Il cibo ed il vino secondo Carlo Macchi, Luciano Pignataro e Franco Ziliani.
Ogni lunedì, i tre blog di Vino Igp (I Giovani Promettenti) offrono ai loro lettori un post scritto a turno dai giornalisti Carlo Macchi, Luciano Pignataro e Franco Ziliani”.
TECCE
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 15 a 20 euro franco cantina
Fermentazione e maturazione: legno
Se mi chiedete quale Taurasi 2006 portare nello spazio per berlo quando si arriva a Plutone non ho dubbi: il Poliphemo 2006 di Luigi Tecce.
Esagerato? Dipende dai punti di vista, ovvio. La ceramica vietrese cotta del forno elettrico è sicuramente bella, quella lavorata con il fuoco della legna amplia il suo fascino terragno e regala la sensazione di possedere un oggetto unico, magari meno funzionale ma sicuramente entusiasmante.
Luigi Tecce è artigiano vero, ogni anno un vino diverso per molti millesimi, poi l’ingresso nella docg Taurasi con l’etichetta Poliphemo che Franco ha conosciuto all’Oasis di Vallesaccarda nella versione 2005. Il suo anarchismo contadino non è estremista come quello di città, ma è però tutto dentro il suo modo di essere e di pensare: nessuna annata è eguale all’altra, la sua ambizione è fare vini ogni anno diversi. Lui sta al rosso come Antoine Gaita al bianco e bisogna incrociarli con molta esperienza alle spalle.
Se hai il compasso ficcato nel Cabernet Sauvignon e nel Merlot meglio non cominciare proprio il discorso. Le sue vigne a raggiera taurasina (la starza) di Trinità e San Nicola di Paternopoli sono le più alte dell’areale, poi a spalliera le trovi a Braiole, Armedicee, Sant’Andrea: alcune le piantò il padre, altre il nonno, sempre prima del 1980, l’anno del terremoto.
Non rivelo il segreto di Fatima, anche perché ci siamo, mancano poche ore, affermando che per i degustatori di Slow Food il giudizio è identico a quelli dell’Espresso: il 2006 di Luigi è uno dei più grandi vini mai usciti da questa zona.
Il manico si vede nelle annate più difficili, e quando gestisci poche migliaia di bottiglie hai un bel vantaggio su tutti gli altri che si devono preccupare di esprimere un prodotto standard con uve di zone diverse.
Ma perché questo vino è così grande? Cosa ha di speciale? A mio parere esprime come pochi la vera anima ribelle dell’Aglianico, ossia quei tannini sempre difficili da gestire, le acidità spinte, in questo caso anche dall’altezza e dal freddo, la sapidità prorompente. Intendiamoci, è un vino materico, ma ben slanciato proprio grazie alla oculata gestione in cantina dove la fermentazione avviene in tini di castagno e la malolattica parte grazie al calore delle stufette. Luigi utilizza solo lieviti autoctoni spontanei, il vino fa macerazioni di 40 giorni sulle bucce in tini di castagno da 20 e 40 hl. Poi si sfeccia in acciaio e affina in carati da 500 ettolitri per un quarto nuovi, ovviamente non viene filtrato. Ogni annata è diversa dall’altra, a volte si stenta a credere che sia lo stesso vino.
Per esprimersi ha bisogno di lunga ossigenzazione anche quando è giovane. La 2006 si presenta al naso con un assetto di integrità ed espressione ampia, esordisce su note balsamiche, poi fruttate di mora, poi la viola, la speziatura è sottile, rabarbaro e cioccolato. In bocca è elegante, con tannini maturi, caldo, di buona spalla acida e buon equilibrio”.
Non posso aggiungere altro che questo: chi non capisce questo vino difficilmente può parlare autorevolmente di Taurasi e, soprattutto, di Aglianico.
Mozione d’ordine: parola negata:-)
Questo articolo viene pubblicato contemporaneamente su:
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