di Roberto Giuliani
Come molti sapranno la storia del Marsala e il suo percorso commerciale hanno vissuto momenti quantomeno complessi. Tutto ha avuto inizio 251 anni fa, quando nel 1773 il mercante di Liverpool John Woodhouse, grande esperto di vini e liquori, giunse a Marsala alla ricerca di un vino alternativo a Porto e Jerez e più redditizio, da commercializzare sul mercato inglese, e un porto da cui spedirlo. Arrivato al porto, fu incuriosito da un vino che veniva invecchiato secondo il metodo perpetuum, con cui le botti che contenevano parte del vino consumato durante l’anno venivano rabboccate con vino nuovo, una specie di antesignano del metodo Soleras o più correttamente “Solera y criaderas” (che invece consiste nel rabbocco di botti scolme con vino dell’ultima annata, via via a scendere per ogni fila della criadera, ovvero l’insieme di tutte le file sovrapposte. L’ultima fila in basso che contiene il risultato di tutti i rabbocchi precedenti è quella appoggiata al suolo, da qui “solera”. Da questa fila viene estratto in misura massima del 30% il vino destinato al consumo finale).
Quel vino, così concepito, secondo Woodhouse non sarebbe stato in grado di sopportare viaggi in nave senza rischiare di deteriorarsi. Per questa ragione pensò di fortificarlo con dell’acquavite, la cui alcolicità elevata gli avrebbe garantito una maggiore protezione durante il lungo tragitto di ritorno. Giunto in Inghilterra con una buona partita del prodotto, ottenne velocemente un notevole successo, così decise di tornare in Sicilia e iniziare a commercializzarlo dall’isola utilizzando come invecchiamento proprio il metodo Soleras.
Woodhouse riuscì a stipulare un importante contratto per la fornitura del Marsala alla Marina Inglese, con Lord Horatio Nelson e il Duca di Bronte, barone latifondista proprietario delle attuali zone della provincia di Trapani.
Arriviamo al 1809, ancora una volta è un inglese a contribuire al futuro del Marsala, infatti il mercante di stoffe Benjamin Ingham giunse sulle coste siciliane e approfondì gli studi agronomici dell’uva (grillo), con l’intento di dare al Marsala un’impronta ancora più caratteristica. Alcuni anni dopo conobbe Vincenzo Florio e ne divenne presto socio, condividendone l’impresa e la commercializzazione in tutto il mondo. Nel 1833 l’imprenditore di origine calabrese fondò le Cantine Florio e iniziò a produrre Marsala in proprio.
Venti anni dopo la situazione era questa: l’intera produzione di Marsala era appannaggio di tre cantine, la Ingham & Whitaker che vantava il 58% del totale, la Cantine Florio per il 23% e la Woodhouse per il restante 19%. Poco dopo, però, Florio riuscì a rilevare la Woodhouse, divenendo in breve il primo produttore di Marsala.
La storia continuerebbe con le varie vicissitudini che colpirono la famiglia Florio, dalla fillossera alla crisi economica, ma devo fermarmi qui, pena un racconto chilometrico e faticoso da leggere.
Oggi Ingham è un brand di Vulcanica Vodka, nato da un’idea di Stefano Saccardi, grande esperto di spirits, della produttrice vinicola etnea Sonia Spadaro (azienda Santa Maria La Nave) e della socia Serena Bonetti, in collaborazione con le Cantine Florio.
L’Ingham Marsala Superiore nasce da un vino prodotto tra la fascia costiera di Marsala e Petrosino e l’entroterra della provincia di Trapani. Solo uve grillo, coltivate su terreno ricco di terra rossa a base silicea, allevato ad alberello marsalese e in parte a spalliera bassa, con una densità di 4000 piante per ettaro.
La vendemmia viene effettuata tardivamente per consentire una maggiore concentrazione zuccherina negli acini. La fermentazione è a temperatura controllata, per la preparazione della concia si usa mistella, cioè mosto cotto e alcol di origine vinica, necessari ad ottenere la fortificazione.
Poi avviene il cosiddetto “innamoramento”, ovvero l’incontro del vino con la preparazione, che rappresenta il passaggio da “atto a diventare vino” ad “atto a diventare Marsala”.
Segue un affinamento in botti di rovere per almeno 2 anni utilizzando il metodo Soleras.
Va detto che il Marsala Superiore Ingham, è stato concepito principalmente per la mixology, ovvero per la realizzazione del cocktail Sicilian Martini, ottenuto insieme alla Vulcanica vodka e al cucuncio siciliano, ovvero il frutto della pianta del cappero.
Ma per gli IGP mi sembra più giusto raccontare l’Ingham, Marsala Superiore semi secco:
colore oro antico, ambrato, bouquet complesso con note che spaziano su dattero, fico, noce, uva passa, miele di castagno, melassa, croccantino su un sottofondo tra burro caldo e vaniglia.
Al palato esprime una dolcezza contenuta, evitando qualsiasi stucchevolezza grazie anche a un’ottima vena acida. Le sensazioni gustative si arricchiscono di toni affumicati, nocciola tostata e agrumi essiccati, evidenziando un Marsala complesso e sfaccettato, con 18,5 gradi alcolici che fatichi a percepire. Niente male!
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