Era da parecchio tempo che desideravo tornare a Monte San Savino. Sarà stato Sgarbi, che ogni tanto lo cita per ricordarci quanto la cultura sia troppo spesso appannaggio di pochi e valorizzare le nostre meraviglie dovrebbe essere una delle priorità di qualsiasi governo, o semplicemente il fatto che l’uscita sulla A1 Roma-Firenze è sempre lì a sottolineare l’esistenza di questo suggestivo comune dell’Aretino, ma quel desiderio è diventato per me quasi una necessità irrinunciabile.
Così una settimana fa io e Laura abbiamo deciso che sarebbe stata la nostra meta pasquale. E dire che di ostacoli per realizzare l’obiettivo ne abbiamo avuti non pochi: il tempo pessimo per tutta la settimana, nonostante questo già dal lunedì i principali ristoranti erano completi (ma non c’era la crisi??), poi il venerdì prima di Pasqua, mia moglie si becca una bella influenza con febbre e tosse…
Ma la voglia era tanta, così domenica 31 marzo, il giorno di Pasqua per l’appunto, con un’ora di sonno in meno – causa spostamento lancette in avanti per ora legale – alle 9.30 abbiamo messo in macchina qualche cd, l’impermeabile, l’ombrello e siamo partiti, sperando nella clemenza del tempo.
E l’abbiamo avuta vinta! Temperatura ottimale, bastava un maglioncino per passeggiare per le strade del comune, grazie ad improvvisi squarci di sole che scaldava l’aria. Ci abbiamo messo un’ora e mezza per arrivare all’uscita dell’autostrada, poi dieci minuti per parcheggiare la macchina ai piedi delle mura che circondano il centro storico.
Monte San Savino è un comune di circa 8.800 abitanti, come riporta il Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana di Emanuele Repetti: “Grossa e nobil Terra, capo luogo di Comunità e di Giurisdizione, risiede sulla sommità di un colle facente parte del Monte di Palazzuolo che gli sovrasta dalla parte di maestro sulla strada Regia di Arezzo a Siena, a una elevatezza di 600 braccia fiorentine (circa 350 metri), fra il grado 29° 23′ di longitudine e il grado 43° 20′ 1″ di latitudine, 13 miglia a libeccio di Arezzo; 6 miglia a maestro di Lucignano; 10 miglia a ponente di Castiglion Fiorentino, e 22 miglia a levante di Siena“. Più chiaro di così…
Cosa c’è di tanto particolare in questo luogo da meritare una visita? Tralascio tutta la storia del comune e delle sue genti, rischierei di annoiarvi con un lungo trattato, ma diciamo che, innanzitutto, vanta numerosi elementi di interesse, chiese, palazzi, preziose botteghe di artigiani della ceramica che, da secoli, si tramandano tecniche antichissime.
Vale la pena incamminarsi partendo dal parcheggio situato a destra della porta principale, Porta Fiorentina. Si vede facilmente una scalinata, non lunga, che si congiunge al percorso che fiancheggia le mura interne.
La camminata si affaccia direttamente su Piazza di Monte, dove si può notare subito, voltandosi a sinistra, la Chiesa di Sant’Agostino (che non ho fotografato poiché stavano celebrando un battesimo). Risale al XIII secolo, ma il corpo centrale dell’edificio è stato ingrandito tre secoli dopo e rimodernato nel XVII secolo. Vale la pena visitarla e ammirare gli affreschi della scuola di Spinello Aretino, la Pietà e Santi di Paolo Schiavo, l’Adorazione dei Magi di Orazio Porta e, nel presbiterio, la bellissima Assunzione di Giorgio Vasari.
Lasciata Piazza di Monte inizia Corso Sangallo, dove potete trovare il bellissimo Palazzo di Monte, dove risiede il Comune, che purtroppo ho trovato stranamente chiuso, all’interno del quale ci sono i giardini pensili. Successivamente incontrate, sullo stesso lato, la Chiesa della Misericordia o dei Santi Egidio e Savino, conosciuta anche come Pieve Vecchia. L’interno è davvero suggestivo, un ambiente unico di modeste dimensioni, caratterizzato da un altare principale e sei altari secondari tipici del barocco settecentesco.
Proprio di fronte al Palazzo di Monte, vale la pena soffermarsi ad ammirare le Logge dei Mercanti, un edificio cinquecentesco in pietra serena, una pietra grigio-blu proveniente dalle cave vicino a Firenze, dove risaltano le colonne con i capitelli corinzi.
Proseguendo per Corso Sangallo, dopo poco si giunge a Piazza Gamurrini, dove alberga il bellissimo Museo del Cassero, che ha avuto origine dalle esposizioni di ceramiche organizzate ogni anno dal Comune a partire dal 1971, ma nel 1989 sono state trasformate in esposizione permanente all’interno del Cassero. Da allora il museo sta assumendo nello specifico campo delle ceramiche un ruolo di riferimento a livello provinciale. L’ingresso è gratuito. Il Cassero è una fortificazione medievale, costruita dai senesi tra il 1382 ed il 1384 sotto la direzione dell’architetto Bartolo di Bartolo.
Le sale sono divise per tematiche, una parte è dedicata a tele di artisti importanti e a libri che documentano la storia di Monte San Savino, una saletta che fa da divisorio contiene delle bacheche con attrezzature fotografiche d’epoca, mentre un’altra sala è interamente dedicata a reperti di ceramiche antiche e lavorazioni di diverse epoche.
Ridendo e scherzando, ci siamo accorti che era ora di pranzo, e qui è cominciata l’avventura per non rimanere a stomaco vuoto.
Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, abbiamo deciso di spostarci verso il Castello di Gargonza, a circa 7 km dal paese, un borgo fortificato duecentesco davvero suggestivo, immerso nel verde, di proprietà della famiglia Guicciardini Corsi Salviati, oggi utilizzato per fini esclusivamente turistici, infatti le abitazioni sono state adibite ad appartamenti e camere per i visitatori. Il borgo comprende una torre, una piccola chiesa del XIII secolo (dei Santi Tiburzio e Susanna, restaurata nel 1928), un pozzo, dei giardini e, all’esterno, un ristorante con annessa piscina.
Inutile dirvi che anche al ristorante del castello i posti per pranzare erano esauriti, ma per fortuna, forse mosso a pietà, uno dei camerieri ci ha preparato degli ottimi panini con prosciutto e formaggio, ai quali non ho potuto fare a meno di abbinare un eccellente Chianti Classico Riserva 2006 di Castello di Cacchiano, acquistato all’onestissimo prezzo di 25 euro. Ma non finisce qui, il cameriere ci ha preparato un vero e proprio cestino, dove abbiamo potuto mettere le vivande, i bicchieri e i tovaglioli che ci ha gentilmente fornito.
Dove abbiamo fatto il nostro pranzo di Pasqua? Dove lui ci ha suggerito: due minuti a piedi attraversando la strada, si sale verso la collina e si incontra una panchina vicino ad un’edicoletta con la Madonna e il bambino. Ci siamo seduti lì, da quel punto abbiamo potuto ammirare il borgo in un’atmosfera dove ossigeno e silenzio governavano incontrastati.
Esperienza che vi consiglio di ripetere!
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