Giulietta ha chiuso. Lasciamo la nostra recensione per archivio
di Virginia Di Falco
Giulietta è la pizzeria più bella di Roma. C’è poco da fare.
Siamo in piazza dell’Emporio a Testaccio, nei locali che sono stati a lungo quelli di un autosalone. Una spettacolare ristrutturazione durata più di due anni per un locale di circa 2000 metri quadrati suddivisi tra Romeo, il ristorante con bottega di lusso della chef stellata Cristina Bowerman e, appunto Giulietta, la pizzeria.
Design modernissimo e studiatissimo, dove la leggerezza del bianco e del vetro fa da contraltare alla solidità del ferro, dei mattoni rossi, delle ampie volte e dei secoli di storia di questo suggestivo angolo di Testaccio. Arredamento dalle linee pulite ed essenziali, centinaia di posti a sedere molto ben distribuiti tra lunghe tavolate e angolini più appartati. Il soffitto, ampio e imponente, ricorda il gioco di elementi e figure del vecchio Romeo a Prati, con in più un encomiabile effetto di funzionalità estetica, giacchè gran parte della struttura è fonoassorbente, a indubbio vantaggio della sala.
Al centro del locale il cuore pulsante di Giulietta: un immenso bancone in marmo dove lavorano due squadre con due forni a legna. Già. Perché è questo il vero punto di forza di Giulietta: un forno per la vera pizza napoletana e un forno per quella romana. Nessun tentativo di compromesso o di risoluzione bonaria dell’antica questio tra le due fazioni. Sono due tipologie diverse, ognuna con la propria tradizione e con il proprio pubblico. E, qui da Giulietta dunque, ognuna con il proprio forno e il proprio menu.
Esattamente come per la progettazione e ristrutturazione del locale, anche per l’avvio della pizzeria nulla è stato lasciato al caso. La parte napoletana si avvale della consulenza dei fratelli Salvatore e Francesco Salvo, storica pizzeria di San Giorgio a Cremano, mentre quella romana è stata seguita nella fase di start da Marco Lungo.
Carta alla mano, scorgi Napoli già a partire dai fritti: dai panzarotti con la ricotta alla mitica frittatina di bucatini; dalla mozzarella in carrozza agli scagliozzi di polenta, dalle palle di riso ai crocchè, fino alla ‘zeppola’, cioè la pizzetta fritta di ‘pasta cresciuta’ servita con pomodoro, parmigiano e basilico. Interpretazione fedele della tradizione, la frittura è ben eseguita, leggera e opulenta al tempo stesso. Se avete anche solo un millilitro di sangue partenopeo nelle vene lo sentirete distintamente scorrere dopo il primo boccone di mozzarella in carrozza: pane croccantissimo all’esterno e di grande morbidezza all’interno, ad accogliere la giusta sapidità della mozzarella filante. Davvero gustosa la zeppola, dorata al punto giusto e senza eccesso di unto; nella media scagliozzi e crocchè, mentre alla frittatina avrebbe giovato una crosticina meno tenace.
E veniamo alle pizze.
Diciamo subito che abbiamo provato entrambe le versioni, napoletana e romana, a più riprese nel giro di un mese e che abbiamo potuto constatare un notevole miglioramento rispetto alla primissima fase di rodaggio.
La pizza che trovate oggi da Giulietta, nella sua versione napoletana, è davvero molto vicina a quella della casa madre: grande e sottile, con cornicione importante ma basso e irregolare, con quel movimento, cioè, conferito dalla pasta ‘viva’ che ancora si trasforma al calore del fuoco a legna. Un boccone nel complesso elastico e scioglievole. Gli ingredienti sono tutti di ottima qualità: il pomodoro della margherita (venduta a 7 euro e cinquanta) è squisito, l’olio aggiunto a crudo ha (e dona) carattere, la mozzarella, distribuita in quantità generose, è protagonista ma con equilibrio.
La ‘margherita del Vesuvio’ (9 euro e 50) con i pomodorini del piennolo è una valida alternativa alla classica, mentre la capricciosa non fa affatto rimpiangere i topping più innovativi e ‘gourmet’. Anche la pizza fritta infine, nella sua versione tradizionale con ricotta e cicoli (8 euro e 50), è molto fedele all’originale.
Tra le romane l’amatriciana (10 euro) è più che soddisfacente: un guanciale leggermente croccante ma non bruciato guarnisce l’intera pizza, con pecorino e pepe ben dosati e con la piacevole croccantezza complessiva che ci si aspetta. Meno incisiva, invece, quella con salsiccia di Sartor e broccolo romano (10 euro).
Ad accompagnare le pizze una piccola carta dei vini ben fatta e che si spera oserà molto di più nel prossimo futuro; qualche bollicina italiana e birre artigianali alla spina. In sala una squadra giovane e motivata, che affronta col giusto piglio anche le lunghe tavolate e le serate più affollate.
In sintesi.
Abbiamo iniziato con una battuta, scrivendo che Giulietta è la pizzeria più bella di Roma. Che però non è solo una battuta. Giulietta è un luogo bello da frequentare nel senso che mette insieme tre caratteristiche che è difficile trovare in un locale solo, soprattutto in una pizzeria dai grandi numeri che è pop per definizione: architettura e design raffinati, massima attenzione alle materie prime, investimento serio sui pizzaioli.
Dopo l’apertura di Michele al Flaminio e di Giulietta a Testaccio il discorso sulla vera pizza napoletana a Roma si è finalmente fatto serio. E si sa: quando il gioco si fa duro …
GIULIETTA
Piazza dell’Emporio, 28
Tel. 06 4522 9022
Aperta tutte le sere, sabato e domenica anche a pranzo.
www.giuliettapizzeria.it
(costo medio a persona, per un antipasto di fritti, una pizza e un dessert, 22 euro)
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