di Luciano Pignataro
Tutto parte da via dei Tribunali, una strada adesso popolata da turisti, ricca di vita e di storia dove in ogni angolo c’è qualcosa che affascina e trattiene. All’epoca, nella prima metà degli anni ‘90, quando Gino, oggi 42 anni, iniziò a lavorare lì con il padre Salvatore era ben diversa. C’era un’aria difficile e ci voleva coraggio a praticare il proprio lavoro con serenità.
Pizza dopo pizza, Gino ha portato avanti la tradizione di famiglia che aveva come riferimento la leggendaria zia Esterina madre di 21 figli. Una gavetta dura, difficile, fatta spesso di episodi che non è piacevole neanche ricordare.
Poi dopo una decina d’anni, questo percorso inizia ad essere illuminato. Le sue pizze a ruota di carro piacciono sempre di più, studenti e professori fanno la fila per stare davanti alla sua pizzeria e, finalmente, nel 2006 arriva il fratello Toto, allora ventenne, a fargli da spalla. Gino ha dalla sua il carattere disponibile, sempre positivo anche se volte c’è un velo di malinconia in qualche frase, in qualche sguardo, in qualche carezza. Positivo perché impegnato nel fare, nel costruire ed è su Facebook che inizia a farsi largo proprio diventando un simbolo per tutti. Riesce a dare dignità alla margherita, i ragazzi sono entusiasti per questo modo spontaneo di comunicare che sentono loro. Il suo nome inizia ad essere il simbolo, in una fascia di critici, del riscatto della pizza napoletana.
Poi il salto, in televisione, con le aperture sul lungomare, e solo Dio sa quanti anni luce sono distanti via dei Tribunali e via Partenope. Il rilancio della pizza fritta, della pizza a portafoglio. E ancora a Milano, dove adesso ci sono tre locali e infine New York: il cuore batte sempre a via dei Tribunali, intanto allargata e abbellita, e le aperture sono possibili perché c’è chi crede in lui.
Gino e Toto, Toto e Gino: è questa la loro pizzeria che arriva seconda nella classifica 50 Top Pizza. Un impegno spesso nel sociale, nelle battaglie per l’impegno civile, ma anche un istintivo modo di sentirsi subito a suo agio. Ma i suoi grandi amici sono in realtà due, Lello Esposito che vive come lui via dei Tribunali e Mario Avallone della Stanza del Gusto. Sono loro che gli hanno dato la sicurezza psicologica, quella che solo un fratello maggiore ti può dare.
Oggi Gino lancia qualche allarme: «Prima c’era gente che stava alla cassa e si vergognava di mettersi vicino al forno. Adesso indossa la casacca e si crede pizzaiolo. Ma sbagliava prima e sbaglia adesso». «I giovani vanno molto di fretta, a volte pensano che per noi sia stato facile, ma non è così. Io ho fatto gavetta e anche se ho portato tante idee non mi sono mai sentito superiore a chi mi ha preceduto. Anzi, gli sono grato perché se non ci fossero stati loro non sarebbe successo niente. Io spero che i giovani, bravissimi, che oggi si affacciano a questo rispetto, lo devono anzitutto a se stessi perché chi rinnega il passato non ha futuro. Più pala e meno cellulare. Noi a Napoli siamo forti perchè nessuno ha il nostro passato».
Gino Sorbillo passa tutta la giornata a lavorare. Quando è libero ama andare a Positano con la famiglia, questa è la sua ricchezza alla quale non rinuncerebbe per nulla al mondo.
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