di Ugo Marchionne
Gong è un quadro che si svela a molteplici chiavi di lettura. Gong è l’esempio di una classe dirigente di ristoranti e di ristoratori, che fanno della modernità di un’alta cucina che sia bella, buona e leggibile il proprio credo. Gong è uno specchio del futuro della cucina italiana. Gong è sintesi di culture, di un ponte che lega Milano alla Cina. Gong è la contemporaneità di quelli che un tempo solevamo definire come ristoranti etnici. Gong (la famiglia Liu, mi si conceda la metonimia) è il simbolo di quella nuova Italia che dovrebbe essere già il nostro presente e che speriamo sarà il nostro futuro. Gong è espressione espressione gastronomica fra tradizione e innovazione di Oriente e Occidente. Gong è la creatura pensata da Giulia Liu che nel 2015 ha letteralmente sconvolto la scena gastronomica milanese, sconvolgendola positivamente con il suo look internazionale e con la sua cucina del tutto particolare, tecnica, creativa e priva di confini geografici.
Aperto nel marzo 2015 a Milano, Gong è l’ultimo arrivato nell’impero della famiglia Liu (che conta tra i tanti, lo stellato Iyo, il nuovo alfiere Iyo Aalto e Ba Restaurant), guidato sapientemente da Giulia Liu, ed è un ristorante asiatico, di chiara matrice cinese, declinato in maniera personale e contemporanea. Grandissimi saloni, altissime vetrate che si affacciano su Corso Concordia, precisamente al numero 8, a due passi dalla bellissima Villa Necchi. Il concetto fondamentale voluto da Giulia Liu è l’attitudine orientale, nelle portate come nel servizio, la cucina cinese è rivisitata in una chiave moderna. Elegante, accattivante e mai scontata. Il tutto avviene in un locale di rara bellezza. Il nome è dovuto agli imponenti Gong in onice decorativi che dominano la sala, che nell’antica Cina venivano usati come accompagnamento a orchestre etniche ma anche in feste, danze, ballate e in occasione di un ottimo raccolto. La sera, illuminati ad arte, splendono e catturano ogni sguardo che si avvicina a questo splendido ristorante. L’accoglienza ed il servizio sono impeccabili, ogni gesto è naturale ma allo stesso tempo premuroso. Sicuramente uno dei ristoranti esteticamente più fighi in città ma corroborati da tanta classe e soprattutto sostanza.
Si comincia dal carpaccio di capesante, caviale ravanelli ed emulsione di Umeboshi è assolutamente uno dei migliori piatti dell’intera sequenza. Sensazionale. Una trasparenza leggera di capesante, sospinta dalla croccantezza d’acqua dei ravanelli, dalla rotonda salinità del caviale e dalla sapida acidità della prugna essicata giapponese. Un piatto che ci parla di Francia, di una sensibilità alla mode di Joël Robuchon, di un profondo rispetto per una materia prima di grande eleganza elaborata in maniera sapiente. Un piatto rigoroso e moderno al contempo, in cui il contrasto tecnico delle singole componenti diviene protagonista non cantato di un boccone sempre ottimamente in equilibrio.
Si prosegue con il Somen di Salmone, a mio avviso collegato in continuità di pensiero – a mezzo di un ideale fil rouge – allo spaghetto di tonno e bagnacauda dei fratelli Cerea al Da Vittorio di Brusaporto.
Una tagliatella cruda di Salmone, un Somen appunto, con salsa alla mandorla ed Ikura. Un boccone, ciclico in cui alla dolcezza del salmone e della mandorla subentra la sapidità esplosiva ed oleosa delle uova del salmone stesso.
Potente la Ceviche di spigola all’asiatica. Esecuzione perfetta. Spigola marinata con soia, kabosu e servita con battuta di cipolla rossa allo Yuzu e peperoncino Jalapeno.
Millimetrico il taglio alla nipponica del crudo, piccante e forte la personalità delle spezie e dei vegetali, imprescindibili nella giusta marinatura del crudo e nell’elaborazione della ceviche medesima. Evidente la firma dello Chef Guglielmo Paolucci in questo piatto, sostituendo il tradizionale leche de tigre in marinatura con un jus veramente leggero e caratterizzante di soia ed agrumi asiatici. Elegante e tagliente come una lama. Moderno in tutto e per tutto.
Delicata la Ricciola affumicata, salsa Sumiso, wasabi, crescione e pepe rosa. Una sintesi ultima, a mio modo di vedere, dell’idea del crudo voluta da Giulia Liu. Manipolazione minima, taglio nipponico – il più idoneo in questa tipologia di preparazioni – ma soprattutto pochissime componenti di contorno volte ad esaltare ancor di più la freschezza del pescato.
La degustazione di Dim Sum rappresenta un bel viaggio ad Hong Kong tra sapori, forme e colori così lontani eppure così vicini a noi. Il vero signature dish del Gong sin dal suo principio. Il piatto che più di tutti rappresenta l’eleganza infinita del servizio della Giulia Liu. Dal Raviolo Proibito allo zafferano – ispirato alla città proibita di Pechino – con maiale Char Siu e tartufo nero, al Raviolo Rosso alla barbabietola con punte d’asparagi, caviale e King Crab dai Dim Sum all’estratto di carota con salmone, cipollotto, aneto, crema di patate dolci e Ikura, fino ai Ravioli Neri al nero di seppia con calamari, bambù e curry, questa degustazione rappresenta una summa (cum laude) di culture e ispirazioni pan-asiatiche che trovano espressione in un unico cesto vaporoso e pieno di meraviglie.
Torniamo in Italia, o meglio apriamo una parentesi con i prossimi due piatti. I Lamian all’Astice ci trasmettono le suggestioni lontane del Milione di Marco Polo, si pensi infatti che il Lamian è il Noodle del quale abbiamo testimonianza storica scritta più antica (1504, sic!), recuperando al contempo una dimensione totalizzante ed italica nel fattore “crostaceo” reso però ancor più elegante dal contributo dello zenzero, del vino di riso cinese e del Tobajan. Un piatto indubbiamente rassicurante in cui l’elemento “pasta” disvela come le nostre culture e l’incontro sino-italico sia qualcosa di molto più antico della nostra memoria.
Il Dim Sum “Omaggio a Milano” è vera e propria “bite poetry” poesia da morso, è un racconto, è un viaggio che vale il prezzo del biglietto. Dim Sum allo Zafferano ripieno di ossobuco e crema di risotto alla milanese. Lo jus ristretto dello stesso ossobuco tiene tutto insieme. Più fine delle paste all’uovo emiliane questo Dim Sum ci parla di Milano, ci parla della tecnica impiegata per una chiusura del genere, ci parla ancora una volta di un ponte tra culture – forte più che mai – che stavolta lega le sfogline di continenti diversi unite dalla stessa missione del tirare la pasta e ci tiene lì a cinque millimetri sospesi sulla sedia, perché abbiamo appena fatto un salto di sorpresa sulla stessa. Un piatto che ci parla di una nuova cucina italiana e dei suoi nuovi possibili interpreti.
Identitario il Black Cod. Versione rivisitata del Black Cod Gindara che fu Signature Dish di Nobu Mastuhisa e che fu protagonista assoluto delle cene della Milano degli affari all’apertura del suo primo ristorante a Milano, questo merluzzo carbonaro dell’Alaska è cotto al forno con salsa al miso, spuma di cozze ed alga Kombu e zeste di limone salato. Una bella spinta mediterranea in questo piatto di Guglielmo Paolucci dalla proteina perfettamente cotta al limone salato, forse un pizzico meno coprente la spuma di cozze che sospinge lievemente in eccesso la sapidità della Miso.
Altrettanto buono e cotto precisamente il Maialino in salsa Char Siu e crema soubise. Cina-Francia A/R via Milano.
CONCLUSIONI
Un vero e proprio viaggio nella cucina asiatica. Una finestra su una Cina complessa e vasta quanto solo il pensiero può immaginare. Un percorso di integrazione in una Italia del terzo millennio che vive di commistioni, di suggestioni, di sensazioni, di profumi, di ingredienti di forme e di colori che rappresentano il futuro della Cucina Italiana, con la C maiuscola. La cifra gastronomica della creatura di Giulia Liu oltre ad essere indubbiamente uno dei migliori ristoranti di tutta Milano, a forte vocazione internazionale, è esemplificativa di una proposta coraggiosa, complessa eppure così leggibile e godibile. Gong è appunto la vera stella della cucina fusion a Milano, è la casa di Giulia Liu. Un luogo nel quale ci si diverte incredibilmente tra suggestioni rare, tanto estro, un servizio puntuale e millimetrico guidato dal sommelier Massimo Francescato ed una selezione di vini e saké (probabilmente una delle selezioni migliori e più curate d’Italia, provare per credere) mai banali. Sin da quanto Giulia Liu nel 2015 ha dato il là il suo ristorante, lo stesso ha subito trasmesso forti emozioni alla platea milanese e quando c’è dell’amore questo si vede, si percepisce. Breve ma sincera considerazione anche per lo chef Guglielmo Paolucci. Una cucina davvero appagante la sua, esteticamente inappuntabile e che pur mantenendo un’impronta filo asiatica, risulta essere comunque informata da canoni italici. Uno chef giovane ma perfettamente a suo agio in quella che è casa sua da molti anni e che è in grado di spaziare tra cucine e suggestioni molto diverse tra loro ma contribuendo ad ogni piatto sempre in maniera compiutamente personale e priva di timori reverenziali. Dire che Gong è il miglior ristorante asiatico di Milano risulterebbe a mio avviso decisamente riduttivo e pertanto quest’archivio non può che consigliarvi di fare e rifare quest’esperienza, magari provando le diverse degustazioni, al fine di comprendere davvero dove la cucina in Italia può arrivare quando comincia a tendere al di là del proprio giardino.
Consigliatissimo.
Gong Oriental Attitude
Corso Concordia, 8. Milano
Tel. +39 02 7602 3873
Costo: 70 Eur P.p./ Degustazioni a partire da 95 Eur P.p.
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