Non ci occupiamo di politica. O, meglio, ce ne occupiamo nella misura in cui non riguarda i partiti. Siamo in quel numero sempre crescente di italiani che non si sente rappresentato da nessun gruppo e tanto meno nel Parlamento dei nominati.
Sarà per questo che sottolineamo l’iniziativa di Gino Sorbillo di partecipare alle primarie del Pd napoletano per farla conoscere in tutta Italia.
Fino agli anni ’60 la politica era prerogativa di chi aveva già un mestiere, in genere dominavano le professioni liberali. Poi è stata, lentamente e inesorabilmente, occupata da chi cercava una occupazione; infine è diventato il principale mezzo italiano di mobilità sociale per fare soldi, rubare impuniti, andare a puttane, accordarsi con la malavita organizzata, sistemare i parenti.
C’è una nemesi nel fatto che a Napoli, mentre le professioni liberali abbandonano la politica, ad occuparsene sia un pizzaiolo, anzi, il pizzajuolo. Si, una delle categorie da sempre considerate, come ha scritto Antonio Mattozzi nel suo libro, in fondo alla gerarchia sociale della società napoletana, la più classista d’Italia perché non si basa solo sulla ricchezza ma ancora sulla nascita per pesare un individuo.
Però, se un attore scadente è diventato presidente degli Stati Uniti perché un bravo pizzaiolo, l’arte più nobile e antica della città che la caratterizza in tutto il mondo, non può ambire ad esprimere una dimensione politica?
Gino sa fare le pizze, possiede quella manualità straordinaria sconosciuta ora ai suoi coetanei, prima di tuffarsi in questa avventura ha passato ore e ore davanti al forno a sudare e infornare. Da quando era piccolo. Ha un mestiere e un’attività ben avviata. Insieme ad Enzo Coccia sta facendo fare per la prima volta un salto a questa professione dopo decenni di fermo. Sarà presenta a Identità Golose come relatore
Attorno a lui c’è stata l’adesione, speriamo convinta, della Napoli migliore, quella che si è imposta al mondo per la finezza e la qualità del proprio artigianato in tutti i campi. Tutti quelli che producono roba buona ebella sono con lui.
La Napoli mortificata da un ceto politico che ha considerato lo scandalo della spazzatura come un complotto ordito ai propri danni, incapace di gestire i cantieri eterni della città dove per asfaltare sei chilometri di via Marina occorrono sei anni e con i parcheggiatori abusivi che strozzano il traffico indipendentemente se la carreggiata è occupata o meno dagli operai.
Una Napoli che nel 1992 pensava di aver scelto il cambiamento e che invece ha sofferto tanto, tantissimo, per la palese incapacità di un ceto a governare, direi per la rinuncia a governare il territorio, ormai in preda a bande e corporazioni. Una città dove un parcheggio che apre è capace di imporre l’inversione di un senso di marcia e paralizzare per giorni le strade come mai prima era accaduto.
Dove, sempre a via Marina, si vedono scene di degrado umano che neanche in Yemen ho vissuto.
Gino rappresenta la voglia di riscatto, quel vitalismo a cui Napoli è sempre stata capace di attingere nei suoi momenti più tristi e difficili e che la stacca dalla depressione generale in cui è piombata l’Italia dopo il Ventennio berlusconiano.
Gino esprime una categoria che non si rassegna ad abbandonare la città di una bellezza sconvolgente alle orde senza legge e senza futuro.
Ed è questa la grandezza di Napoli, la capacità di tenere accesa una candela anche quando tutto è buio.
I suoi competitor sono consci della novità, amano farsi fotografare con lui e uno ha già dichiarato di essere pronto a farlo entrare in squadra in cambio dell’appoggio.
Come sarebbe bello se l’agroalimentare italiano riuscisse a darsi uno strumento politico senza delegarlo a ministri che addentano McItaly.
A me piacerebbe uno scontro finale sinistra/destra tra Gino Sorbillo e Maurizio Marinella. Due persone che se non venissero elette potrebbero tornare tranquillamente al lavoro. Il proprio.
E che per questo sanno cosa serve a chi lavora e produce in questa città e come farla tornare grande meta turistica e di viaggio.
Comunque vada, è stato un bel segnale.
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