze lavorative fuori dal territorio ma che condividono la stessa idea. In sala Diana D’Urso, executive chef Marco Caputi, sous chef Giuseppe Venuti.
Diana D’Urso, origini solofrane, dopo aver sgambettato nel ristorante del nonno materno a Salerno, il suo percorso formativo la porta a Bologna a studiare storia dell’arte. Ma presto rimane affascinata dal rapporto con le persone e, ancora giovanissima, inizia quindi a curare i rapporti commerciali con l’estero per l’attività conciaria del papà Antonio. Successivamente intraprende un’attività ristorativa nel centro storico del capoluogo, “il Ritrovo degli Artisti” ma dopo alcuni anni di successi, per una brutta storia di burocrazia politica (vuoi vedere che sotto-sotto poi si scopre qualcosa di diverso?) viene chiusa la piazza antistante il locale e così si ritrova a mettere in stand-by la “sua creatura”. Ma Diana, come si dice in Irpinia, è donna da “non farsi morire l’acqua sotto i piedi”, non si perde d’animo e parte per fare un’ esperienza all’estero in Romania per una start up ristorativa. Dopo la consulenza nei balcani, rieccola qui, fresca e tosta, scelta da Mirko Balzano per questa nuova avventura al Maeba.
Marco Caputi, Lapìano, classe 1989, perfezionista di natura e palato estroso, prima dell’avventura al Maeba ha fatto mille giri, in Trentino presso “L’Chimpl” a Vico di Fassa (Tn), dove ha potuto esprimere il suo genio creativo in pasticceria. Successivamente nel 2010, da Casa del Nonno 13 e poi dal 2011 al 2013 è stato “secondo” di Mirko Balzano presso Villa Assunta a Mirabella Eclano e presso il Praia Art Resort di Isola di Caporizzuto, contemporaneamente anche uno stage formativo al Devero Ristorante di Enrico Bartolini, stellato di Cavenago di Brianza (Mb).
Giuseppe Venuti, classe ‘83, cresce nella storica macelleria di famiglia al passo di Mirabella (Av). Dopo il diploma alla scuola alberghiera di Avellino, si trasferisce al nord lavorando a contatto con i grandi chef nelle cucine prestigiose del “San Clemente Palace t.i.c.” di Venezia, per poi passare all’”Opificio di Bove” a Bassano del Grappa, “La Caravella” di Venezia, “Villa Orsini” a Mirabella, e ultimamente al “Mavian” a S. Giorgio del Sannio (Bn).
Ma le vogliamo dire due parole su Mirko Balzano, “ l’anima tecnica” del Maeba??? Volendo sintetizzare al meglio, lo ritengo “ il Maradona della ristorazione campana”. Enfant prodige, genio e sregolatezza, fantasia e inquietitudine, rispetto ed irriverenza, queste le virtù principali, o se volete, i difetti del nostro giovane amico. E poi non è un lupo solitario, ma fa gruppo, fa sistema, come si dice in gergo. Non a caso è il leader riconosciuto di “amici per le padelle”, un gruppo di giovani chef che sta impazzando nella ristorazione, dentro e fuori dalla Campania. Alla base della sua tecnica c’è lo studio, la progettazione del piatto. Nessuna creazione è casuale. Si parte dal territorio, anche rivisitato, e dall’equilibrio della preparazione (attraverso il contrasto delle sensazioni), per andare a giocare sulle consistenze e sulle temperature dei diversi ingredienti. Il risultato, quasi sempre, è una sinfonia che mette insieme armonicamente e con perfetto equilibrio le diverse componenti del piatto. Paradossalmente i suoi piatti si potrebbero accompagnare anche con l’acqua, la funzione riequilibratrice del vino non è indispensabile, ma serve solo ad esaltare il cibo.
E veniamo ai piatti degustati.
Un gambero in Irpinia: piatto nato dalla collaborazione tra Caputi e Balzano a Villa Assunta, questo nome perché il gambero viene abbinato ad un piatto tipico della tradizione irpina come il mallone (rape e patate) e alla provola affumicata che ricorda il sentore di camino dei tempi antichi…ma anche perché spesso fa parte del pescato del giorno, nel fiume Ufita!!! :-) :-) :-)
Baccalà con pappa al pomodoro, ketchup di pomodoro san marzano e spuma del suo latte :racchiude l’idea di una zuppa di baccalà a base di pomodoro, olive e capperi. Fondamentalmente un mussillo di baccalà scottato sulla pelle, pappa al pomodoro classica con olio, aglio, pomodoro, basilico e pane. Tutto il piatto viene insaporito da un ketchup “home- made” di pomodori san marzano, capperi e olive disidratate. Tocco finale la spuma di latte infuso al baccalà.
Minestra maritata di cardi, polpettine fritte di maiale e brodo al parmigiano: Interpretazione della classica minestra maritata irpina, ma in questo caso vengono utilizzati solo i cardi che danno la parte acida, la carne di maiale che normalmente si trova nella minestra in questo caso viene trasformata in polpetta fritta fatta di piedino e orecchie, tutto ammorbidito da un caldo e dolce brodo di parmigiano servito direttamente al tavolo.
I bottoni: sono dei ravioletti fatti a mano di pasta all’uovo ripieni di coniglio brasato al vino bianco e poggiati su di una crema di latte ai porcini di castagno (aroma molto concetrato) dell’Irpinia, polvere di porcini disidratati e tartufi di Montevergine.
Maltagliati fatti a mano con ragù di cinghiale selvatico e grattugiata di caciocavallo podolico: un fuori programma molto gradito questo, con sfoglia della pasta molto sottile(scuola Marchesi) e carne di cinghiale “maschio”, dal sapore molto intenso. Altri palati più delicati, per intenderci alla Albert Sapere, l’avrebbero appena assaggiato… :-)
Agnello brasato alla liquirizia con patate senapate e carotine all’insalata: la concezione di base di questo piatto è il ridare forma all’agnello brasato, che viene trasformato in “ lingotti” disossati e poggiati su di una riduzione di agnello alla liquerizia e guarnito con delle quenelle di patate alla senape. Le carotine aggiunte, danno freschezza e pulizia al palato.
Tracchie di maiale e pepaine: reinterpretazione del classico maiale con i peperoni all’aceto d’Irpinia e scarole ripiene. Il maiale subisce una cottura lenta in sottovuoto, viene glassato da un fondo di maiale arricchito con peperoni sott’aceto e guarnito con la loro crema e scarola ripiena classica.
Norcidella: siamo sotto rinnovo della presidenza della Repubblica e quindi… Mortadella!!! :-) E’quella dell’azienda Re Norcino di San Ginesio (MC) in budello naturale fatta quasi interamente da spalla di maiale con aggiunta di grasso, il tutto viene macinato e condito di sale, pepe, pistacchi e aromi naturali.
Pre dessert: mousse allo yogurt e frutto della passione con granella alla liquirizia
Cicoria e cioccolato: mousse al cioccolato al latte 33% Tanariva del Madagascar, crema montata alla cicoria, polvere ghiacciata di cicoria e biscotto salato al cioccolato.
La mela caramellata: qui abbiamo un gioco di consistenze, temperature e sapori: dolce, salato, acido. La mela viene sbucciata e tagliata, messa sottovuoto con uno sciroppo di zucchero dove per osmosi lo assorbe in 48 ore e successivamente caramellata in padella. Per arricchire il sapore della mela stessa viene aggiunta una crema di mela acida, gelato e gel al vinbrule. Oltre alla mela caramellata la parte dolce è data dal cannolo ripieno di namelaka alla vaniglia. Il tutto è contrastato dalla sapidità di un cremino al burro salato e “profumato” dal biscotto di linzer torte.
Nuce, nucelle, gravune e castagne: dolce ispirato alla canzone popolare “nun è sempe oro” dei Lumanera, storico gruppo musicale irpino. Salsa di cachi, crema di castagna di Montella, gelato alla nocciola mortarella, spugna croccante alle noci e meringa al pepe di sichuan.
Piccola pasticceria: caprese al limone, crostatina con crema e frutta fresca, tartufino al cioccolato.
Ah, i vini…abbiamo aperto le danze con bollicine di Fiano Tenuta Montelaura “Riserva solo per gli amici” (di cui non ve ne parlo per evidente conflitto d’interesse e comunque non è in commercio!!!).
Si prosegue con un “altro lavoro portato da casa”, il Greco di Tufo DOCG 2013 Minetti. L’avevamo assaggiato già a settembre, messo in bottiglia da pochi giorni e c’eravamo riproposti di risentirlo. Sono bastati tre mesi di bottiglia per farcelo sentire “cresciuto”. I sentori sono quelli, l’agrumato ed il solfureo su tutti, ma l’intensità è notevolmente aumentata. E anche il colore vira decisamente su toni “più carichi”. Al gusto ha perso quell’allappatura che ci aveva colpito nella precedente degustazione, resta la vibrante acidità che sostiene un corpo importante. Molto più equilibrato (ma si sapeva) dopo i quasi quattro mesi di affinamento in bottiglia. Insomma un vino destinato a crescere ancora, a dare ulteriori soddisfazioni alla grande passione di Pellegrino Meoli …che il vino lo fa in vigna!!!
Fiano di Avellino docg annata 2011 di Guido Marsella. Ci siamo ciaciati, un vino di una complessità spaventosa. Sentori floreali e fruttuti in prima battuta (glicine, fiori d’arancio, pera e agrumi), poi il sottobosco (humus, funghi e foglie secche). Da contraltare alla opulenza della complessità, abbiamo trovato un’acidità affilata che invitava continuamente alla beva. Infine una chiusura molto molto lunga. Un gran bel vino!!!
Taurasi DOCG Poliphemo annata 2010 Luigi Tecce
Il vino ideale per il “cinghiale maschio” e per l’agnello. Uno dei pochi Taurasi nei quali è difficilissimo avvertire il legno. Primo naso fruttato, amarena, more e gelso nero. In rapida successione poi, i terziari. Goudron, cenere e perfino qualche nota di tabacco. Freschezza disarmante, grande equilibrio tra la “ciccia” e le durezze, lunghezza infinita. Unica nota negativa…finito troppo presto!!! :-)
Bella serata, mi si riempie il cuore di gioia per aver rivisto “vecchi” amici, per aver assaggiato grandissimi piatti, per aver bevuto grandi vini, ma soprattutto per aver toccato con mano la forza di volontà dei fratelli Mattia che di fronte all’accanirsi del destino non si danno per vinti, anzi lanciano nuove sfide in un momento particolarmente delicato per la ristorazione di qualità che definire “non dei migliori” è usare un eufemismo. Auguri Luca…per tutto, in bocca al lupo Nico!!!
Maeba Restaurant
C/da Serra
Ariano Irpino (Av)
Tel. 338.6387407
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