di Andrea Petrini
La voglia di esserci è nata più di dieci anni fa, sull’Etna, circondati da un territorio unico al mondo e a quel tempo, forse, ancora poco inflazionato. Randazzo, nel versante nord del vulcano, ha una bellezza a cui non si può resistere, soprattutto ha un terroir dalle grandi potenzialità si vuole produrre vino nudo e crudo, senza sovrastrutture, assecondando la Natura nel bene e nel male.
Non potevano aspettare oltre Rori Parasiliti, sua moglie Cinzia Baraldi e la loro figlia Sandra, il momento per far partire il loro progetto di vita era arrivato e così, nel 2012, parte il progetto SRC Vini il cui acronimo, se lo si legge scandendo bene le consonanti, fa riferimento alle iniziali di Sandra, Rori e Cinzia, una famiglia del vino cha ha deciso di Esserci puntando, più che alla forma, alla sostanza dei vini del vulcano. Un’essenzialità ed un’anima contadina che si esprimono già nei 15 ettari di vigneti, dislocati in varie parcelle tra Randazzo, Castiglione di Sicilia e Milo, tra i 650 e i 1000 metri s.l.m., dove tutte le lavorazioni sono effettuate manualmente, al massimo due volte l’anno, trattando solo ed esclusivamente con elementi naturali come zolfo, farina di roccia e propoli.
Vecchie viti, allevate ad alberello e a spalliera, dove troviamo piante di nerello mascalese, grenache, carricante, coda di volpe, insolia e minnella contenuti da struggenti muretti a secco immersi in un contesto naturale ricco di biodiversità grazie alla presenza di oliveti, frutteti e macchia mediterranea.
Questo approccio “naturale” in vigna, ovviamente, lo ritroviamo anche in cantina dove Rori cerca di essere il meno interventista possibile grazie a fermentazioni spontanee, minimo uso di solforosa ed evitando processi di chiarifica, filtrazioni e travasi. “Less is more” potrebbe essere il motto di questa cantina che attualmente produce mediamente 30.000 bottigliesuddivise in otto etichette che, ognuna con le proprie peculiarità, restituiscono al degustatore l’anima ruvida e profonda di un terroir etneo al di fuori dalle classiche convenzioni enologiche.
Ultimamente a Roma, grazie ad Federico Latteri e Titti Casiello che hanno portato i nostri vignaioli in tour per l’Italia, ho potuto degustare tutta la produzione di SCR Vini tra cui uno splendido Etna Rosso 2020 che, a mio giudizio, per espressività e piacevolezza, ha superato le mie migliori aspettative.
Blend di nerello mascalese (90%) ed altre uve autoctone (10%) provenienti da un appezzamento di 4 ha sito a Castiglione di Sicilia (contrada Crasà), questo rosso dell’Etna, prodotto in circa 13.000 bottiglie si fa apprezzare per la sua gioviale immediatezza grazie ad una complessa unione di sensazioni di mammole, ciliegie, fragoline di bosco, ribes fuse a lievi cenni speziati che rendono il naso, ma soprattutto il sorso, un elogio alla freschezza e alla bevibilità grazie anche ad un tannino gentile e ad una sapidità travolgenteche spalancano la strada ad una bevibilità clamorosa che, almeno in questa versione, libera le briglie a questo Etna Doc rendendolo meno austero e più popolare.
Per descrivere le sensazioni che ho provato mi è venuta in mente una frase di Bruno Munari, uno dei massimi protagonisti dell’arte, del design e della grafica del XX secolo, che una volta ha detto:” complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.
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