Per gli appassionati e gli esperti di vino è un mito anche se il grande pubblico generalista non lo conosce ancora. Ma L’Es, il Primitivo di Gianfranco Fino, è stato l’unico grande vino evento sul piano mediatico che la Puglia ha espresso dopo gli straordinari rossi di Severino Garofano. Vini cioé che “spaccano” nell’immaginario collettivo, escono fuori dai riti degli addetti ai lavori. Una storia intensa e straordinaria, tipica della generazione dei baby boomers, fatta di entusiasmo e ottimismo nel futuro. Condito dall’amore per la moglie Simona, compagna di vita e di progetto.
Gianfranco ma davvero dovevi diventare un ufficiale della Marina?
«Sono nato a Taranto nel 1964, mio padre Vito, funzionario ministeriale, mi iscrisse al liceo Morosini di Venezia con l’obiettivo di farmi fare l’Acccademia a Livorno. Ma io sin da ragazzo avevo una forte passione per il vino e la viticoltura, forse perché proprio con papà accompagnavamo mio cugino alla scuola di Locorotondo. A 13 anni ho avuto il via libera per fare la scuola di Enologia a Locorotondo».
E tuo padre come l’ha presa?
«Mi ha assecondato e gli sono grato. Mi diede da condurre un piccolo terreno di alberello».
Quali sono i tuoi primi ricordi?
«Non erano anni facili, ho terminato gli studi nel 1984, due anni dopo ci fu la tragedia del metanolo e nessuno più assumeva. Iniziai ad esercitare la professione di perito agrario. Credo che sia molto importante per chi fa il vino partire da questa formazione, non lo dico per un vezzo, ma perché davvero aiuta. Studiai a Potenza e iniziai a seguire l’olivicoltura, abbandonando di fatto la vite».
Poi l’incontro con Veronelli. Come è avvenuto?
«In modo del tutto fortuito: gli feci una telefonata perché nella sua guida sugli oli non aveva messo neanche un’azienda di Taranto. Lui mi ascoltò, poi lo conobbi al Sol perché seguivo il settore per conto della Provincia. Gli piacqui e di fatto ho lavorato al suo disciplinare per la produzione dell’olio secondo Veronelli facendo il capo panel nel Metapontino dove si assaggiavano gli oli della sua guida. Una esperienza bellissima e formativa. Per un periodo sono stato anche produttore, ma mi dimisi dalla società prorpio per continuare a lavorare con Gino. Oggi questa cosa può sembrare incredibile, ma a quei tempi l’incompatibilità contava qualcosa».
Poi il passaggio al vino.
«Fu proprio Veronelli a spingermi. Mi disse perchè non torni al vino? Acquistai un ettaro e mezzo dove nasce l’Es nel 2003 e nel 2004 produssi ed etichettai per la prima volta insieme a Simona. A 40 anni tornai a studiare enologia, visitati i migliori produttori dell’epoca, da Dal Forno ai langaioli, oltre naturalmente i borgognoni. Oggi abbiamo dieci ettari per il Primitivo Es, dieci dal 2010 per il Se e uno per il negroamaro Yo. E siamo pronti per il progetto di cantina».
Già, Simona per il mondo del vino è la signora dell’Es. Come vi siete conosciuti?
«L’altra mia passione della vita è la vela. Facevo l’istruttore e Simona era la mia allieva. Ci siamo conosciuti nel nuovo millennio, nel 2000 e da quel momento abbiamo costruito tutti insieme».
L’Es ha avuto un successo impressionante, è diventato la bandiera della Puglia. Quando hai avuto la percezione che avevi fatto centro?
«Quasi subito. Andai al Leoncavallo per partecipare alla Terra Trema e Gigi Brozzoni subito disse che il vino gli era piaciuto. Purtroppo Gino non ha avuto il tempo di provarlo».
Tu e Simona siete di fatto stati traghettati dalle guide cartacee a internet. Uno dei rari casi in cui il successo nato nella critica tradizionale è stato poi ben accolto anche in rete.
«Nel primo decennio le guide contavano ancora molto. E oggi restano importanti, anche se il loro peso tende a diminuire. Il web è sicuramente più veloce e immediato».
Il tuo Es è un vino dalla personalità impressionante, longevo, potente, fresco. Qual è la tua idea di vino?
«Quando ho cominciato si produceva tantissimo Primitivo, avevo l’esigenza di fare qualcosa di diverso, di più caratterizzato. Dunque subito il biologico, con coerenza, accontentarsi delle basse rese, difendere l’alberello. Da due anni siamo biodinamici. Quanto alle tecniche, dipende dal progetto e dal vitigno».
Quanto tu devi al Primitivo e quanto il Primitivo deve a te?
«Prima di me è già stato fatto tanto lavoro. Io ho solo dato il mio contributo, mi farebbe solo piacere che il numero di artigiani del vino crescesse anche in questo areale così bello per lasciare a chi viene dopo la vera ricchezza: la biodiversità in un mondo sempre più omologato».
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