di Carlo Macchi
So di arrivare buon ultimo e staccato, però ho le attenuanti generiche visto che Olevano Romano non mi resta proprio dietro casa.
Ma cosa c’è a Olevano Romano?
Ma come cosa c’è? C’è il sancta sanctorum del gusto, la sublimazione della trattoria, il nirvana del gastronomo, il valhalla della cucina territoriale, la trimurti del gusto, la mecca degli onnivori, ovvero Sora Maria e Arcangelo.
Volendo si può arrivare in ginocchio come i pellegrini a Fatima perché qui la cucina territoriale, quella dove la sostanza si coniuga con storia, intelligenza e maestria, tocca uno dei suoi punti massimi. Viste le mie giunture scricchiolanti ho preferito camminare, ma non vi nascondo che ho rischiato di venire via a quattro zampe e non ho preso nemmeno quello che viene definito (dai bravissimi ragazzi di sala) un menù “che presenta tutte le possibilità del locale”.
Locale che ho apprezzato all’esterno, in versione estiva, ma che ha spazi interni da ristorante di livello, con mobili austeri e accoglienti, salette ben apparecchiate, spazi ben calcolati e arredati che ti danno subito quel senso di tranquillità che bendispone verso il corposo menù.
Menù presentato da una brigata di sala ineccepibile e pensato e cucinato dalle sapienti mani di Giovanni Milana, nipote e attuale rappresentante di una beata genia di cuoche e cuochi che dal 1923 (anche se sull’insegna dicono dal 1950) ci allietano con piatti spesso indimenticabili.
E così una volta seduto al tavolo si inizia con il fiore di zucca farcito alla ricotta di pecora con panatura croccante per poi passare alla versione estiva della coda alla vaccinara, cioè la codina di vitello al cucchiaio. Per chi volesse partire subito con un ardito trittico proporrei anche l’hamburger di abbacchio romano IGP con pane ai tre cereali.
Tra i primi c’è l’imbarazzo della scelta, anche se dopo l’antipasto qualcuno può pensare di tirare i remi in barca perché le porzioni, pur se li preghi in ginocchio, sono come nella vecchia pubblicità del Parmigiano Reggiano, molto abbondanti.
Ma con tutta la calma del mondo, magari gustandosi un buon calice (bellissima carta dei vini, con scelte italiane e estere di alto livello) e prendendosi tutto il tempo che serve, potreste partire con lo spaghettone Verrigni cacio e pepe, fiori di zucca e tartufo scorsone dei Simbruini, per poi passare alle meravigliose pappardelle col ragù alla bifolca (ragù di carni bianche aromatizzato al ginepro e agli agrumi) che da sole valgono il viaggio. A questo punto potreste anche sentirvi sazi ma è proprio adesso che il gioco si fa duro. La leggenda narra che Giovanni Milana (con faccia e fisico da pirata Morgan, quindi è bene non contraddirlo) si adombri non poco se i clienti non assaggiano il cavallo di battaglia del locale, quei cannelloni della Sora Maria ripieni al pasticcio di vitellone che mentre li mangi senti cantare i cori dei Serafini e dei Cherubini.
A questo punto guardiamoci in faccia, non penserete mica di fermarvi qui! Come minimo un assaggino di guanciola di vitello garofolata e brasata alla malvasia è d’obbligo, oppure una cosa leggerina come il baccalà in vasetto di cottura con verdure, non può non essere gustata.
Se però volete fare felice, oltre che voi stessi, tutta la brigata di sala e di cucina ordinate il trittico, pardon la trilogia di abbacchio romano. Ma per me trittico è (magari del Mantegna, giusto per farvi capire a che livello è la cucina di Giovanni) e quindi ve lo presento con un linguaggio adeguato alla bisogna: alla vostra sinistra ecco comparir un’austera ma per niente ossuta cotoletta di abbacchio a scottadito, invero avvolta in sontuosa pancetta e rinfrescata con leggera salsa di verdure alla menta, alla destra una picciola scodelletta ove la coratella con le cipolle vi titillerà i sensi e lo gargarozzo. Al centro, giustamente in trono, il morbido ma gustosamente consistente rollè di abbacchio, contornato da un coro di erbe aromatiche, vi sorprenderà per bontà assoluta.
Restano solo i dolci per chiudere in gloria: quindi o l’affogato di zuppa inglese della Sora Maria alle fragole, o il tiramisù espresso con pastarella olevanese, o una zuppetta di ciliegie al ratafia. Uno di questi tre deve essere provato prima di chiedere il conto, che sarà l’ennesima sorpresa, in quanto difficilmente supererà i 35-40 euro vini esclusi.
A proposito di vini, come accennato la carta è importante, da locale stellato, e propone etichette regionali, nazionali e internazionali di alto livello a prezzi molto corretti.
Adesso avete davanti a voi il compito più ostico, quello di alzarsi e fare i primi passi fuori dal locale. Gli altri passi verranno da soli e saranno più facili, come una buona digestione, perché i piatti di Giovanni sono consistenti ma molto digeribili, tanto da…tornarci a pranzo il giorno dopo.
Ristorante Sora Maria e Arcangelo
via Roma 42, Olevano Romano (RM)
Tel. 06 956 2402
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