REALE
Uva: piedirosso e tintore
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Accidenti alla loro ostentata e sciovinistica grandeur, anche qui, purtroppo, sembra che i francesi siano arrivati prima di tutti. Si racconta, infatti, che in Francia tantissimi anni fa i contadini che andavano a lavorare nei campi avevano bisogno del vino per sostenersi. Non quello bianco, perché scarsamente energetico, non quello rosso, perché faceva girare subito la testa.
Allora qualcuno, per curiosità o necessità, aveva tolto un po’ di vino da una botte, dove aveva iniziato da poco a fermentare un mosto rosso con tutto l’esocarpo. Questi, dopo averne scrutato il color buccia di cipolla, l’aveva trovato perfetto per lo scopo: non molto corposo, ma piacevole e decisamente più intenso di un vino bianco. Era proprio quello che ci voleva per riprendersi dal lavoro nei campi, durante le soste. Così, pare, sia nato il rosato, pardon il rosé! D’altra parte, a distanza di molti anni, ancora adesso i migliori sono prodotti proprio in Francia, particolarmente nel Bordolese (i famosi clairet), nel Rodano, nella Loira, nella Linguadoca, nella Champagne e, soprattutto nella Provenza.
E in Italia? Si dice che il rosato sia nato sulle sponde del Garda bresciano a metà dell’Ottocento con il Chiaretto, ad opera del senatore Pompeo Momenti, che applicò nella tenuta agricola della moglie la tecnica di vinificazione in rosa, che aveva visto fare nelle cantine francesi, dove spesso si recava. E da allora anche noi siamo riusciti a produrre ottimi vini rosati, in quasi tutte le regioni italiane e con vitigni diversi. Tanto è vero che a Cannes, dove ogni anno si tiene una rassegna internazionale proprio di questa tipologia di vini denominata “Le mondial du rosé”, quelli italiani ottengono sempre ottimi risultati.
Il vino rosato, quindi, è sempre ben gradito, soprattutto in estate per la sua fresca verve, la sua bella veste cromatica e il suo poliedrico abbinamento. In Campania ultimamente c’è stata una riscoperta di questa tipologia di vino, in modo particolare nella divina Costiera Amalfitana, dove già dagli anni ’60 ci fu un suo rilancio. Ed è proprio qui che voglio soffermarmi, in questo territorio “diverso”, dove si è sospesi tra il turchese del mare e l’azzurro del cielo. Una magica terra verticale di paesi che gravitano tra roccia e mare, insenature segrete e arditi terrazzamenti. Saliamo lungo dolci crinali punteggiati di borghi, casali e campanili. Arriviamo, poi, nell’abbraccio di Tramonti, in un paesaggio boschivo, con morbide cime, greggi e ulivi circondati da ondeggianti e precipiti vigneti. Siamo arrivati finalmente nel borgo di Gete a 500 metri sul mare, in un environment continuamente battuto dal vento, che dalle gole di Tramonti spira da terra verso il mare e viceversa. Una suggestiva chiesa rupestre del XIII secolo fa da sfondo all’Azienda Agricola Reale e ai suoi pergolati di uva, che con generosa forza e caparbietà vi fioriscono dal 1920. Qui si possono degustare vini dal profumo intenso e dall’aroma persistente, appagati dai buoni sapori della cucina locale, accolti in serene ed ospitali camere con vista paradisiaca, per coronare il nostro viaggio nel Divino Piacere. I vitigni sono ancora a piedefranco, come in tutto il privilegiato territorio. Luigi Reale, detto Gigino, è una persona terragna (come direbbe un mio amico) e cocciuta che ha ricevuto il testimone dal padre Andrea e, prima con la collaborazione del dioscùro Bruno De Conciliis e poi del bravo enologo Fortunato Sebastiano, ha intrapreso un percorso difficile, ma affascinante di viticoltore biodiverso e “domatore di viti” in estremo. Eccellente produzione prettamente autoctona, con focus, per rimanere sempre in tema, sull’etichetta “Getis 2009 Rosato Colli di Salerno Igt”.
Ovviamente il nome di questo vino trae origine dalla contrada di Gete. E’ un uvaggio di 80% di Piedirosso e saldo di Tintore. I vitigni sono ottimamente esposti al sole ed interessati da un’escursione termica. Sono allevati col tradizionale sistema di “Pergola Tramontina” su un terreno franco argilloso di origine vulcanica. La vendemmia viene effettuata a metà ottobre. La fermentazione avviene in vasche d’acciaio termocondizionate, con macerazione di circa 12 ore. L’affinamento richiede quattro mesi tra acciaio e barili di rovere e tre mesi di elevazione in bottiglia. Il volume alcolico raggiunge i 13 gradi. Se ne producono appena 1.700 bottiglie l’anno.
Il colore risente della prolungata sosta del mosto a contatto con le bucce e, pertanto, ne viene fuori un cromatismo rosa chiaretto, con riflessi quasi purpurei. Lo potrei accostare ad un Lagrein Kretzer altoatesino, oppure a un classico rosé gardesano. Aromi intensi e gradevoli di rosa, salvia, lamponi, more, fragole, ciliegie e con spiccata nota vinosa. In bocca è caldo, vellutato, sapido, fresco, con ritorno fruttato e un ottimo finale persistente, di buona finezza e con chiusura quasi dolce. Per l’abbinamento, dicevamo prima della sua ecletticità e, quindi, se ne può fare largo uso. Pesce e carni bianche in primis; poi salumi, formaggi freschi, verdure cotte o saltate in padella. In ogni caso, va bevuto ben fresco intorno ai 10 gradi. Per la location e la compagnia, suggerisco di affittare una camera da Gigino ove portarci la nostra amata, con cui condividere questo pezzo di Paradiso. Non ve ne pentirete!
Questa scheda è di Enrico Malgi
Sede a Tramonti, frazione Gete, Via Cardamone, 75 – Tel. 089/856144- Fax 089/853232 – www.osteriareale.it – info@aziendaagricolareale.it – Enologo: Fortunato Sebastiano – Ettari di proprietà: 2 – Bottiglie prodotte: 10.000 – Vitigni: Tintore, Piedirosso, Biancazita, Biancatenera, Biancolella, Pepella.
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