di Andrea Petrini
Quando il tuo amico Carlo Macchi ti chiama per festeggiare a Roma i (quasi) 50 anni di Riecine, azienda storica del Chianti Classico, posso solo esclamare una parola: obbedisco.
L’appuntamento, con un’altra piccola schiera di amici giornalisti e comunicatori del vino, è stato fissato il 15 ottobre all’interno del bellissimo Hotel de Russie dove oltre al Macchi, in prima linea anche perché incaricato di scrivere un libro sull’azienda, erano presenti anche Alessandro Campatelli, enologo e direttore generale dal 2015, e Carlo Ferrini che è stato consulente dell’azienda negli anni ’80 e all’inizio dell’ultimo decennio dello scorso secolo.
In realtà i festeggiamenti andranno avanti anche per tutto il prossimo anno (spero migliore di questo funesto 2020) perché in realtà oggi Riecine ha ancora 49 anni in quanto il fondatore della Riecine contemporanea, l’inglese John Dunkley assieme a suo moglie Palmina Abbagnano, acquisirono gli originali 1,5 ettari di terra nel dicembre del 1971. Insieme iniziarono a ristrutturare l’antica villa in pietra, per poi ridare vita alle vecchie piante e ad impiantare nuove viti. La prima annata di Chianti Classico, il 1972, messa in commercio qualche anno dopo. Da quel momento Riecine, anno dopo anno, si è fatta apprezzare per la qualità dei suoi vini e, come facile immaginare in quasi 50 anni di attività, molti sono stati i cambiamenti che sono avvenuti all’interno dell’azienda sia a livello tecnico-produttivo, sia a livello di gestione. Ferrini, infatti, è rimasto in veste di consulente fino al 1996 affiancando, già a partire dal 1991 quando era stato assunto Sean O’Callaghan, che iniziò a far parte del team di Riecine come enologo interno, per poi diventare successivamente il vero simbolo dello stile Riecine. Come sappiamo dal 2016 Sean ha lasciato l’azienda lasciando il testimone al bravissimo Alessandro Campatelli, che ancora oggi si occupa di tenere vivo il sogno di John e Palmina, assieme ai nuovi proprietari russi. Questo ha permesso a Riecine di mantenere intatto lo status di “faro enologico” del Chianti Classico.
Tornado alla degustazione organizzata, il duo Macchi-Campatelli ha deciso di dividere i festeggiamenti in tre eventi, il primo già tenuto in cantina ad Agosto, in ciascuno dei quali si affronta la storia di Riecine dividendo i vini in tre fasce temporali: dal 1971 al 1985, dal 1986 al 2000 e, la terza, dal 2001 fino ad oggi.
A noi “Romani de Roma” è toccato la seconda degustazione che vado a raccontarvi con le mie note di degustazione che, spero, riescano a farvi vivere anche in parte l’emozione di alcuni assaggi superlativi.
Riecine – VDT La Gioia 1986: il Supertuscan di casa Riecine, fortemente voluto da Palmina e che ha visto il suo esordio nel mercato dal 1982, è un sangiovese in purezza che in questa annata, che possiamo definire abbastanza regolare, regala solamente emozioni. Chi pensava di trovarsi davanti ad un vino ad un passo dal cimitero ha dovuto ricredersi fortemente causa impianto olfattivo che, alla cieca, può ricordare un grande e. soprattutto, giovane rosso di latitudini decisamente più a nord della Toscana. Il naso è un susseguirsi di sensazioni intensissime di arancia sanguinella, fragolina di bosco, spezie rosse, erbe di campo fino a virare su aromi più virili di ghisa e ruggine. Il sorso, spogliato di ogni orpello, rappresenta un’esplosione verticale di freschezza e sapidità la cui leggerezza e soavità sono l’imprinting assoluto di questo vino arioso che dopo 34 anni sembra ancora danzare sulle punte.
Riecine – VDT La Gioia 1987: l’annata, decisamente calda anche se “rovinata” in vendemmia da piogge persistenti, regala un vino rispetto al precedente più avvolgente e fruttato con questa nota di ciliegia, succosissima, che subito rapisce e nasconde, per un attimo, un caleidoscopio di profumi intensi che vanno dalla viola appassita alle spezie nere fino ad arrivare alle erbe aromatiche e alla già nota sensazione di ghisa che troveremo, ve lo anticipo, anche in altre annate. All’assaggio è capace di una accelerazione gustativa potentissima fino a metà sviluppo quando poi, con nonchalance, sembra quasi fermarsi per foderare il cavo orale di mille deliziosi sapori per interi minuti. Finale intenso e sapidissimo.
Riecine – VDT La Gioia 1988: l’annata, decisamente equilibrata e che per qualcuno è superiore alle 1985 in Toscana, non può che sfoderare un vino carismatico caratterizzato da un naso rintronante di erbe officinali, marasca, mora di rovo, agrume, chiodi di garofano e l’immancabile nota ferrosa che rimanda alla ghisa. Assaggio altrettanto autorevole dove la fine eleganza e una armonica integrità gustativa fanno da degni apripista ad un finale che è assolutamente una girandola di sapori di sbalorditiva bellezza. Un vino assolutamente strepitoso.
Riecine – Chianti Classico Riserva 1990: questo sangiovese in purezza, sicuramente il vino “bandiera” per l’azienda, in questa annata, decisamente buona in Toscana, rilascia all’olfatto luminose note territoriali che virano verso un affascinante mix che si compone di agrumi, violette, toni di sottobosco, spezie nere e ferro fuso. Al sorso ha coesione e sostanza, sfodera a metà sviluppo una bella acidità anche se il tannino, leggermente polveroso, spezza leggermente una progressione gustativa che rimane, comunque, di assoluto valore considerando l’età del vino.
Riecine – VDT La Gioia 1991: un’annata senza infamia e senza lode ed un vino, il primo degli anni ‘90 degustati, che rimane con un approccio gustativo abbastanza timido che regala sensazioni olfattive fresche ma poco complesse, a mio giudizio, dove ritrovo l’agrume i frutti di bosco. Il sorso è esile, verticale, ma si perde leggermente dal centro bocca in bocca regalando un finale sì sapido e fruttato ma poco dinamico nella chiusura.
Riecine – VDT La Gioia 1993: amo le annate regolari e fresche come questa perché, almeno a Gaiole in Chianti e, in generale, in Chianti Classico, regalano vini leggiadri, armonici, quasi primaverili negli accenni floreali di violetta e peonia a cui si aggiungono respiri intensi di mora di gelso, arancia amara, ferro sciolto. Sorso pieno, modulato da una verticalità di beva davvero entusiasmante che mi ha ricordato la ‘86. Bellissima la persistenza finale capace di rilanci aromatici continui. Gran vino!
Riecine – Chianti Classico Riserva 1995: non so se è colpa di questa annata irregolare, prima fresca e piovosa e poi, in vendemmia, decisamente calda, ma ho trovato questo vino molto stanco, soprattutto se confrontato col La Gioia 1993. Il naso, infatti, è un continuo richiamo alla frutta nera matura, all’humus ed ad una fosca mineralità. Con tempo, poi, esce anche una sensazione poco gradevole di dado da brodo. Al gusto è contratto, poco dinamico, caratterizzato da un tannino ancora vivo e graffiante che però pare giocare un ruolo solitario all’interno di una struttura complessiva del vino che appare traballante e leggermente scissa. Finale sapido, poco persistente.
Riecine – VDT La Gioia 1996: una buona annata questa ‘96 e, come spesso è capitato in degustazione, questo vino riesce ad interpretarla nel migliore dei modi. Il naso, inizialmente anarchico e dotato di aromi selvatici, via via si è pulito regalando un bouquet fresco e pungente dotato di nettissime sensazioni di ciliegia nera, chiodi di garofano, tabacco da pipa, erbe officinali e sbuffi salmastri. Bocca didattica, schiettamente chiantigiana grazie ad una carnosità e ad un sorso fresco ed equilibrato da tannini vivi ma ben integrati. La bistecca alla fiorentina sarebbe la morte sua!
Riecine – Chianti Classico 1997: non ce la fa, questa annata, tanto decantata in passato da schiere di giornalisti italiani e non, anche in questo caso mostra i limiti di un millesimo, sostanzialmente caldo, che a distanza di ventitré anni mostra tutti i suoi limiti. L’olfatto è stanco, sa di frutta matura, quasi marmellatoso, a cui seguono sensazioni di erbe amare, scura mineralità e glutammato. Al sorso è leggermente meglio, mostra una certa personalità e una struttura solida caratterizzata da tannini compatti e fervida sapidità. Chiusura austera e tutt’altro che dinamica.
Riecine – Chianti Classico Riserva 1999: altra annata calda e altro sangiovese in purezza che, rispetto agli anni ‘80, sembra segnare il passo soprattutto nel contesto delle sue fragranze odorose che rimandano alla confettura di more ed amarene, al tabacco Kentucky, alle spezie rose, alle erbe medicinali e al sottobosco autunnale. In bocca è congruente, con notevole nota sapida che addomestica la verve alcolica del vino donando agilità ed equilibrio. Finale salmastro con una persistenza però non da numeri uno.
Riecine – IGT Toscana La Gioia 1999: rispetto al precedente vino, pari annata, La Gioia regala una maggiore vivacità all’olfattiva grazie ad una componente floreale ed agrumata sicuramente maggiore del Chianti Classico Riserva. Anche al sorso il vino rispetta le previsioni: è agile è misurato, ampio e dal tannino vivace ma ben fuso nel contesto strutturale del vino. Finale speziato che, come il precedente, tende però a rimanere contratto a non ingranare la marcia giusta per correre.
Riecine – Chianti Classico Riserva 2000: l’ultimo vino in degustazione ci fa entrare negli anni duemila con un sangiovese che sembra avere un carattere più moderno ed estroverso. Ha un naso intenso ed espressivo di confettura di frutti di bosco e pot-pourri, prugna matura, chiodi di garofano, corteccia, sottobosco avvolte tutte da una sensazione di mineralità delicatamente scura. Al sorso è ricco, succoso, grintoso grazie ad una marcata acidità e tannini maturi. Lungo e vigoroso il finale su note fruttate e vagamente floreali.
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