Sullo scontro padre/figlio si sono scritti tanti libri, film etc. Fiumi di parole, quasi sempre veritieri. Ma quando questo scontro generazionale non c’è si trova l’eccezione che conferma la regola? Sicuramente nel caso degli Abbruzzino si, e da vita ad una delle cucine, al momento, più interessanti del Sud Italia.
I protagonisti di questo racconto sono: Antonio Abbruzzino il padre, cuoco bravo e di esperienza, Luca il figlio di 25 anni che lo segue nel lavoro. Impara dal padre, prima di tutto che la cucina è sacrificio, servizio, che in questo lavoro non ci sono sabato sera con gli amici e che si lavora mentre gli altri si divertono.
Luca si appassiona e decide di fare sul serio, di mettersi in gioco, arrivano gli stage da Gennaro Esposito, Enrico Crippa e Mauro Uliassi, dove apprende, osserva molto, capisce che non bisogna imitare semplicemente.
Infatti si è cucito un vestito o una giacca su misura, prendendo spunti e attuando tecniche e pensieri senza esercizi stilistici, ma al servizio degli ingredienti e della Calabria gastronomica.
Acidità, freschezza e temperature diverse, grande modernità.
Difficile ma vero, tutto bilanciato. La dolcezza della triglia viene esaltata a più riprese dagli altri ingredienti, dimostrando audacia nell’abbinamento, ma senza voglia di strafare.
Materia prima sopra le righe, tecnica, anche qui un pensiero intelligente.
Piatto del Sud, anzi completamente calabrese! Giustamente ci viene presentato come riso, non risotto. La piana di Sibari dove si coltiva il riso da sempre a due passi, la vicina Tropea con la cipolla, la liquirizia a Rossano Calabro e il pescato di Catanzaro.
Il piatto del viaggio! I fusilloni risottati con infuso di nduja e pecorino completati con i ricci di mare. Piatto geniale di grandissima intensità gustativa, elegante e leggero, applausi.
Goloso, trova l’allungo decisivo nelle erbe amare ed il giusto contrasto tra la dolcezza della burrata e la sapidità dei frutti dei mare.
Cottura millimetrica della spigola, abbinamento classico ma con brio, pensieri moderni e con tanta tecnica.
bello anche da vedere, con una presentazione minimale, soprattutto buono, rotondo e dalla pulizia gustativa rimarchevole.
I dolci hanno quasi tutti degli spunti di acidità, pensati per essere un fine pasto goloso ma senza zucchero, particolarmente nelle mie corde.
Una cena senza nessun tentennamento, i piatti sono un giusto mix tra il far godere la testa e la pancia.
Sempre difficile fare previsioni, però i 25 anni di Luca, la sua umiltà e tenacia, ci fanno pensare che il futuro della cucina italiana d’autore, ai massimi livelli, passerà anche da Catanzaro.
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