Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
di Mauro Erro
Il piacere inizia quando scendo il primo gradino verso la cantina. Avverto una fitta profonda, viscerale. Ogni singolo muscolo, ogni centimetro di epitelio è pervaso da una strana sensazione di formicolio, il cervello è offuscato da un leggero senso di euforia e ad ogni passo fatto le emozioni s’acuiscono portandomi ad uno stato di trance.
Come se vi trovaste su un letto, nudi, con ai polsi due legacci che tengono le braccia ferme; ovviamente bendati, impotenti. Cosa succederà?
Percepisco due sensazioni dissimili, contrastanti, capaci di proiettarmi in questa stessa situazione, ma in due momenti diversi. I primi e gli ultimi attimi prima della fine di questa scena.
All’inizio i muscoli sono tesi, il fiato corto e sottile; avverto un senso di eccitazione che si mescola ad uno stato leggero, ma presente, di paura.
Ne avete appena fatto un sorso, assaporato leggermente dal calice, aveva un sapore dolce e acre allo stesso tempo, vi piaceva, altrimenti perché siete finiti nudi su un letto bendati? E non vedete l’ora di berne: l’aspettativa che ciò accada vi strugge, vi svuota e vi anima allo stesso tempo. Quanto durerà questo eccitante tormento? Due, tre, cinque ore?
Decimo gradino. Ho con me sei bottiglie da conservare. Taurasi Nero Né 2005. Si è concesso appena appena. Era marzo la prima volta. Profumava di cenere e terra, d’incenso, canfora e ciliegia. Quando ho schiuso le labbra a mo’ di bacio, sapeva di frutta, carnosa, succosa. In questo, appariva meno ritroso, accompagnato da un’ottima freschezza e vestito di un tessuto di grana pregevole, fitta, giustamente astringente.
Quanto dovrò aspettare? Cinque, sei anni per rivederlo? Quanto durerà quest’eccitante tormento? Quando si schiuderà per farsi possedere pienamente?
Ecco, la cantina. Accendo la luce, tolgo la benda, le corde ai polsi si slegano, poso le bottiglie di Taurasi e guardo le mie grazie tutte lì. Vengo catapultato in un momento temporale diverso della stessa scena, adesso sono agli sgoccioli, prima della fine. Il fiato si fa più pesante, l’eccitazione porta quasi allo spasmo, quello prima del momento culminante, l’attimo prima del possesso.
Da una parte i Barolo. I sangiovese di Toscana. Borgogna, più in là i riesling tedeschi. Passo innanzi le bottiglie di Champagne. Finalmente il godere del toccare le bottiglie. Di carezzarle dal culo fino al collo.
La bellezza del vino sta anche nella ritualità dei gesti, non solo quelli del vignaiolo che si tramandano di generazione in generazione, ma anche quelli del degustatore che, come Alice nel paese delle meraviglie, si diverte nel toccare, guardare e scegliere il vino da stappare.
Passo in rassegna le annate. Ho deciso. Salgo su: Gioviano 2006 della stessa azienda.
È vestito di un rosso rubino denso con sfumature che si fanno purpuree nell’unghia, qualche particella in sospensione rende il tratto rustico. Al naso si concede subito: frutta succosa di prugna e amarena accompagnate da una nota animale. È leggermente terroso, sussurra delle note eteree e pungenti d’anice, un ricordo di liquirizia che si fonde con il timbro balsamico. A bicchier fermo una nota di vaniglia del legno s’abbraccia a note empireumatiche.
Al palato è succoso, occupa il cavo orale gratificandolo, ha buona acidità, tannino di bella fattura anche se non fittissimo: lungo, la sensazione retrolfattiva ci riporta sulla nota di frutta.
Godurioso e polputo, pieno, nonostante la struttura è gesto facile quello di bere la bottiglia svuotandola ed esclamando alla fine: ti ho avuto.
D’autunno, di sera, lo accompagnerei alla lettura del Marchese De Sade.
Adesso, in una fresca serata, ad una “braciata” di carne all’aria aperta.
Nota a margine: finalmente.
Si sa, l’aglianico è vitigno ostico e quello Taurasino ancor di più, richiede tempo perché si levighi per divenire disponibile e soddisfacente. Finalmente, dunque, un aglianico giovane, sui dieci, dodici euro circa in enoteca, che si lascia bere, che rende felici i consumatori e i più smaliziati degustatori. A marzo, durante i giorni di Anteprima, ne consigliai l’assaggio a Roberto Giuliani e Alessandro Franceschini della rivista on-line Lavinium, godendo delle loro facce che apparivano soddisfatte dopo il primo sorso. Proviene da una vigna a Montemarano, luogo reso celebre dalla vicina vigna Cinque Querce, coltivata e curata da Romano Soccorso. Fermenta con lieviti indigeni naturali e affina in piccoli carati di terzo e quarto passaggio per almeno 12 mesi. Non si filtra e non si chiarifica. Di quest’annata, sono state imbottigliate poco più di 4.000 unità.
Quanto al Taurasi, dalla stessa vigna in Contrada Iampenne, effettua, come è ovvio, una macerazione più lunga, compiendo il suo affinamento in botti da 32 hl di rovere di Slavonia. 3.400 bottiglie. L’enologo è Antonio Di Gruttola.
Gli assegno volentieri le due bottiglie, in attesa che il nostro atto amoroso si compia nel tempo, godendomi ora l’eccitante tormento dell’attesa.
A tre mesi di distanza dal nostro primo incontro ad Anteprima Taurasi, lette le impressioni di coloro che erano presenti alla degustazione riservata alla stampa, ho constatato una fondamentale uniformità di giudizio: ultimo in ordine di tempo, l’articolo del sopraccitato Alessandro Franceschini su De Vinis, la rivista dell’Associazione Italiana Sommeliers.
Tradotto, significa che ci siamo trovati davanti a campioni con una precisa identità e ciò non può che rallegrarci.
Questo compreso.
Buona la prima, quindi, e avanti così.
Sede a Montemarano, Contrada Iampenne. Tel.0827.63557. www.ilcancelliere.it nadia.romano@ilcancelliere.it Enologo: Antonio Di Gruttola. Bottiglie prodotte: 8.000. Ettari: 12 di proprietà. Vitigni: aglianico.
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