di Stefano Tesi
Per una volta, anziché di vino, parliamo di produttori e del loro state of mind.
Mi riferisco a quelli della Doc Valdarno di Sopra che lo scorso 16 maggio, al Borro dei Ferragamo, hanno dedicato una giornata a se stessi per spiegare al mondo e alla stampa, italiana e non, chi sono, che fanno e in che direzione vogliono andare. Oltre che, ovviamente, per far loro assaggiare i vini.
E’ stata una conferenza istruttiva, perché ha inaugurato una sorta di modo nuovo di fare non solo comunicazione, ma anche politica vinicola. O addirittura marketing politico, calibrato su una gittata esplicitamente ultranazionale. Forse un po’ autoreferenziale, come ha osservato qualcuno? Ma chi è che non è autoreferenziale, diciamo pure aziendalista, nel modo del vino? E i valdarnesi lo sono stati in maniera brillante.
Le strategie consortili – questo in sintesi il messaggio mandato all’uditorio dal presidente Luca Sanjust e dal direttore Ettore Ciancico nel passare la parola a un nutrito parterre di critici, enologi, meteorologi, funzionari, assessori, deputati europei, professori universitari e rappresentanti di Federbio, Slow Food e d.o. Cava – si muovono su quattro binari convergenti e coordinati tra loro, per trasmettere un segnale di massima coesione: l’esaltazione dell’identità territoriale, l’unicità anche climatica del comprensorio, la scelta dell’unità di vigna, con relativa dicitura in etichetta come strumento di valorizzazione dello stesso e, infine, la scelta di un biologico a 360°. Nel senso cioè di obbligatorio per tutte le aziende, erga omnes.
Un punto, quest’ultimo, talmente centrale nel progetto da essere pienamente condiviso, appunto, anche dalle imprese non consorziate. Ma finora respinto dal ministero, che ha negato la modifica del disciplinare. Questione che ha dato adito anche a qualche polemica. Chiamata in causa, la funzionaria del Mipaaf Roberta Cafiero ha sottolineato come, a livello normativo, nonostante il favorevole precedente del Cava spagnolo, la strada non è facile: “Non perché non sia virtuosa l’idea, che condividiamo, ma perché la Denominazione di Origine è una denominazione di prodotto, mentre quella del biologico è una certificazione di metodo e metterle entrambe come condizioni obbligatorie non è normativamente semplice”, ha detto. Nell’attesa, c’è stallo. Ma proprio a rimarcare la determinazione dei produttori a proseguire su questo indirizzo è stato presentato il logo della nuova associazione “Produttori VigneBio Valdarno”, che riunisce tutti i vignaioli già in regime bio: “Uno strumento di ulteriore rafforzamento per il nostro messaggio – ha affermato Sanjust – che siamo convinti ci aiuterà ad inserire il biologico in disciplinare, come desiderato e richiesto da tutti”.
Non secondario però, tra i messaggi lanciati dal Consorzio, nemmenoquello di non introdurre in etichetta sottozone tipo MGA o UGA, ma la sola indicazione “Vigna” con riferimento alle migliori vigne aziendali selezionate in base a clima, esposizione e qualità delle uve. “Il consumatore sta cambiando ed è diverso ad esempio in Usa e Asia, ma la voglia di conoscere da quale vigna viene una certa bottiglia, soprattutto per i più evoluti e che cercano vini di alto valore, sta diventando sempre più importante”, ha affermato Jeffrey Porter, responsabile per l’Italia di “Wine Enthusiast”.
Sia chiaro: non tutte le argomentazioni espresse al Borro mi sono parse sempre condivisibili, ma sono suonate senza dubbio coerenti con una strategia organica e ben concepita. Orientata esplicitamente anche sul versante ampelografico, considerata l’asserzione, certo non casuale, che proprio il Valdarno di Sopra sarebbe la zona di eccellenza, una sorta di sezione aurea per la produzione del vitigno toscano per eccellenza, il Sangiovese.
Solo il tempo potrà dire se tanta determinazione sarà sufficiente a portare l’immagine del Consorzio al livello considerato, ma l’unità di intenti non è da sottovalutare.
Nelle more, parlano i vini. E la domanda sorge spontanea: sono loro che esprimono il territorio o è il territorio che esprime loro? Un quesito che gli assaggi delle etichette dei sedici produttori presenti in degustazione rende particolarmente vibrante.
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