di Stefano Tesi
Gli indiziati erano tre. Anzi, quattro. E per individuare il colpevole ci ho messo, inutilmente, tutto il viaggio di ritorno dalla Val Venosta. Il primo, in ordine di comparizione, era Martin Aurich di Castel Juval, che con la sua epifania dell’altroieri, alla seconda edizione di Eccopinò a Scarperia (a breve un post ad hoc sulla bella kermesse dei Pinot Neri dell’Appennino Toscano), mi aveva fatto tornare in mente un certo bivio sulla statale 38 della Val Venosta, quello per la Val Senales, tra Naturno e Ciardes, e la “bottega contadina” che c’è alla base della salita. I secondi, recidivi, i soliti Jorg e Sonya Trafoier del Kuppelrain di Castelbello: che non è solo il mio ristorante altoatesino preferito (in attesa del bistrot diurno atteso per la prossima primavera), ma proprio il luogo dov’ero diretto per la presentazione del famosissimo marmo bianco di Lasa e soprattutto per assaggiarmi i nuovi piatti a base di asparagi venostani, praticamente un’istigazione a delinquere (gastronomicamente parlando).
Il terzo era l’amico e collega Sebastian Marseiler, autore (Athesia 2011) della deliziosissima guida “Alla ricerca dell’arte – percorsi artistici per il Sud Tirolo“, un prezioso manuale che accompagna il viaggiatore compassato tra le pieghe meno note di questo territorio complesso, delicato e sorprendente: devo alla lettura del libro la scoperta dell’esistenza della straordinaria chiesetta di San Procolo, a Naturno, con i più antichi affreschi di cultura germanica esistenti in Europa e l’enigma del “santo sull’altalena”. Un gioiello da non perdere. Insomma, tutte le strade, e forse pure il destino, portavano lì, sulla statale venostana, al bivio per Castel Juval (dimora, per chi non lo sapesse, di herr Reinhold Messner). Dove c’è la Bottega dei Contadini, in tedesco Vinschger Bauernladen: praticamente una cooperativa di produttori che distribuisce a km zero i propri prodotti. Per carità, ottima iniziativa ma nulla di rivoluzionario. Se non che, all’interno della bottega, tra tante cose buone, ho incontrato lei. Morbida, bionda, cremosa. Seducente. Acutamente profumata. Dal gusto inebriante e complesso, piccante quanto basta da lasciare il segno, ma con un finale progressivo, avvolgente e dolcissimo, profondo, tentatore.
E’ la biosenape di pere prodotta dalla famiglia Luggin, a quasi mille metri di altitudine, nel maso “Kandlwaalhof”, proprio sopra il paese di Lasa. Quello del marmo, a dimostrazione che i circoli del destino finiscono sempre per chiudersi. L’ho assaggiata per caso, perfino un po’ svogliatamente, intingendovi un wurstel preso alla tavola calda del negozio, e ne sono rimasto folgorato: mai sentita una senape così. E ad appena 4,95 euro per la confezione da 200 grammi. Uno sballo. Inutile dilungarsi oltre: è una specie di droga. I Luggin ne producono altri quattro tipi, tutti buonissimi (mela dolce, albicocche, erbe aromatiche e senape del contadino), ma questa davvero non la batte nessuno.
Se poi fate in tempo ad andare a farvi la scorta prima della fine di maggio, il suggerimento è di approfittare, oltre che di una visita alla chiesa di San Procolo e al bellissimo attiguo museo, anche de “Il tempo degli asparagi”, la kermesse che il comprensorio turistico di Castelbello e Ciardes dedicano al loro ortaggio di punta, l’asparago bianco appunto: il programma coinvolge aziende vinicole, produttori con vendita diretta, ristoranti con piatti ad hoc e perfino visite guidate alle coltivazioni, comprese quelle biologiche del famoso “maso del castello di Burkhard Pohl.
Info e tutto il resto su http://www.kastelbell-tschars.
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