di Alessandro Marra
Cinquant’anni (quasi) di età, romano, papà campano e mamma scaligera, Gian Luca Mazzella è arrivato al vino giovanissimo: «un amico collezionista mi lasciò più di duemila bottiglie di fine wine, è iniziato tutto così». Teologo di formazione – come rivelano sia il motto aziendale “debet in spe qui arat arare” sia il nome scelto per l’unica etichetta –, Gian Luca è stato anche una penna ispirata de Il Fatto Quotidiano e per altre riviste internazionali, soprattutto consulente enologico per importanti realtà vinicole in Langa e a Montalcino, oltre che in Borgogna, Austria e Germania.
Sorprende anche per questo la decisione di avviare un suo personale progetto enologico in un territorio diverso da quelli a lungo frequentati e ben più blasonati. «Sono arrivato a Paternopoli nel 2019, complice il richiamo delle radici. Mi sento a casa qui, e poi questo è un luogo davvero straordinario». Un’affermazione fondata su dati incontrovertibili: «i nostri vini hanno pH e acidità oggi quasi impensabili altrove se non in regioni come la Nahe» (terra di grandi Riesling, nda).
L’esperienza irpina segna dunque un cambiamento importante nella vita di Gian Luca: «sono schiavo (in senso buono, nda) di un territorio come non lo sono mai stato prima. Sono convinto si possa fare altissima qualità, ma a patto di avere una visione e non scendere a compromessi rispetto alle scelte colturali ed enologiche.
E poi ci vuole una buona dose di follia: è ciò che ho imparato dalle grandi persone del vino che ho incrociato lungo il mio cammino».
Circa 6 ettari, tutti a Paternopoli, tra le contrade Pian del Bosco (dove sorge la cantina), Graffure, San Quirico e Mattine (è qui che si trova l’unico appezzamento esposto ad est), su terreni prevalentemente argillo-calcarei e rocciosi, talvolta con inserti tufacei, una matrice che conferisce alle uve una marcata sapidità. La conduzione agronomica guarda innanzitutto alla salute del suolo: l’inerbimento è permanente, di inverno si muove superficialmente il terreno sulla linea di passaggio dei trattoriper scongiurarne il compattamento. Si evitano le cimature e i tralci vengono arrotolati al fine di raggiungere una piena maturazione fenolica senza eccessivo accumulo di zuccheri; più in generale si ricerca il giusto equilibrio vegeto-produttivo, con rese bassissime e vendemmia estremamente ritardata per avere bucce perfettamente mature.
Taurasi, andare oltre per non restare una promessa mancata
Il Taurasi di Gian Luca è un vino tridimensionale: combina densità e struttura con finezza e tensione acido-sapida. Una lettura dell’aglianico, fondata su un’idea enologica che si spinge fino al limite, perché «non può esserci una grande vino senza prendersi qualche rischio». In questo senso vanno lette scelte audaci come la cernita manuale dei chicchi che non vengono pigiati per la fermentazione (se non tardivamente e soltanto in modo leggerissimo dopo la svinatura), oppure la lunghissimamacerazione a cappello sommerso (addirittura fino a 4 mesi), o ancora la non aggiunta di solfiti fino alla svolgimento della malolattica (che avviene spontaneamente nell’agosto successivo).
Appena 3.151 bottiglie per il Taurasi Riserva Paterico 2019, venduto en primeur e per lo più all’estero (a scaffale intorno ai 350 euro). Il millesimo d’esordio esprime classe, rigore e austerità; la bocca ha personalità e incisività, e pur avendo un certo peso si muove con leggiadria. Una caratteristica che – insieme alla sapidità e al tannino presente ma levigato – è propria anche degli altri due millesimi assaggiatiin anteprima, a partire dal 2020 (il più ricco in fatto di estratto) chemostra ottima presa al palato, un’insolita speziatura di paprika e un inconfondibile timbro mediterraneo. Il 2021, invece, sembra essere la sintesi di un pensiero rivolto alla sempre più nitida esaltazione del frutto, che si affaccia accogliente in un quadro di freschezza balsamica: ne risulta un vino, se possibile, ancor più misurato e approcciabile.
Il futuro ci dirà di più, ma non c’è dubbio che il Taurasi – e un Taurasi così poi – possa stare a tavola coi grandissimi.