di Ugo Marchionne
Sono tornato dopo circa due anni alla corte della famiglia Morgano, alla tavola di Stefano Mazzone per festeggiare come da tradizione, il mio compleanno al Grand Hotel Quisisana e queste sono le riflessioni che ne conseguono:
Ho capito che da buon gastronomo campano, benché trasferitomi a Milano, ho assoluta necessità, quando torno a casa mia a Capri, di sedermi alla tavola di Stefano Mazzone almeno una volta.
Mancavo colpevolmente da due anni dal Grand Hotel Quisisana e benché esso si mantenga sempre monumentalmente immutabile nello stile e nel decoro, la sua classicità si erge sempre a monito di quello che fu ai tempi uno standard della classe e del lusso mondiale, un simbolo che tutt’ora il mondo ci invidia, che le multinazionali mirano ad acquisire e che ha fatto storia senza mai fare epoca scadendo nel dimenticatoio.
Ho ritrovato la cucina di Stefano Mazzone, sempre dannatamente in forma ed al passo con i tempi. Il suo stile neoclassico, il neoclassicismo mazzoniano di cui abbiamo tante volte parlato in questo archivio, proprio come l’albergo che lo ospita si è mantenuto immutato, permettendomi quest’anno di scoprire, o meglio, di pervenire tante piccole componenti di dettaglio che nelle precedenti visite mi erano sfuggite o che quest’anno sono riuscito a decodificare proprio perché ormai ho acquisito una buona chiave di lettura sulla cucina del buon Mazzone.
Una cucina che ancor di più quest’anno si fonda su due correnti di interpretazione, dissimili eppure intercorrenti sul medesimo filo di percorso: il dettaglio ed il classicismo franco-italico.
Del primo filone fanno parte una serie infinita di riferimenti in forma di ingredienti e materie prime che seppur minimi nelle quantità, contribuiscono ad esaltare il sapore di ogni singolo piatto, amplificandone la portata e la percezione sensoriale. Dalle lamelle di aglio micronizzate che accompagnano quasi sempre i pomodori, alla tempesta di fiori di finocchietto che accompagna il mare mazzoniano versione 2020, alla brunoise di verdure che si cela nel fiore di zucca ripieno che corona il nuovo “Risotto d’estate” di Stefano Mazzone, alle verdure in cianfotta di cui è ripiena la pasta lievitata al forno in apertura, agli ingredienti di quel mare ricco di molluschi, crostacei e pesce che fanno da letto alle tofette con la zuppa di pesce, all’indivia brasata che accompagna il filetto di spigola con le sue cozze. Insomma un vero susseguirsi di dettagli piccolissimi eppure di gran carattere che diventano tanti piccoli riferimenti allegorici danteschi da cercare in una sorta di caccia al tesoro intellettuale da condursi a tavola.
Il secondo riferimento più marcato è appunto quello alla cucina francese, con le modalità di servizio, le varie cotture e la nuova versione del Kagoshima Kobe Beef che ormai è diventata una grande rendition della steak au poivre con tanto di pomme Anna in versione terrine/millefeuille a farla da padrone e da perfetto contorno.
Insomma il neoclassicismo mazzoniano come sempre muta di forma ma non di contenuto, rimanendo dunque una solida certezza alla quale appellarsi in caso di necessità, laddove vi sia necessità di un ripasso gastronomico di estetica e contenutistico.
Menzione d’onore per il servizio di Aldo D’Errico, maestro vero, di stile, di cerimonie e soprattutto grande interprete del mondo del vino, istituzione globale per le sale del mondo tanto quanto la stessa filosofia Quisisana della quale è mirabile interprete.
Conclusioni
Un anno particolare questo 2020 in cui ho sentito il bisogno di ritrovare quel mio spazio al fianco di Stefano Mazzone, a degustare quei percorsi così mirabilmente interpretati dallo chef siculo-trevigiano che come me ha abbracciato Capri come sua seconda casa di adozione. Interprete stilistico di sensazioni marchesiane simili a quelle trasmesse da Daniel Canzian in Brera a Milano. In sinstesi: ancora conferme di assoluta godibilità e gioia.
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Capri, l’isola del sogno, l’isola azzurra, una perla del patrimonio naturale ed artistico italiano della quale soprattutto noi campani dobbiamo andare fieri. Capri è senza alcun dubbio un classico storico-culturale d’Italia, cosi come un classico intramontabile è il Grand Hotel Quisisana che con la sua antica maestosità domina via Camerelle ed il centro caprese. Executive chef del Grand Hotel Quisisana è Stefano Mazzone, uomo di grande autoironia e cultura, anima siculo-veneta di formazione marchesiana, il suo stile elegante e misurato rappresenta il giusto compromesso tra l’innovazione gastronomica e la classicità immutabile di una struttura come il Quisisana. Mazzone é riuscito, ad entrare in simbiosi con questa grande casa e con il suo ruolo riuscendo a trovare una proporzione aurea. Testa al nord, cuore al sud e mani qui. La sua cucina è quella di questo territorio, il biglietto da visita che rappresenta la storia dell’hotel Quisisana. Il meglio della storia e della ricerca. Innovazione e tradizione. La ricerca nella “storia” e la storia nella “ricerca”, ecco la chiave di lettura della cucina del Rendez-Vous, un elemento di modernità nel classico e di classico nella modernità.
L’ ambiente del Grand Hotel Quisisana è senza alcun dubbio caratterizzato da quel je ne sais quoi di grandeur estetica che ti fa subito rendere conto di trovarti circondato dalla sobrietà di uno dei più conosciuti alberghi del mondo che non ha bisogno di stravaganze per rinnovare la propria fama. Ligne de table in bianco stile Liberty. Loggione teatrale e senza eccessi, questa vetrina su via Camerelle è un posto d’onore sulla passeggiata delle boutique capresi.
Guidato proprio dallo chef, nel pre-degustazione egli ha provveduto a scegliere come champagne a tutto pasto il Krug Grand Cuvée, dal colore dorato vivo e brillante. Mieloso, burroso, bollicina elegante e per nulla aggressiva. Il grande merito del Quisisana è quello di ospitare una delle pochissime Krug Lounge del mondo e di curarne ogni dettaglio.
La mia degustazione comincia dal Giappone e dalla profonda ammirazione che Stefano Mazzone nutre per questo paese, che già ha visitato in passato e per la sua tradizione culinaria, in primis quella del sushi. Si comincia infatti con il “Mare Nostrum in terrina”. Contaminazione tecnica ed estetica tra un tradizionale sushi roll e la charcuterie francese. Terrina composta da crudo di astice blu, scorfano, ventresca di tonno avvolto ovviamente dall’alga Nori, il tutto su maionese al plancton e salsa olandese ai ricci di mare. Il tutto coronato da una generosa dose di caviale Italiano Calvisius. Piatto di grandissima resa scenica, conquista tanto alla vista quanto al palato in virtù della fresca dolcezza delle materie prime, esaltate ancor di più dalla sapidità del caviale.
Ancora impressioni di sushi per questa prima versione di una delle colonne portanti della cucina del Rendez Vous: l’ “UpstreamCalvisius”. Hand roll di ventresca di salmone affumicato Upstream e caviale Calvisius avvolti da alga nori. E’ proprio il caso di dirlo, l’apparenza inganna. Se questo piatto vi ricorda un maki, un pò vi sorprenderà. La tecnica di matrice nipponica è evidente, il gusto complessivo anche, ma è nei dettagli che si apprezza l’estro di Stefano Mazzone. L’erba cipollina, la purea di patate ed i fiocchi croccanti di pane, combinati con l’elemento principale, donano una percezione più familiare e meno asiatica delle componenti di questo piatto.
Signore e signori entra in scena sua maestà: una plat di caviale. Questo tipo di contenitore da servizio è una delle modalità di presentazione di antipasti preferita dallo chef. Elegante, tondo, semplice. Si presta sia a preparazioni calde che fredde ed esemplifica la misura ideale per una porzione di antipasto.
Il primo dei due antipasti presentato nella tin can è il Qaviar Beef Tartare. Tartara di manzo e cuore di caviale. Semplice e diretto. Assemblaggio ben riuscito di due materie prime di assoluta qualità.
Ancora “UpstreamCalvisius”.Stavolta elaborato in un crescendo di sapori alla francese. Assemblaggio a strati, ricomposto all’interno della tin can da 100 grammi di “Calvisius Caviar Tradition”. Patata in purea, cetriolo ed in cima uno yin & yang di caviale Calvisius e salmone selvaggio Upstream. Esteticamente affascinante, l’unica pecca di questo tipo di presentazione è un’obiettiva difficoltà nel riuscire a degustare insieme tutte le componenti. Ognuna di esse è ben studiata e l’elemento che le tiene insieme è il cetriolo in sfoglie, pensato per aumentare la salivazione e preparare il palato alla sapidità spiccata del caviale e del salmone.
Si prosegue con il gran crudo del Quisisana per quest’anno. Crudo di tonno rosso Balfegò, ventresca e maguro, crudo di gamberi rossi di Capri, ostriche Gillardeau e frisella bagnata in aceto madre invecchiato cento anni. Il tutto coronato da una vellutata salsa olandese ai ricci di mare.Le singole componenti interagiscono in modo esemplare fra loro. La qualità della materia prima è indiscutibile ed in questo piatto si eleva ancor di più. La dolcezza del riccio di mare, la rotondità della ventresca, la salinità dell’ ostrica, la soavità del gambero. Tutto si combina perfettamente, creando una commistione tenuta insieme dalla croccantezza della frisella. Un piatto ispirato al neoclassicismo di Antonio Canova, di cui la nota artistica nell’impiattamento è evidentissima. Pomposo forse, affascinante sicuramente. Una presentazione del genere intimidisce questo è certo, ma non si può far altro che apprezzare la sensibilità estetica dello chef.
“O’ Rraù ca me piace a me o faceva sulo Mammà”. Amouse-Bouche tratto dalla poesia di Eduardo de Filippo, basato sulla ricetta originale tratta dalla commedia “Sabato,Domenica e Lunedì”.Non serve aggiungere altro. Cotto lungamente e “pippiato” a dovere, chesta carne c’ a pummarola è l’omaggio dello chef a quella che oramai è diventata la sua terra, la sua casa Solo un polentone con il cuore siciliano può tributare questo omaggio a Napoli. In chiave più raffinata questo è certo ma pur sempre familiare, senza fronzoli come piace a noi.
D’ispirazione marchesiana èinvece il risotto con crudo di scampi e caviale. Scioglievole, armonico e ben mantecato, esso presta il fianco a coloro i quali definiscono la cucina del Quisisana troppo rotonda e conservativa. A ben vedere però esso non risulta essere privo di contrasti, anzi. La dolcezza dello scampo è prevalente ma risulta essere sospinta dalle nuances saline del caviale oscietra. Forse leggermente troppo avvolgente la mantecatura fatta con burro francese, in virtù dell’elevato contenuto di parte grassa. Ciò nonostante è un risotto che tecnicamente e per mise en place si guadagna un meritatissimo W.O.W. Factor!
Come d’abitudine, essendo per mia passione filo-nipponico, ecco il Kobe!
Distretto K-2, Kagoshima. Servito con friarielli e Bernese alle ostriche. Azzardato ma centratissimo l’abbinamento con la salsa. La carne risulta ad essere una componente a sè, mentre gli elementi di contorno interagiscono e si armonizzano tra loro. Amaro e pungente, tondo e sapido. Questo sì che è un gioco di contrasti da manuale. Trattare il Kobe non è facile, perché la sua pronunciata marezzatura che ne rappresenta la caratteristica fondamentale non è facile da trattare. Quì la password è sostanza. Accentuata ancor di più dai cristalli di fior di sale in finitura. Il Sud incontra il Giappone, Napoli incontra Tokyo, il friariello incontra il Kobe, che al Quisisana festeggiano un matrimonio d’ amore.
Si potrebbe finire con un dolce, dalla caprese alla ricotta e pera, passando per la pesca Melba, ispirata alla storia culinaria di Escoffier. Io invece opto per assaggiare il sensazionale Club Sandwich del Quisisana. Un must, un evergreen, un piatto sempreverde di cui lo chef Stefano Mazzone ne prepara oltre un centinaio al giorno. Perfetto pool side e da degustazione. Una maestosa torre di lattuga, pomodoro, maionese, uova, tick-cut american bacon e tacchino. Pane croccante e soffice. Per nulla pesante. Un pò il simbolo della ristorazione d’ albergo, pronta a soddisfare qualsiasi esigenza del cliente ad ogni ora della giornata.
Fare ristorazione in uno dei leading hotels of the world come il Quisisana non è cosa facile, anzi. Bisogna trovare per l’appunto il giusto compromesso tra storia e modernità, innovazione e tradizione, ricerca e cultura. Non rinunciare a se stessi e alle proprie passioni essendo consapevole di essere il comandante di una grande brigata non è cosa da poco. C’è da perdersi. Stefano Mazzone è riuscito benissimo in questo, a non demistificare le proprie inclinazioni, ma a renderle parte della filosofia di una grande casa. Il ragù, il sushi, il Club Sandwich che tanto ama, sono i riflessi di una cucina che riflette sia un bagaglio di esperienze e di passioni personali, sia l’immagine lussuosa ed iconica del Quisisana con la quale è impossibile non confrontarsi. Il Rendez Vous è il frutto del lavoro di uno chef meno corporate di quanto si pensi, basta solo essere attenti ai dettagli ed indagarli. E’ nell’estetica e nei concetti che troveremo l’uomo, nell’esecuzione e nella tecnica invece c’è la mano di uno chef esperto e solidissimo al comando. Il servizio di sala è sempre inappuntabile e attento al cliente Del resto siamo pur sempre al Quisisana no?
Grand Hotel Quisisana – Ristorante Rendez Vous
Via Camerelle, 2, 80076 Capri NA
081 837 0788
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