Antica Pizza Fritta di Zia Esterina
Napoli, piazza Trieste e Trento, 53
Aperta sempre dalle 11 alle 23
Addio Buonanno, arriva Sorbillo. Al posto dello storico negozio di tessuti a piazza Triste e Trento, la piazza nobile della città ricavata tra Palazzo Reale e il San Carlo arriva, sarebbe il caso di dire torna, l’autentica pizza fritta napoletana e torna nel modo più autentico con qualche astuzia moderna. Di antico c’è il pentolone dove si frigge in meno di un minuto per quasi mille volte al giorno, di moderno la telecamera che mostra tutti i magici movimenti di Vincenzo Capa Janca aiutato da due giovani di grandi speranze, formati a via dei Tribunali da Sorbillo e da Donna regina di Ernesto Fico.
Gli ingredienti usati sono sei: ricotta e provola di bufala fresca di Mimmo del Casolare di Alvignano, pomodoro San Marzano Dop (Saporì, in arrivo anche Gustarosso di Danicoop), il salame Napoli e i cigoli di maiale di Ciarcia a Venticano, pepe nero del Thalassery. La farina usata è quella della della linea biologica tipo 0 dei Molini Pigna.
La pizza fritta è ancora più popolare della pizza al forno. I motivi sono due: il primo è che per una donna dei vicoli era facile allestire un pentolone e friggere fuori casa per arrotondare le entrate e, ovviamente, la gestione della frittura, seppur richieda perizia non comune, è decisamente più semplice della pizza cotta al legno.
Il secondo è che la frittura è uno dei tipi di cottura più sicura, non a caso diffusa soprattutto nei paesi caldi, quando ancora non c’era la gestione del freddo con frigoriferi e congelatori.
Messa al bando per motivi nutrizionali, la pizza fritta resta comunque molto diffusa a Napoli, la si trova esposta in ogni vetrinetta di bar e di gastronomie praticamente ovunque.
Oggi è sicuramente un cibo che si sta rivalutando perché di fronte alle porcherie oncologiche che stanno cambiando gli odori delle città, sappiamo che questa pizza è un prodotto artigianale con ingredienti di sicura provenienza.
Ma qual è la differenza tra la frittura di Sorbillo, della Masardona, di Coccia, di Oliva, di Ciro Salvo, dei Fratelli Salvo, di Franco Pepe e degli altri mostri sacri della pizza napoletana? Dove scatta la differenza?
Anche qui la domanda ha due risposte: la prima è nella qualità degli ingredienti che, a dispetto delle credenze popolari (anche una suola di scarpa diventa buona quando è fritta) incide nel risultato finale perché la crosta dorata conserva intatta la freschezza della ricotta, della provola e degli altri ingredienti.
La seconda è l’impasto. Le pizze fritte (a calzoni, o ripieni) delle vetrinette sono alquanto panosi mentre lo strato della pizza di questi maestri dlel’impasto è sottolissimo, proprio come quello della pizza al forno. Il risultato è che al palato non si distingue più la farina dagli altri ingredienti, si realizza una fusione perfetta, ancora più intensa di quella ottenuta dalla cottura al forno dove invece resta il sentore di farina (quello che gli analfabeti gastronomici definiscono “poco cotta”).
Le friggitorie classiche come Acunzo al Vomero hanno tante cose buone di cui sono ghiotto (panzarotti, frittatine, polenta, sì polenta, arancini). Il modello scelto da Gino Sorbillo è quello del monoprodotto con più scelte. Questo perché si pensa di aprire altri locali e lanciare quasi una sfida alle fritture oncologiche maleodoranti che offrono prodotti di cui non si sa nulla sulla loro vera origine.
L’eterno dilemma: modello Vannulo, uno e irripetibile, o modello duplicabile? Insomma, ripetere o no l’esperienza Grom?
Staremo a vedere: se si riesce a trovare manodopera qualificata, tutto è possibile ed è sbagliato assumere posizioni ideologiche.
Cliccando qui avrete la storia e una piccola guida alla pizza fritta a Napoli
Con cosa accompagnare la pizza fritta di Gino Sorbillo? Nessun dubbio: o una Falanghina del Sannio (Cautiero, Rillo, Nifo, Oppida Aminea) o un Greco di Tufo (Torricino, Ferrara, Bambinuto, Centrella). Serve infatti tanta acidità per sgrassare il palato non solo perché parliamo di fritto, ma anche perché il risultato finale in bocca tra salumi e ricotta è decisamente dolce. Anche l’allungo fumé della provolo non cambia di molto le carte in tavola, in questo caso potrete aggiungere il Fiano di Avellino di Marsella o di Picariello.
Ed ecco ieri sera l’assalto alla pizza fritta in questa foto di Gino, ultima domenica dell’anno.
Anche Visintin si è messo in fila, ma pensava fossero le patate olandesi:-)
Dai un'occhiata anche a:
- Pizzeria della Passeggiata a Priverno di Antonio Visentin e Giammarco Ambrifi
- La pizzeria Kore a Torre Annunziata: ora Salvatore Kosta è in prima linea
- Ritorno al futuro con la pizza di Francesco Martucci: I Masanielli a Caserta. La recensione
- Un percorso di pizza Vegan Special ad Aversa ma anche a Napoli da Isabella De Cham
- Guida completa alle pizzerie di Caserta, la città della pizza in 44 locali pieni di passione, storia e tecnica
- Enrico Arena Pizzeria e Cucina a Santa Maria Capua Vetere, alle porte dell’Anfiteatro campano
- Raffaele Raf Bonetta Pizzeria a Pozzuoli, lo scienziato della pizza si scatena
- Stile Napoletano – Chester. Il Regno Unito non smette di stupire