di Stefano Tesi
Sarà anche vero che, traboccanti il vaso e il business della cucina stellata e gourmet – o ancor di più del baraccone di stardom comunicativo che un certo sistema si porta appresso, fate voi – le trattorie stanno tornando un po’ strumentalmente di moda. Ma, almeno per quanto mi riguarda, l’amore verso i locali defilati e campagnoli non c’entra coi trend, bensì con la nostalgia. O meglio con odori, sapori e atmosfere di quando, da bambino del tutto estraneo alla dialettica del palato e attento solo ai messaggi diretti della gola, la domenica andavi a pranzo con la famiglia nei ristoranti rustici un po’ fuori mano che solo il tuo babbo (pensavi tu) poteva conoscere. E non capivi come.
Purtoppo il dilagante mangificio toscano e la retorica del tipico hanno, anche e soprattutto nella mia regione, ridotto al minimo l’esistenza delle trattorie rispondenti ai tre, soli, veri requisiti che dovrebbero connotare questa benemerita categoria. Primo: una cucina solida, saporita, casereccia, subito riconoscibile e tuttavia mai caricaturale ad usum turistarum. Secondo: a dispetto del punto uno, una leggerezza finale dettata dalla qualità delle materie prime e dalla mano esperta della cuoca (già, perchè in trattoria i cuochi sono più spesso donne, come da antico retaggio rurale). Terzo: un conto accettabilmente in linea con la semplicità del locale, perchè di trattorie care come gli stellati ne abbiamo piene ciò che sapete.
Ebbene, in questa prospettiva, da qualche anno, ogni volta che passo da Lucarelli – frazione di Radda in Chianti e a occhio un centinaio di anime proprio, a ridosso del confine tra le provincie di Siena e Firenze – mi fermo a mangiare un boccone a Le Panzanelle.
Per i miei pranzi-nostalgia ha tutto: l’uscio proprio sulla strada, la classica saletta a travi e correnti al pianterreno e una più vasta sala al piano di sopra, cui si accede con l’immancabile stretta scala dall’ingresso. Arredo sobrio quanto basta ad evitare l’effetto cartolina e una clientela variopinta che spazia dallo straniero residente alla famigliola locale che porta il nonno a pranzo nel giorno di festa, da qualche produttore chiantigiano alle personalità locali. E tanta gente normale.
Sarà per questo che ogni volta che ci vado incontro qualcuno che conosco.
Ma a darmi conforto sono il cibo e il vino.
L’ultima volta (il menu cambia unas volta al mese) gli antipasti erano ovviamente quelli nostrani, ma i crostini erano veraci, i salumi più che buoni e gli involtini caldi di malanzane una piacevole sorpresa. Coi primi si va sul sostanzioso: gli spaghetti di Pesticcia (funghi, pomodoro e salsiccia) sono assai saporiti ma per stomaci robusti, non da meno le pappardelle sulla nana, mentre più accessibili risultano le lasagne di zucca gialla e porri. Tra i secondi, per gli amanti del genere è consigliata la cotoletta di trippa, altrimenti il peposo di guancia o l’immancabile bistecca, anche se i miei commensali consigliano pure l’ossobuco. Contorni classici e sapidi, dolci pochi ma buoni, pane buonissimo che infatti finisce subito e te lo devono riportare.
A questo punto il conto è sui 35 euro, che potrebbero apparire non economicissimi (ma neppure troppi, considerato lo standard chiantigiano).
Il bello arriva con la carta dei vini che, in contrasto col menu scarno, non solo spazia con una certa originalità, abbondanza (circa 300 “referenze”, perdonate l’abominevole espressione) ed acume in Italia e all’estero (oltre a sguazzare per i Gallo Nero e in Toscana, si capisce), ma propone le bottiglie a ricarichi, come si usa dire, “onestissimi”. Io direi anche di più, perchè con meno di venti euro si bevono dei vini da fare le capriole e ci si toglie pure lo sfizio di provare quello che non si conosce.
Ah, d’estate si mangia pure all’aperto.
Osteria Le Panzanelle
Località Lucarelli, 29 53017
Radda in Chianti, Siena – Italia
Tel./Fax. +39 0577 733511
osteria@lepanzanelle.it
Chiuso il Lunedì
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