di Carlo Macchi
Lo ammetto prima a me stesso e poi a voi tutti: quando mi presento a manifestazioni come Sicilia en Primeur mi sento come un dinosauro del vino (si dirà enosauro? Boh!) e mi rendo conto che il mio punto di vista, di assoluta retroguardia, mi porta a vedere le cose in maniera “antica” o forse sbagliata, non so.
Per questo non mi è facile parlare di una manifestazione come Sicilia en Primeur, in quanto oltre che enosauro sono anche responsabile di una guida vini con la conseguenza che, da maggio a novembre, i tempi miei e dei collaboratori di Winesurf sono dettati dagli assaggi per la guida.
Venire a Sicilia en primeur è come stare in ferie per cinque giorni, in meravigliose ferie aggiungo, ma siamo in un periodo in cui dobbiamo “produrre” assaggi e per assaggi intendo “da guida”, cioè seriali e alla cieca e in questi bellissimi cinque giorni di assaggi di quel tipo abbiamo potuto farne molto pochi
Se dovessi creare un format adatto a me e a pochi altri dinosauri del vino invertirei il programma, mettendo tre giornate di degustazioni bendate (del resto con quasi 300 vini da dover degustare “blind” è il tempo che ci vuole) , una di visite in cantina e una di incontro con i produttori (leggi banchini o, come si dice oggi, walk around tasting).
Ma capisco che Sicilia en Primeur nasce per presentare, partendo dal vino, la Sicilia a 360° con la sua storia, i suoi panorami, la sua gastronomia e la sua gente. Questo mix la rende inossidabile ed è giusto che continui così. I colleghi esteri devono godersi questo mix per riproporlo poi sulle loro testate e presentare con varie sfaccettature e punti di vista i vini siciliani e la SICILIA.
L’ho scritto in lettere maiuscole perché questa è una terra maiuscola, nel bene e nel male: la grandezza dei suoi monumenti, dei monumentali panorami, delle sue sempre più organizzate aziende viticole in qualche caso fa a cazzotti con le monumentali buche presenti in tante strade, che rendono il girare per quest’isola un’impresa che richiede tempo, attenzione e pazienza.
Poi arrivi in cantina, giri per le vigne, assaggi i vini e dimentichi tutto, perché l’ospitalità è calda, vera, sincera, in qualche caso indimenticabile: come quando degusti ai piedi del Tempio della Concordia ad Agrigento (dopo averlo visitato!) oppure giri per colline è vigneti che si estendono a perdita d’occhio interrotti solo da pochissime case e piante d’olivo. Ti senti dentro a storie e mondi molto più grandi di te e sono momenti che valgono qualsiasi viaggio. Questo è il valore impagabile di Sicilia en Primeur e lo capisce anche un dinosauro come me.
Ma veniamo “all’angolo del dinosauro” cioè ad un punto sugli assaggi fatti in questi giorni, bendati o alla cieca.
La prima cosa da dire è praticamente scontata e cioè che la media qualitativa si è indubbiamente molto elevata, più nei bianchi che nei rossi. Sarà merito della tanto vituperata DOC Sicilia? Difficile dirlo in due parole ma sicuramente una DOC che non viene lasciata a se stessa porta sempre benefici e sinergie importanti. Questo in Sicilia e in qualsiasi parte dello stivale.
Cresce il livello medio e forse per questo vengono a mancare, in parte, quei vini dove rimanevi sorpreso e ammirato. Questo, lo ripeto, accade più per i rossi che nei bianchi. Quest’ultimi, grazie soprattutto al catarratto e, per quanto riguarda l’Etna, al Carricante, mostrano delle potenzialità che per assurdo rischiano di spostare alcuni concetti radicati dei vini siciliani. Il primo è che i bianchi di questa terra meravigliosa vanno bevuti nell’anno o poco più, mentre oramai è chiaro che se vuoi apprezzare un bianco siciliano, delle Eolie o di Pantelleria, devi aspettare almeno un anno. Spostare in avanti il punto di fruizione di bianchi anche a base grillo e inzolia può creare problemi di vendita ma forse, da buon enosauro, vedo problemi dove molte cantine vedono possibilità. Sicuramente i migliori assaggi della mia Sicilia en Primeur sono tra i bianchi e anche scambiando pareri con colleghe e colleghi mooooooolto più giovani di me ho recepito buone sintonie in tal senso.
Tra i rossi si assiste ad uno sviluppo del nero d’avola verso una bevibilità non scontata, cioè non verso rossi rotondoni e piacioni ma puntando a equilibri (anche provando a tenere l’alcolicità sotto controllo) che in passato erano molto meno presenti. Questo per me è un gran passo avanti, almeno per questo vitigno, perché se ci mettiamo a parlare di uve come syrah il discorso cambia molto e ci porta verso vini dove l’alcolicità e la pienezza sono forse troppo evidenti. A questo punto mi viene da pensare che avere in casa un vitigno da secoli ti porta a capirlo meglio di quelli che sono arrivati da qualche decina d’anni.
A proposito di uve “locali” sono stato colpito dalla straordinaria e profonda piacevolezza di alcuni Frappato, che riescono a sviluppare anche profumi di rosa, impensabili in passato.
Ho lasciato volutamente da ultime due parole sulla zona che ormai passa quasi avanti al termine “Sicilia” cioè l’Etna. Qui mi permetto di rimandarvi ai nostri assaggi, che faremo anche grazie all’aiuto del Consorzio Etna DOC e alle conseguenti riflessioni che vi proporremo tra poco tempo (almeno per bianchi e rosati). Siamo comunque in un momento importante e il futuro di questo territorio si giocherà per me nei prossimi 3-5 anni. In questo periodo, se si capirà dove dover frenare (leggi prezzi e bottiglie pesanti) e dove andare avanti con molta calma (vedi nuovi impianti), si arriverà a renderlo veramente un unicum enoico invidiabile, che potrebbe anche essere un volano commerciale per tutta la Sicilia.
Pur se sono un enosauro ho gli occhi e quindi non mi è per niente sfuggita la difficoltà di organizzare un evento del genere. Per questo mi sembra giusto ringraziare Assovini Sicilia a nome di tutte le associazioni e Consorzi che hanno permesso la sua realizzazione e Just Sicily e Ab-Comunicazione per averla rese praticamente possibile.
A questo punto sono pronto per la prossima glaciazione.
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