di Carlo Macchi
Questo non è un articolo ma un atto d’amore. L’oggetto del mio innamoramento è spumeggiante, vivace, profuma di gioventù, di freschezza. Qualcuno giudica il suo porsi agli altri semplice, scontato e invece c’è profondità, complessità, armonia. Il problema per me, vegliardo voglioso, è che non solo è giovane ma pure maschio, almeno dal punto di vista della lingua italiana. Prima che qualcuno mi giudichi prossimo alla follia o ad altro faccio il nome dell’ oggetto del desiderio: Lambrusco.
Nei giorni scorsi, assieme ad alcuni amici di Winesurf, ho fatto un assaggio abbastanza approfondito di lambruschi: Sorbara, Grasparossa, Reggiano, Emilia IGT, secco, amabile, per un totale di oltre 60 campioni. Il risultato tecnico lo potrete trovare su www.winesurf.it , qui voglio dare spazio ad una passione sopita che da anni aspettava di riattizzarsi.
“Agnosco veteris vestigia flammae”: la citazione è virgiliana e si riferisce a Didone che confessa alla sorella Anna il risvegliarsi della passione grazie ad Enea. Io, novello Didone molto mascolinizzato ed invecchiato confessavo ad un Giovanni Solaroli, che in niente somigliava alla sorella della sventurata regina, il risvegliarsi del mio amore non per Enea (almeno questo!) ma per il Lambrusco. Tutto questo mentre l’assaggio ci portava dagli austeri Sorbara ai sanguigni grasparossa passando per opulenti reggiani ed ammiccanti IGT Emilia.
Ma quando era nato questo amore? Correva l’anno 2003 ed io ero curatore di una guida allora molto innovativa nel panorama enoico nazionale. Tra i pochi vini premiati con il massimo punteggio c’era un Lambrusco Grasparossa di una bontà assoluta. Quel lambrusco mi aveva fatto fortemente riflettere sui concetti di qualità di un vino, allora fermamente posizionati tra legni imperanti, tannini austeri, rigidità olfattive da tregenda e maturazioni spesso improbabili ma nemmeno da porsi in discussione. All’opposto c’era questo lambrusco, dal costo quasi irrisorio, che ti avvolgeva con profumi di mora e di fragola, ti conquistava con una cremosità elegante e consistente per poi appagarti con un palato lungo, fresco elegante e di ottima spalla. Per i soloni di allora aveva però un difetto insuperabile: come le cicale durava una sola estate, non poteva invecchiare e quindi diventare più complesso etc .etc. Tutti quelli che allora lo assaggiarono rimasero impressionati e se ne strafregarono della sua durata, anche perché era impossibile durasse molto visto che se ne ne aprivi una bottiglia non potevi non finirla nell’arco di pochissimo tempo.
Da allora il mio rapporto con il lambrusco non dico si era raffreddato ma era divenuto come quello di chi ha sposato una gran bella donna ma, avendola davanti dalla mattina alla sera, non riesce più ad apprezzarla come si deve. Ogni tanto ne bevevo qualcuno ripensando sempre al colpo di fulmine sulla via di Scandiano e Canossa e tiravo avanti.
Una settimana fa i richiami delle sirene li ho sentiti forti e chiari, anche se il luogo degli assaggi (Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna) , Dozza non è vicino all’isola delle ammaliatrici. Per fortuna però questo richiamo non mi ha portato ad affogarmi in un mare di lambrusco ma ad assaggiarlo con sempre maggiore attenzione, ritrovando prima nei Sorbara note floreali e di ciliegia e poi nei Grasparossa e nei Reggiani quella valangata di frutta nera e rossa che assieme alla cremosa freschezza o alla pungente armonia della bollicina mi aveva, allora, trafitto il core.
Ma lasciamo da parte la versione aulica e vediamo di essere seri. Non pensavo che tra oltre 60 lambruschi di varie tipologie ce ne fossero così tanti buoni ed alcuni veramente ottimi. Mediamente (tra qualche giorno pubblicheremo i risultati su Winesurf) ci siamo assestati su punteggi alti e soprattutto solo una sparutissima minoranza ha mostrato problemi olfattivi gravi.
Qualcuno di voi noterà ( se non lo nota glielo dico io) che questo è il primo IGP che dedico al vino. Il motivo? Perché per rompere questo digiuno ci voleva un vino particolare, quasi un non vino per chi è uso a misurarsi solo tra la Borgogna e la Langa, tra Bordeaux e Supertuscan. Questo “non vino” invece ha diritto di cittadinanza tra i grandi vini del mondo ed ha solo bisogno di un po’ di fiducia per crescere ancora e perdere per strada alcune imperfezioni stilistiche dovute indubbiamente più alla campagna che alla cantina.
Comunque sia che si parli di fermentazione in autoclave o in bottiglia oggi si trovano sul mercato tanti lambruschi che, con meno di 10 Euro, ti fanno sentire il canto delle sirene. Provate per credere, magari legandovi preventivamente al pennone della nave più vicina…
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