di Kyle Phillips
Nel 1984 ho partecipato per un paio di settimane allo scavo di un sito archeologico del Paleolitico a Gavorrano, nella Val di Cornia: il lavoro consisteva nello scavare trincee esplorative in una zona destinata a diventare una strada e nel setacciare la terra alla ricerca di schegge silicee lavorate dall’uomo. Ne trovammo in abbondanza, ma purtroppo nessun’altra testimonianza della presenza umana.
Un giorno montammo tutti nel forgone sgangherato dello scavo e andammo nella Valle dei Manienti, dove Riccardo Francovich, un archeologo dell’Università di Siena, stava rimuovendo e i suoi studenti l’immenso cumolo di rovi che aveva coperto una collina. Si vedevano mura sgretolate nelle zone già ripulite e ci dissero che si trattava delle rovine di un villaggio minerario medioevale chiamato San Silvestro. A lavori ultimati hanno trovato una torre in cima al poggio, con una cisterna, una corte, una chiesina e, più in basso, una cinquantina di case all’interno della cinta muraria.
A questo punto, però, serve un po’ di background.
Le colline dell’entroterra di Populonia, un promontorio sulla costa Toscana, sono denominate le Colline Metallifere. La zona è un paradiso mineralogico e percorrendo le strade si notano bellissime macchie di colore sui versanti dei rilievi, segno della presenza di filoni di minerali.
In passato insomma la popolazione non si limitò ad apprezzare la bellezza di queste emergenze naturalistiche: la zona conta infatti decine di miniere, scavate fin dall’epoca degli Etruschi.
In particolare, le vene della Valle dei Manienti furono lavorate nel basso Medioevo dai Conti della Gherardesca, che vi estrassero piombo d’argento, rame e ferro. I minatori impiegati sul posto, però, avevano bisogno di case per abitare e, dato che procuravano ai loro signori un’ingente ricchezza, i conti edificarono lì un villaggio fortificato. San Silvestro rimase così un fiorente abitato per circa 300 anni, prima di essere abbandonato quando il cambio della situazione economica ne rese infruttuoso il mantenimento.
Oggi il borgo, recuperato e restaurato, è il fiore all’occhiello di un affascinante parco archeominerario con sentieri, gallerie (visitabili con una guida) e tante attrezzature da scavo di tutte le epoche. Fornisce un cambio di ritmo perfetto se siete al mare in zona, specialmente se si alza il vento, provocando una mareggiata tale che i bagnini proibiscono di fare il bagno.
Si parcheggia nella Valle del Temperino e si comincia col museo, che vanta una bella collezione di minerali, alcuni spettacolari, e anche plastici dedicati alle attività minerarie. Ci sono anche visite guidate ad una delle gallerie scavate dall’ Etruscan Copper Estates Mines (una società inglese che vi lavorò dal 1900 al 1907 e poi fallì): partono alla mezzora di ogni ora nel mese di giugno e ogni mezz’ora in luglio e agosto. Sono necessarie scarpe chiuse, ed è consigliabile un maglione.
La galleria fu scavata per sfruttare depositi detti skarn (solfuri misti: galena argentifera, cioè solfuro di piombo con argento, calcopirite, ovvero solfuro di rame e ferro, blenda, cioè solfuro di zinco e, in alcune aree, cassiterite, ovvero biossido di stagno), formatisi a causa dell’interazione fra le magme intrusive e le rocce calcaree circostanti. Le tracce dei minerali sulle pareti hanno un certo fascino e la galleria interseca anche delle escavazioni più antiche, dando modo di apprezzare le diverse tecniche minerarie utilizzate.
Dopo aver visto la galleria si passa al Museo del Minatore, che costudisce attrezzature minerarie di varie epoche. Parte da qui anche il trenino che attraversa la montagna in galleria per raggiungere la Valle dei Lanzi (così chiamato in ricordo dei minatori tirolesi chiamati da Cosimo I verso il 1500) e San Silvesto. E’ un tragitto interessante. Se preferite non andare sottoterra, c’è anche un sentiero (il cammino richiede circa 3 ore), ben tenuto con punti dove fermarsi e molte cose da vedere, fra le quali polveriere, altri tratti della linea ferrata inglese, scavi e buche pre-romane.
San Silvestro è molto bello e sebbene siano rimaste soltanto le mura si riesce comunque a capire come dovesse essere la vita: la noia patita dalle guardie, che incisero gli schemi di giochi da tavolo su i gradini accanto alla porta, la mancanza costante dell’acqua che obbligò gli abitanti a tracciare solchi nella roccia per condurla alle cisterne e così via.
Potete anche decidere di esplorare il villaggio al vostro passo, rinunciando alle visite guidate. La visita richiede circa un’ora, e dopo dovreste anche dare un’occhiata alla zona sperimentale, dove gli archeologi hanno ricostruito una fornace sul modello antico per valutarne l’efficienza. Che si è rivelata essere ottima, tanto da garantire a San Silvestro la totale autonomia per quanto riguardava la fusione del ferro. Ce la facevano a separare pure il rame, ma non l’argento, che si trovana nella galena sotto forma di solfato di piombo: i della Gherardesca preferirono trasformarlo in lingotti di piombo, da cui estraevano l’argento solo dopo averli trasportati a Pisa (all’epoca la Maremma era piena di banditi ed anche allora era certamente più difficile rubare pesanti lingotti che non pepite d’argento). Ciononostante, fra le scorie minerali sono stati trovati due scheletri recanti segni di ferite d’ascia e di aspetto diverso di quelli rinvenuti nel cimitero interno al paese: potrebbero quindi essere appartenuti a ladri o anche pirati.
Come raggiungere San Silvestro: Seguite l’Aurelia, la vecchia via Romana per Marseilles, fino a San Vincenzo Sud; da lì seguite le indicazioni per Campiglia Marittima, e poi quelle per il Parco Archeominerario. Sono circa 10 chilometri.
Per ulteriori informazioni (tante), visitate il sito del parco, dove troverete anche informazioni sugli orari, che cambiano nell’arco dell’anno, sebbene l’apertura sia quasi sempre alle 10. Volendo, c’è.
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