di Antonio Di Spirito
L’origine di questo importante vitigno autoctono si perde nella notte dei tempi; l’Umbria, d’altra parte, è stata uno dei primi laboratori Etruschi per la coltivazione della vite.
I primi documenti ufficiali che parlano di “Sagrantino” risalgono al XVI secolo e sono conservati nell’archivio notarile di Assisi, mentre le prime ordinanze comunali, che regolamentano e stabiliscono la data inizio della vendemmia nel comune di Montefalco, risalgono all’anno 1540.
E’ un fatto, comunque, che nel Medioevo in tutti i conventi l’uva era coltivata per produrre il vino da utilizzare nei riti religiosi; e così i frati francescani umbri coltivavano quel vitigno e ne ricavavano un passito destinato ai riti religiosi, da cui il nome Sagrantino. E fin quasi la fine del XIX secolo, l’area intorno a Montefalco era identificata come zona di produzione di alcuni dei migliori vini dello Stato Pontificio. Dopo l’unità d’Italia, le terre dello Stato pontificio furono parcellizzate e divennero proprietà di notabili e signori locali, con grossi rischi, per quest’ultimi, di scomuniche ed anatemi. Decadendo l’esigenza “sacrale”, il vitigno rischia la scomparsa, complice, anche, la pratica colturale in voga; fino agli anni 50-60 del 1900, infatti, quasi tutti i fondi erano seminativo-vitati; le poche viti presenti, fino a 1500-1700 piante per ettaro, non dovevano essere d’intralcio alle altre colture (generalmente cereali) e la tradizionale coltivazione a “palmetta” consentiva di ottenere quantitativi di vino che soddisfacevano le esigenze economiche e familiare. Tale tecnica consisteva nello sviluppo di tre (ed anche di più) coppie bilaterali di cordoni su tre livelli d’altezza.
Certo, l’allevamento a palmetta comportava tempi di maturazione differenti ed imponeva, in pratica, tre differenti vendemmie; la prima riguardava solo il primo livello di cordoni, in tempi pressoché compatibili ad altre zone vinicole; per il secondo livello di cordoni, a seconda del tempo atmosferico, bisognava attendere ulteriori 2-3 settimane. I grappoli più alti venivano raccolti verso la fine dell’autunno, quando erano praticamente passiti. E proprio da quest’ultima vendemmia si ricavava il vino per la Messa.
Nel 1971 Arnaldo Caprai acquista una tenuta di 5 ettari in Montefalco, diventati oggi 150. Il figlio Marco, a capo dell’azienda di famiglia, crede molto alle potenzialità del sagrantino ed avvia importanti collaborazioni con varie università per lo studio genetico del vitigno e conseguente classificazione clonale, per la zonazione polifenolica, la determinazione del miglior habitat, la miglior tecnica colturale del vitigno, nonché prove di elevazione del vino in botti di rovere e barriques.
Da questi studi è scaturita una mole di dati molto elevata e che ha dettato precisi indirizzi colturali e di trasformazione del sagrantino. Impressionante il contenuto di polifenoli (antociani e tannini) del vitigno, il più elevato in assoluto: fino a 7000 mg/litro! Poteva mai andar bene l’allevamento a palmetta? Si è passati ad un più pratico cordone speronato o Guyot, con bassissime rese.
Risiedono principalmente in queste premesse le ragioni di una migliore gestibilità dei proverbiali tannini del sagrantino.
L’ultima ipotesi di alcuni produttori è l’abbandono definitivo delle barriques a favore delle botti grandi: durante il ciclo di elevazione, il vino ha si bisogno dell’aiuto del legno per il processo di polimerizzazione dei polifenoli, ma non ha certo bisogno di altri tannini ceduti dalle barriques, specie se di primo passaggio, visto il suo elevato corredo polifenolo.
Già nel 1979 il Sagrantino ottiene il riconoscimento della DOC, divenuta poi DOCG nel 1992, e viene istituito un Consorzio di Tutela Vini di Montefalco già dal 1981.
All’Anteprima Sagrantino, che si è svolta il 23 e 24 febbraio scorso a Montefalco, è stata presentato il Montefalco Sagrantino DOCG Secco 2011, accompagnato dal Montefalco Sagrantino Passito 2011, dal Montefalco Rosso 2012, dal Montefalco Riserva 2011 e dal Montefalco Bianco.
I primi due sono ottenuti da uve sagrantino in purezza, mentre i Montefalco Rosso sono vini a base sangiovese per circa il 70%, fino al 15% di sagrantino ed il saldo con uve a bacca nera permesse nella zona di produzione. Il Sagrantino in versione secca ha avuto uno sviluppo tale negli ultimi 30 anni, per cui non è affatto paragonabile con i Sagrantino della tradizione.
Anche se è prematuro dare giudizi definitivi sull’annata presentata, l’idea che si è consolidata in noi è che si possono distinguere tre interpretazioni, che riflettono sicuramente il concetto che ogni produttore ha del Sagrantino e tutti lo esprimono attraverso l’intensità del tannino. Un primo gruppo di vini ha un tannino poderoso, leggermente astringente, ma non eccessivamente aggressivo; rappresenta un po’ l’elegantone spavaldo dei suoi grandi mezzi, un mastino che abbaia forte, ma non morde; sicuramente destinato a lunghissima vita.
Poi c’è un gruppo di Sagrantino dal tannino intenso, ma estremamente morbido ed elegante, che dà piacevolezza ed è già godibile.
E, quindi, una via di mezzo: tannini molto intensi, ma non esuberanti, un pugno di ferro in guanto di velluto, di gran classe.
Il Montefalco Sagrantino Passito, essendo un vino ottenuto da uve che spesso subiscono un processo di surmaturazione sulla pianta prima dell’appassimento in fruttaia, non ha solo sapori di frutta disidratata (prugne e fichi secchi), bensì di confettura e frutta sotto spirito; gli zuccheri irrisolti sovrastano l’effetto del pur dolce tannino e … ti viene voglia di accompagnarlo con cioccolato fondente.
Diverse, invece, le riflessioni sul Rosso di Montefalco.
Mentre il Sagrantino ha utilizzato questi ultimi trenta anni per reinventarsi e guadagnare una posizione nel panorama vitivinicolo consona alle sue potenzialità e qualità, il Rosso di Montefalco in questi ultimi anni ha potuto beneficiare di quanto la tecnologia e le nuove tecniche, sia in cantina che in vigna, e crescere molto; infatti è cambiato pochissimo nella composizione dei vitigni, eppure ha fatto dei salti da gigante in termini di qualità, piacevolezza e complessità (in modo speciale la Riserva), tanto da insidiare da vicino il fratello maggiore.
Al confronto di questi vini, il Montefalco Bianco è un vino dignitoso, molto benfatto da tutti i produttori, ma non paragonabile, in termini di qualità e prestigio, ai rossi.
Molto interessante, invece, è il Trebbiano Spoletino; ne abbiamo assaggiati di ottimi e di vecchie annate presso le cantine che abbiamo visitato. E’ mio convincimento che si tratta di un vino che ha una maturazione lenta negli anni e diventa eccezionale con l’invecchiamento. Non si capisce come mai sia ancora così poco conosciuto e coltivato.
Qui di seguito elenco i vini che ho preferito.
Montefalco Sagrantino DOCG Secco 2011
Il Torrione: frutti rossi e neri, refoli di sambuco e note ferrose; in bocca è fruttato, fresco, sapido, un gran tannino piacevole, chiusura lunga.
Lungarotti: more, sambuco, note ferrose e polvere di cacao arrivano intensamente al naso; al palato è fruttato, secco e fresco; il tannino grosso accompagna il lungo sorso, piacevole e speziato.
Milziade Antano: frutta rossa, note balsamiche e ferrose al naso; al palato è fruttato e fresco, il gran tannino morbido si integra molto bene a sapori piacevoli; è speziato e persistente.
Tabarrini – Campo alla cerqua: more, cuoio ed una forte mineralità caratterizzano l’olfattiva; in bocca è fruttato, vinoso e fresco, ha un tannino forte e un po’ secco, ma le note balsamiche e speziate lo rendono lungo ed elegante.
Terre de Trinci: piccoli frutti rossi, una nota erbacea ed una importante struttura alcoolica salgono dal calice; in bocca è fruttato e fresco; il tannino è ancora leggermente polveroso, ma godibilissimo; è speziato, elegante e persistente.
Agricola Romanelli: al naso si caratterizza con frutta rossa, una nota fortemente minerale e vinosa; in bocca è fruttato ed ampio con gradevoli note di tamarindo, ha un gran tannino, ma l’immediato ritorno dell’acidità rende il sorso molto lungo.
Antonelli: dal calice emana profumi di frutta rossa, spezie dolci ed una gradevole nota fumè; in bocca è fruttato, fresco, materico; il tannino è importante, ma di ottima qualità e la nota minerale lo rende molto lungo.
Arnaldo Caprai – Collepiano: il colore è il più cupo di tutti; al naso offre frutta nera, note chinate, rabarbaro e ginepro; al palato è denso e fruttato, ha un tannino imponente; è ampio, materico, piacevole e fresco.
Colle Ciocco – Spacchetti: frutta rossa e note minerali al naso; le note fruttate sono coperte al palato dal tannino imponente, ma il ritorno di mineralità, l’acidità e le note speziate sostengono ed allungano il sorso.
Di Filippo: molto ricco ed ampio lo spettro olfattivo di questo vino con piccola frutta nera, note vegetali, note chinate, polvere di caffè e speziatura; in bocca si ritrova tutto quanto promesso al naso con l’aggiunta di un tannino levigato ed una acidità importante e piacevole.
Le Cimate: al naso arrivano note di frutta, note minerali e si avverte il passaggio in legno non del tutto riassorbito; al palato è fruttato e fresco, ha un tannino imponente ed il sorso si chiude su note minerali e speziate.
Montioni: profumi di frutta rossa (in particolar modo la fragola) prevalgono su note minerali ed un sentore di legno; ancora frutta rossa in bocca; il tannino è importante, ma note minerali, speziate ed un pizzico di sapidità allungano il sorso.
Moretti Omero: frutta rossa e ginepro compongono l’olfattiva; in bocca è fruttato, materico e vinoso; il gran tannino è in ottima compagnia di freschezza e piacevolezza.
Perticaia: gran frutto all’olfattiva (ciliegia e mora) accompagnato da note erbacee, mentolate e balsamiche; al palato si ritrova tutta la frutta e l’effetto dell’immenso tannino viene mitigato da tanta materia; è secco, fresco ed abbastanza persistente.
Tenuta CastelBuono – Carapace: gran salto di qualità e di personalità rispetto all’ottimo vino di tre anni fa; al naso offre un bel bouquet di frutta rossa; è vinoso ed una spolverata di caffè lo rende più complesso; in bocca è fruttato e fresco; un gran tannino viene bilanciato da un’ottima acidità, mineralità, sapidità ed una nota amaricante nel finale.
Montefalco Sagrantino DOCG Passito 2011
Agricola Romanelli: fruttato, minerale e speziato al naso; in bocca si apprezza tanta frutta in confetture; è fresco, piacevole, speziato, lungo ed ha un tannino levigato.
Antonelli: frutta nera e cherry al naso; al palato arriva tanta confettura; è fresco, ha un ottimo tannino; è speziato e molto persistente.
Arnaldo Caprai: Marmellata di more e note minerali al naso; al palato arrivano sapori di confetture di fichi e note di rabarbaro; è tannico, fresco e persistente.
Bocale: al naso arrivano profumi di frutta nera, sambuco e note minerali; in bocca è fruttato, ha un tannino ancora giovane, ma è speziato e persistente.
Colle Ciocco – Spacchetti: frutta in confettura ed erbe officinali al naso; al palato è fruttato e fresco; ha un bel tannino imponente ed un finale lungo e speziato.
Pardi: molto variegato al naso con frutta nera, chiodi di garofano e note chinate; frutta in confettura al palato; è piacevole, il tannino è dolce ed una piccola speziatura rende il sorso alquanto persistente.
Tenuta Rocca Di Fabbri: confettura e rabarbaro al naso; molto fruttato al palato; è tannico e fresco, speziato e persistente.
Montefalco Rosso DOC e Montefalco Rosso DOC Riserva
Tenuta CastelBuono – Lampante Riserva 2010: qualità e personalità si equiparano ad altissimi livelli; al naso si avvertono intensi profumi di frutta, di lavanda e note vegetali; al palato è fruttato e fresco, il tannino è levigato, il sorso è lungo e speziato.
Milziade Antano – Riserva 2011: altra piacevole sorpresa: mi ricordavo piccole sbavature all’olfattiva; ho trovato, invece, un vino piacevole e di grande personalità! Profumi netti di frutta rossa e piccola speziatura; al palato è fruttato e fresco, giustamente tannico e speziato, dinamico e molto persistente.
Romanelli – Riserva 2011: intensamente fruttato al naso, con note di ginepro e speziatura dolce; molto fruttato al palato, fresco e dinamico; ha un tannino levigato, il sorso è lungo e speziato con note di cacao in chiusura.
Tabarrini – Riserva 2011: frutta rossa, una leggera nota vegetale e foglia di lauro al naso; in bocca è fruttato e fresco, il tannino è morbido, il sorso è appagante ed impreziosito da note di tamarindo, è speziato e nel lungo finale si arricchisce di una nota mentolata.
Antonelli – Riserva 2011: ecco un altro campione di razza; al naso è floreale prima di offrire tanta frutta rossa; al palato è fruttato e fresco; il tannino è vellutato; il sorso secco, dinamico, speziato e lungo.
Guardigli – Rosso 2012: al naso offre frutta rossa e note di cuoio; al palato è fruttato e fresco; è giustamente tannico; il sorso è dinamico e lungo.
Benedetti e Grigi – Rosso 2012: frutta rossa e spezie dolci al naso; al palato è fruttato e fresco; il tannino è levigato, il sorso è fluido, speziato e lungo.
Moretti Omero – Rosso 2012: profumi di ciliegia ed una nota fumè all’olfattiva; al palato è fruttato e fresco, carnoso e secco; ha un buon tannino ed un finale piacevolmente amaricante.
Tenuta del Cerro – Colpetrone – Riserva 2011: frutta rossa e note di cuoio al naso; in bocca è fruttato e fresco; è molto tannico, ma morbido, dinamico, lungo e speziato.
Scacciadiavoli – Rosso 2012: frutta rossa, leggere note di legno e speziatura fine compongono il quadro olfattivo; al palato è fruttato e fresco, il tannino è levigato ed il sorso è agile e persistente.
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