Tutti i segreti di Cicerale nella tradizione del Cilento in 200 ricette
190 pp, 10 euro
I ceci sono un legume fondamentale nella dieta del Centro-Sud: quelli di Cicerale hanno un’antica tradizione, da cui hanno origine persino il nome del paese e lo stemma municipale. Una tradizione regolata anche da un disciplinare comunale di produzione rigido emanato dall’allora sindaco Domenico Corrente e dall’ex assessore Gerardo Antelmo, che ha dato i suoi risultati sia qualitativi che commerciali valorizzando il lavoro dei campi e ristorando con il giusto reddito la fatica nei campi e il rischio. Tra le altre cose, ad esempio, non è consentito irrigare il terreno. I ceci di Cicerali sono piccoli, molto simili alle cicerchie, e sono utilizzati dall’antipasto al dolce nella tradizione, perché in grado di regalare le proteine necessarie ai contadini. Oggi sono le proteine moderne, a basso impatto ambientale, anima della dieta mediterranea.
Giovanna Voria è una delle interpreti di questa tradizione, arricchita dalla sua creatività e dall’esperienza accumulata sul campo perché gestisce da dieci anni uno degli agriturismi migliori nel Parco del Cilento, Corbella. Qui la cucina cilentana è esaltata dalla ricerca dei prodotti e dallo studio sui sapori. In oltre 200 ricette, Giovanna Voria presenta questa tradizione con un ricettario facile e pratico, da ripetere, volendo anche a casa. E’ la prima volta che un professionista cilentano scrive un libro mettendosi in gioco. Un rischio e una fatica ben ripagate dal volumetto delle Edizioni dell’Ippogrifo. Un nuovo piccolo tassello allo straordinario lavoro di ricognizione sul territorio di un piccolo editore che, passo dopo passo, si è imposto sul mercato.
Il volume ha la prefazione di Luciano Pignataro ed è arricchito dai testi di Domenico Corrente e Gerardo Antelmo, oggi giornalista esperto di Enogastronomia.
Il libro è reperibile in libreria. Oppure telefonando al 347.0503455 o scrivendo a info@edizionidellippogrifo.it
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Ecco la prefazione che ho scritto per l’amica Giovanna. Le sue ricette sono lo spunto per una riflessione sull’attuale momento dell’agroalimentare nel Cilento e nel Mezzogiorno
La nuova modernità
Questo non è solo un libro di ricette, è soprattutto un presidio di cultura rurale. La sua autrice è infatti esempio concreto, personalizzazione di nuova modernità, tanto più straordinario perché esercita la sua missione in una terra davvero difficile, dove per molti anni recuperare la tradizione e conservarla ha significato impegnarsi in controtendenza, costruire un modello cioé rigettato dalla maggioranza della popolazione che dopo secoli di sudore, fame e di pietra anelava a posti impiegatizi, cibi industriali e cemento. Ricordiamo, giusto a titolo di cronaca, quanto sia stato difficile far passare il concetto del Parco come strumento di sviluppo nel Cilento e non come impedimento al libero arbitrio. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, ché quei mondi con l’ambiente tutelato hanno maturato grande vantaggio rispetto a tutti gli altri, così adesso c’è la corsa ad entrarvi.
Il recupero della cultura gastronomica non è stato facile, nelle case si disperdeva perché le abitudini comunque cambiavano, la ristorazione pubblica per molto tempo ha invece inseguito un modello turistico omologante ancora peggiore, se possibile, di quello proposto in città. Poi, lento pede, fuochi di umano intelletto si sono accesi qui e là, anche grazie alla tenacia di chi ha resistito nonostante tutto, sino a diventare movimento consapevole di una nuova modernità.
Ma cosa dobbiamo intendere con questa espressione? Un concetto, a mio giudizio, molto semplice: vivere e produrre in campagna nel nuovo millennio non è più assolutamente una posizione di svantaggio. Anzi, con l’aria, l’acqua, il verde e lo spazio ad ampia disponibilità, è diventato un bonus commerciale di inestimabile valore nel momento in cui nelle aree metropolitane la qualità della vita si è notevolmente abbassata e con le possibilità di collegamento al resto del mondo offerte da internet.
La nuova modernità, di cui la nostra Giovanna è una delle grandi protagoniste al Sud, non insegue le mode, le crea restando agganciati alla propria tradizione tenendo conto però del nuovo mercato, della nuova domanda. In una parola, non solo la riproposizione nuda e cruda del passato rurale, ma il suo aggiornamento attraverso la sapiente rilettura del suo genius loci usando la globalizzazione come un tappeto volante su cui piazzare i propri valori, le proprie radici. L’esempio più evidente è il vino: nuove tecniche di vinificazione, occhio a quanto accade nel resto del mondo, ma al tempo stesso aggancio forte al territorio con la scelta delle uve, la fedeltà ad uno stile, capace di interpretare la terra in modo tale da farla capire non solo a chi ci è sempre vissuto, ma anche, e soprattutto, all’ospite, al viaggiatore, al gourmet. Ecco dunque la vera difficoltà di chi è impegnato nella filiera agroalimentare: restare ancorati alla tradizione e al tempo stesso determinare una capacità di coinvolgimento altrimenti prima inesistente, proprio come erano prima i fetidi bicchieri acetosi del contadino. La vera tipicità di qualcosa si misura, in realtà, con la sua capacità di essere esportata e compresa fuori dal territorio in cui nasce senza per questo perdere i suoi connotati.
Le ricette di Giovanna, la sua scelta di fare agriturismo di qualità anziché il consueto mordi e fuggi del week end, sono una chiara dimostrazione di come si debba lavorare: lei ha appreso la consuetudine con le diverse tecniche di preparazione dalla mamma cogliendone in tal modo lo spirito autentico, ossia il giusto rapporto fra la necessità di un cibo e le calorie da spendere per lavorare e sopravvivere in determinate condizioni sociali e climatiche. Poi ha studiato, sperimentato e, dunque, anche inventato anno dopo anno, creato tradizione da tradizione, non solo nelle presentazioni dei piatti, ma anche nelle tecniche di cottura e nella elaborazione concettuale delle ricette innovative. Questa è, appunto, la nuova modernità rurale, la capacità di stupire l’interlocutore con la forza dei prodotti, la solidità del passato millenario, la modernità del servizio e del rapporto con la clientela.
Un altro aspetto da sottolineare per configurare il concetto di nuova modernità rurale è quello della capacità di fare filiera, essere parte di un tutto, non parlare male di chi fa lo stesso lavoro al primo che passa, sostenere la qualità ovunque essa si manifesti del territorio in cui si lavora. L’esempio francese, e poi toscano e altoatesino in Italia, è lampante da questo punto di vista, ché per essere competitivi non si deve più vendere esclusivamente la propria manualità, ma anche quella degli altri in contemporanea perché il vicino non è più un concorrente nel mondo globale, bensì un prezioso alleato. Se Giovanna fosse rimasta unica come punto di eccellenza nel Cilento non avrebbe potuto sviluppare la forza d’impatto di cui adesso è capace, perchè il turista gourmet va di qui e poi di là, assaggia questo e poi quello, gira, annusa, fa la comparazione, matura preferenze e le fa circolare tanto che alla fine stastisticamente è l’insieme del suo complesso ad uscire. Questo concetto, elementare, si scontra con ataviche diffidenze e immaturità commerciali, ma alla fine sta emergendo nonostante ci siano ancora persone della filiera alimentare legate al greve passato di pettegolezzi e maldicenze. Li riconoscete subito: sono soli, isolati, non sono mai allegri e sopratutto non trasmettono sorrisi, non parlano del territorio e di chi ci lavora ma esclusivamente di se stessi e delle loro inutili gesta. Ma soprattutto non lasciano eredi perchè non hanno fiducia nel prossimo.
Giovanna invece è solare, perché sicura del suo fare, soddisfatta di essere parte del tutto, una sorta di ambasciatrice del gusto e, soprattutto, del sapere vivere. Per verificare questa affermazione avete due possibilità: o provare queste ricette oppure, meglio, andarla a trovare nell’agriturismo di Corbella, nel cuore selvaggio della natura cilentana così lontano e così vicino ai templi di Paestum e al mare di Ulisse.
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