di Cosimo Torlo
Ma in fondo cosa ne sappiamo dell’Alto Adige, non mi riferisco in questo caso alle vicende politiche e sociali che l’anno portato nel 1919 a far parte dell’allora Regno d’Italia, che suppongo e mi auguro avete studiato a scuola, mi riferisco all’Alto Adige come entità vitivinicola. Una realtà molto piccola in rapporto ad altri territori, ma importante per le varietà che esprime e per la sua meravigliosa realtà.
Sono stato diverse volte in vacanza d’estate da quelle parti, metà anni ’90, avevo trovato un Maso a gestione familiare molto rustico, colazione praticamente all’alba con il latte appena munto, yogurt fatto in casa così come il pane, le torte, la marmellata. Cena alla 18.30, alle 20.30 si spegneva la luce e tutti a nanna, gli orari dei proprietari che erano legati alla loro attività nei campi e nella gestione degli animali. Ma in fondo anche dei nostri visto che ogni giorno le camminate per i magnifici sentieri ci stancavano non poco. Una volta andammo a trascorrere lì la Pasqua, il martedì mattina dovevamo partite per tornare a casa, ci svegliammo nel silenzio più assoluto, con la sorpresa di trovare oltre mezzo metro di neve all’esterno. Bellissimo anche se decisamente complicato nel muoverci.
Non è quella zona di vigneti, ma comunque ci abbeverammo dei buoni vini di quella regione comprandoli in giro o consumandoli negli ottimi ristoranti di cui è ricca qualla zona. Dopo con l’inizio della mia attività giornalistica ho approfondito le peculiarità e le quartettistiche principali della regione, i valori che ispirano quel territorio. Che potrei sintetizzare in una parola, coesione sociale. In Alto Adige più di 5.000 vignaioli incarnano, con le proprie famiglie, il cuore della viticoltura da generazioni fianco a fianco, in uno spirito di collaborazione e creatività condivisa. Una comunità coesa, che però lascia spazio ai tratti individuali, favorendo la varietà nell’unità.
Ma ecco alcuni dati, 5.500 gli ettari vitati, 40 milioni le bottiglie prodotte di queste il 70% proviene dalle cantine dei produttori gestite in forma Cooperativa, il 25% dalle Tenute e il 5% dalle aziende dei “Vignaioli indipendenti dell’Alto Agide. Il dato della cooperazione è impressionante, per il numero e per la qualità eccelsa della propria produzione. Il 62% è composta da vini bianchi, il restante rosso, il dato dei bianchi è da oramai una decina di anni in crescita.
Molte sarebbero le date significative da citare del loro percorso, ma una la trovo particolarmente significativa, ed è la scelta nel lontano 1872 di creare una scuola per la formazione, la ricerca e la formazione, l’importante Istituto agrario di San Michele all’Adige sul modello di quello già esistente allora a Klosterneuburg, alle porte di Vienna. Oltre a formare i giovani aspiranti viticoltori, l’Istituto di San Michele favorì l’introduzione di nuove varietà, come i vitigni bordolesi rossi, il Sauvignon Blanc e il Moscato Rosa. A quel periodo risale anche l’introduzione del Riesling Italico, che però più tardi fu abbandonato. L’assortimento varietale che oggi si coltiva in Val d’Isarco, imperniato sui vitigni Sylvaner, Traminer e Veltliner, si deve proprio alle indicazioni fornite nel 1881 dall’allora direttore dell’Istituto Edmund Mach. Tutte tipologie che sono, insieme ad altre il vanto e la peculiarità del vitigno altoatesino.
Altra data importante per i tempi recenti è il 1980, quando i vini della regione hanno imboccato una fase di profondo rilancio che non si è mai arrestata e che prosegue ancora oggi sotto la Guida del Consorzio, e il merito va a una serie di vignaioli animati da grande coraggio e lungimiranza, che scelsero con coerenza la strategia dell’innovazione qualitativa: la vinificazione delle uve per vigneto, la riduzione drastica delle rese e l’adozione di tecniche e metodologie d’avanguardia che produssero un salto di qualità sorprendente.
Nei giorni scorsi ho partecipato ad una degustazione promossa dal Consorzio dedicata ad uno dei loro vini più significativi, il Gewurztraminer, il loro grande vino aromatico che deve il proprio nome al villaggio vinicolo altoatesino di Termeno e proprio in Alto Adige ha una sua precisa cifra stilistica: elegante, pulito, fresco. Da ricordare inoltre che il Gewürztraminer è alla base della maggior parte dei vini dolci più importanti della zona. Insieme ad altri colleghi hanno partecipato Eduard Bernhart direttore del Consorzio, Gottfried Pollinger della cantina Nals Margreid, e Wolfgang Klotz della cantina Traminer, il tutto coadiuvato da Anna Barbon e Eros Taboni in qualità di relatore.
Sei etichette tra le più significative della denominazione, un interessante degustazione che mi ha permesso di riavvicinarmi ad un vino che ho colpevolmente trascurato nel corso degli ultimi anni. Ammetto che questo è avvenuto per una ragione, il trovare sulla mia strada dei Gewürztraminer troppo aromatici, una scelta di mercato che sul finire degli anni ’90 e nel 2000 ha caratterizzato il suo gusto. Dai campioni presenti alla degustazione non ho ritrovato quelle caratteristiche, ma vini ognuno di loro con una sua spiccata personalità. La sua peculiarità è ovviamente quella di un vino che si presenta con le sue note e spiccate note di rosa, litchi, note speziate e una mineralità che va a braccetto con la freschezza. Un vino elegante, che a volte può sembrare altezzoso, ma che si gode particolarmente se associato a piatti della più schietta tradizione della cucina araba e indiana.
Il giorno dopo la degustazione li ho riassaggiati per un ulteriore test, e la mia scelta ha premiato un vino su tutti, ma devo ammettere che le distanze sono davvero sottili, frutto in particolare dei diversi stili di vinificazione, diversi caratteri ma tutti assolutamente caratterizzati dallo stile unico della viticoltura di quella splendida realtà vitivinicola del nostro paese, che pur con il suo 1% della produzione italiana si conferma come un punto di riferimento qualitativo per tutto l’intero paese.
Il vino tra i sei che mi ha più impressionato per la sua bontà, personalità e piacere nella beva è stato l’Alto Adige Gewürztraminer 2019 Kleinstein 2019 della Cantina Bolzano, un tre Ghiottoni pieno, completo in tutte le sue vari componenti.
Al secondo posto, con due Ghiottoni a pari merito l’Alto Adige Gewürztraminer Nussbaurner 2019 della Cantina Tramin e L’Alto Adige Gewürztraminer Lyra 2019 di Nals Margreid.
Con un Ghiottone le altre tre cantina, l’Alto Adige Valle Isarco Gewürztraminer 2019 Strasserhof, Alto Adige Gewürztraminer am Sand 2018 Tenuta Alois Lageder, l’Alto Adige Gewürztraminer Vigna Kolbernhof 2018 Tenuta J. Hofstatter.
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