di Luciano Pignataro
In questa visita ho pensato a Pasolini, lo vedo spesso, sempre, quando sono in giro per le campagne del Sud. Ricordo quanto mi faceva incazzare la sua poesia su Valle Giulia e come, invece, cogliesse il senso profondo di una trasformazione epocale del nostro Paese. Già, i figli dei contadini o andavano nelle fabbriche del Nord, o all’Estero, oppure si arruolavano.
Anche Nicola D’Occhio aveva la divisa, era ausiliaro della Guardia di Finanza. Ma adesso produce Aglianico del Taburno. Certo, la vita è dura, bisogna combattere sul mercato, fare scelte difficili, ma l’aspetto per me meraviglioso, affascinante è che mai appena vent’anni fa Nicola avrebbe potuto avere questa possibilità. Ed è poter raccontare queste storie il bello della scrittura del vino: uno dei miracoli della rivoluzione vitivinicola italiana e, questo sì fenomeno nazionale, meridionale.
Nicola e Antonina, Deucalione e Pirra, sono giovani sposi e insieme vivono su questo meraviglioso versante del Taburno che guarda a Benevento. Un suolo vulcanico dominato da aglianico e falanghina. I soldi per comprare la terra li aveva fatti il suo bisnonno, emigrante in America all’inizio del ‘900. Il nonno piantò seminativo e vigneto, il padre riconvertì tutto a vigneto per conferire alla vicina Cantina del Taburno e Nicola, 33 anni, è stato il primo ad imbottigliare, fondando l’azienda nel 2002 per reagire al continuo calo di prezzo delle uve.
Una storia individuale esemplificativa di quello che sta succedendo: il ritorno alla terra, tra mille difficoltà, di giovani trentenni che, a differenza dei coetanei bamboccioni con l’I-Phone di città, sudano e faticano.
L’Aglianico del Taburno ci parla del Sannio, di una terra che, molto più dell’Irpinia, ha la viticoltura come elemento fondante del proprio reddito agricolo. Ci parla di un Aglianico meno conosciuto dei suoi due cugini del Vulture e di Taurasi e meno fortunato di quello Cilentano perché non ha Paestum come sbocco commerciale. Ma è un Aglianico profondo, affascinante, mai strillato nel bicchiere.
C’è il base da una resa di 80 quintali per ettaro, il riserva 36+6 sinora uscito nel 2005 e nel 2006 e, infine, l’Eroe, di cui abbiamo fatto una piccola verticale viaggiando dal 2004 al 2006.
Vi risparmio i dettagli tecnici: per un prezzo a listino di 7,50 euro berrete un vino contadino, non marmellatoso, sommesso nei profumi e ruspante in bocca, ideale per l’abbinamento con i piatti rudi di una tradizionale che ormai è uscita dalle case per vivere nella ristorazione pubblica. La 2006 ci ha affascinato più di tutte grazie all’uso equilibrato di un legno ben dosato che lascia spazio al frutto croccante, alle note di amarena, snello e fresco.
L’Aglianico del Taburno ha bisogno di eroi. Bevete l’Eroe, presto in etichetta ci sarà la fascetta docg.
Un vino Garantito Igp, davvero.
Torre Varano a Torrecuso. www.torrevarano.it. Tel.0824.876372. Enologo: Sergio Romano. Ettari: 12 di proprietà. Bottiglie prodotte: 100.000. Vitigni: aglianico, falanghina, coda di volpe.
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