Uva: aglianico, piedirosso, sciascinoso
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Non solo la pizza: credo che il ritorno alla cucina filologica classica, favorito dalla crisi oltre che da una repulsa quasi grilliana ai virtuosismi senza qualità nei quali si possono distinguere i grandi chef dai loro imitatori, spinga decisamente rossi come il Gragnano. Dopo il freddo gennaio durante il quale si fanno i conti dei soldi spesi, torna il vuoto dopo l’euforia consumistica natalizia, un vuoto psicosociale senza prospettive comuni in Italia dove ancora c’è chi è convinto, poveretto lui, che ci sia differenza politica e personale fra i leader dei diversi schieramenti impegnati in scontri televisivi caricaturali del passato, dopo il freddo di gennaio dicevo, è già tempo di Carnevale, in molte zone si inizia ad ammazzare il maiale e il Gragnano 2007 è il primo allegro accompagnamento di questi riti oltre che della pizza, come quella buonissima alla ‘nduja nata dall’incontro di Enzo Monaco dell’Accademia del Peperoncino e Cosimo Mogavero di Fabbrica dei Sapori. Il vitalismo partenopeo è anche questo, in piena crisi pensare cose nuove e proporle come ha fatto Mimmo Sannino di Ercolano, splendidi vigneti e struttura sulla strada che dagli scavi porta diretta al Vesuvio lungo la quale sarebbero necessarie indicazioni in giapponese. Mimmo ha voluto per la prima volta fare il Gragnano e in una assolato giorno in cui si comincia a respirare, lo abbiamo provato allegri con gli amici estraendo da quegli antociani così carichi tanto calore e allegria. Il bicchiere ha una bella spuma, tenace, ricco di profumi floreali al naso, in bocca ha struttura sgrassante, beva facile ma al tempo stesso sicuramente impegnativa, necessità di fegatelli di maiale, ragù, trippa, ancora lasagna napoletana e pasta al forno alta quanto l’Empire. Ho visto tanti chiederne ancora, sin al fondo della bottiglia. La freschezza del bicchiere consiglia beva rapida, non prolungata del tempo perchè è così che il Gragnano interpreta se stesso sulla tavola napoletana, una funzione consolatoria e partecipativa perché se un Taurasi te lo puoi sparare da solo davanti al caminetto, è difficile pensare al rosso della Terre delle Sirene senza un brindisi, una chiacchiera, uno sfottò, magari anche usando il bicchiere senza calice e, ma sì, di carta. Il rosso di Mimmo mi è piaciuto, considero le aziende di vino del Parco del Vesuvio come professione di autentica fede ambientale, capacità di amare davvero ogni zolla di questi terreni tra i più costosi e precari d’Italia. La capacità di Amilcare Troiano, presidente espressione della destra del Parco del Vesuvio fresco epurato nonostante il suo lavoro riconosciuto da tutti con le stesse logiche clientelari che ora si pronunciano spoil system nei ring televisivi notturni e se la caduta del governo Prodi è servito a salvarlo, non lo so esattamente, evviva. Il Vesuvio vale bene tutti i governi di questa repubblica plutocratica. Il Gragnano di Mimmo ha una sua compiutezza circolare grazie alla assoluta corrispodenza fra vista, olfatto e palato. Versane, versane Ipponatte. Bravo, bravo.
Sede a Ercolano. Via G. Semmola 146. Tel. 081.7394630, fax 081.7322060. Enologo: Alessandro Mancini. Ettari: 5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 150.000. Vitigni: aglianico, piedirosso, falanghina, caprettone.
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