di Maurizio Paolillo
Roberto Di Meo è un uomo interessante e complesso, a un tempo determinato, intransigente e temerario. Avendo ereditato da papà Vittorio il gusto per le grandi sfide e da mamma Alessandra la risolutezza e la pervicacia, fonda nel 1986 l’azienda vitivinicola, in un’epoca in cui le cantine in Irpinia si contavano sulle dita di una mano perchè meno di dieci.
Comincia a piantare le vigne di fiano nella tenuta di Salza Irpina, a oltre 500 m di altitudine, in un contesto ricco di boschi e di acque sorgive.
L’azienda è un modello di conduzione agronomica, di biodiversità e di bellezza paesistica: le vigne vegetano in mezzo ai boschi di querce, a pioppi e salici lungo le vene d’acqua, cipressi e pini in prossimità degli edifici, alberi da frutto (peschi, albicocchi, mandorli, meli), splendidi olivi e infine una specie di giardino dei semplici dove sono raccolte una gran quantità di piante officinali.
Quindi viene recuperato il casino di caccia che sorge al centro della tenuta, per accogliere la cantina. Un castelletto una volta appartenuto alla secentesca famiglia dei Caracciolo d’Avellino, trasformato in lussuosa residenza di campagna, a testimoniare il senso estetico di una famiglia che anima, nel contempo, l’Associazione Di Meo Vini ad Arte presieduta da Generoso Di Meo, fratello di Roberto.
Il risultato complessivo è pura bellezza.
Col tempo sono state razionalizzate le vigne storiche di famiglia, a Montemarano, a 850 metri, nel pieno dell’areale di produzione del Taurasi docg. Quindi sono state acquisite in fitto vigne a Montefusco e Santa Paolina, zone di elezione per la produzione del Greco di Tufo docg. Quelle della tenuta di Salza Irpina sono destinate, ovviamente, alla produzione di Fiano di Avellino docg. Vigne bellissime, in perfetto stato vegetativo e fitosanitario.
Qui si segue il corso della natura e l’andamento delle annate; a seconda di come si presenta la vendemmia e come procede l’evoluzione dei vini si operano le più opportune scelte produttive. I vini più prestigiosi, ad esempio, non vengono realizzati tutti gli anni, ma solo quando se ne determinano i presupposti.
La missione aziendale è valorizzare a pieno i grandi vitigni irpini, mostrarne le enormi potenzialità, la capacità di assecondare il tempo, raggiungendo vette espressive impensabili e che sono di norma mortificate dagli stringenti meccanismi di mercato.
In quest’ottica si inquadra l’evento dell’11 luglio scorso dal titolo emblematico: Viaggiare nel tempo. Un viaggio che ci ha condotto alla ricerca della linea di orizzonte, del punto di caduta di questi due fantastici vitigni e degli straordinari vini che se ne ricavano. Vini che, grazie all’attenta gestione agronomica, alla rispettosa disciplina enologica e allo sconfinato amore che gli viene dedicato, riescono sfidare il tempo senza presentare il minimo segno di cedimento.
La degustazione di Fiano di Avellino e Greco di Tufo Di Meo
· Alessandra Fiano di Avellino docg Riserva 2013
Il vino dedicato alla madre dei fratelli Di Meo esce a quasi 9 anni dalla vendemmia. È infatti in commercio dal maggio 2022. Il vino affina in acciaio per 7-8 anni sulle fecce e poi fa circa 12 mesi di bottiglia.
La 2013 è stata un’annata complicata, molto piovosa. Il vino però non ne risente. L’impatto iniziale è sorprendente: nessuna traccia di ossidazione; il naso è maturo ma assolutamente vivo, con mineralità evoluta, che sviluppa sentori affumicati e lievi note di idrocarburi. L’acidità è gentile e non si rivela al primo impatto. Il carattere gioca tutto sulla grande struttura, profondità e complessità.
· Alessandra Fiano di Avellino docg 2012
Il protocollo è il medesimo del vino precedente: solo acciaio e lunghissimo affinamento sulle fecce. In commercio dalla primavera 2021.
Questo millesimo si presenta più sottile, più insinuante del precedente. C’è forse meno materia, meno struttura, ma grande integrità e pulizia; ancora assenza di note ossidative e persistenza notevole.
· Vittorio Greco di Tufo docg Riserva 2008
Con la riserva dedicata a Vittorio Di Meo, il papà di Roberto, l’orizzonte si allunga ulteriormente. Le uve provengono dalle vigne di Montefusco, a 750 m di altitudine. La fermentazione si svolge a temperatura controllata a 15-16°C, l’affinamento solo in acciaio per circa 12 anni sulle fecce con délestage.
Il naso rivela grande pulizia: è poco varietale; accanto alla mineralità sulfurea, affiorano note di frutta gialla matura. L’acidità è pungente, molto viva, quasi giovanile.
· Vittorio Greco di Tufo docg 2007
L’annata è stata particolarmente calda. Anche qui non troviamo alcuna traccia di ossidazione che per un greco, dopo 15 anni con una vendemmia difficile, è veramente fantastico. I profumi sono piuttosto inusuali: accanto ai tipici sentori minerali, si percepiscono note di agrumi canditi, albicocca, erbe aromatiche. Il sorso è nervoso lungo e sapido, con un finale nitido e pulito. Assolutamente sorprendente.
· Erminia Fiano di Avellino docg 2000
Questo è il vino a cui la famiglia Di Meo è probabilmente più affezionata perché dedicato alla sorella Erminia, scomparsa nel 2012. Rispetto ad Alessandra questo fiano deriva da vigne diverse e viene prodotto solo nelle annate che si prestano al lunghissimo affinamento. Il protocollo prevede una breve macerazione sulle bucce e la maturazione sulle fecce fini per circa 12 anni; il vino è in bottiglia dal 2012/13 e in commercio dal 2019/20, quindi a quasi vent’anni dalla vendemmia.
L’annata è stata ancora una volta particolare: inverno con neve abbondante, primavera-estate equilibrate, con giusta piovosità e senza eccessi termici. Subito dopo la sorprendente pulizia olfattiva, colpisce l’assenza delle note varietali più comuni, come se il vino avesse perso le sovrastrutture olfattive e fosse evoluto solo verso la complessità. Il profilo gustativo è dominato dall’eleganza, integrità e pienezza espressiva.
La famiglia Di Meo ci ha accompagnato a scoprire il confine temporale dei vini bianchi d’Irpinia: abbiamo assaggiato fiano e greco con oltre 20 anni di vita sulle spalle, nati con l’idea di sfidare il tempo e che paradossalmente non paiono assolutamente in parabola discendente.
Con tutta probabilità, il confine non lo abbiamo ancora valicato.
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