di Carlo Macchi
C’era un italiano un cinese di Pechino e uno di Hong Kong. Non è l’inizio di una barzelletta ma di una storia vera, che dura da tre anni, si svolge a Firenze e si chiama Fulin.
La mia ignoranza della cucina e della cultura cinese è abissale e a ben poco sono serviti alcuni libri sulla vita dell’ Imperatrice Cixi (che tempra di donna!) per farmi un quadro minimamente sufficiente.
Per questo quando sono entrato da Fulin a Firenze non sapevo proprio cosa aspettarmi, oltre quello che mi era stato detto e cioè che si trattava di un ristorante di cucina cinese di alto livello.
Il basso livello lo conoscevo da tempo ma sull’alto potevo riandare con la memoria solo al bellissimo film “Mangiare bere uomo donna” di cui mi ricordavo le lunghissime preparazioni del protagonista, tra cui quella infinita o quasi dell’anatra laccata.
Così entro da Fulin e ad aspettarmi c’è l’italiano, fiorentino purosangue, che si chiama Gianni Ugolini ed è un famoso fotografo ( e stato gentilissimo a far finta di niente mentre provavo a fotografare piatti e locale col cellulare). I due cinesi invece (in realtà uno, l’altro era assente), uno di Pechino e l’altro di Hong Kong erano in una pulitissima e organizzata cucina , dove tra l’altro facevano bella mostra di sé una serie di anatre pronte per iniziare “il rito” della laccatura.
Io invece, dopo un giro panoramico per il bel locale, arredato con cura e gusto, soprattutto senza eccedere in “cineserie” e dando anche spazi importanti alla voglia di privacy, mi accingo al rito del pranzo, che inizia nel modo più italiano possibile, grazie ad un calice di ottimo sauvignon altoatesino.
Infatti da Fulin si pasteggia col vino e devo dire che quel bianco ha accompagnato perfettamente tutti i piatti.
Piatti, vi garantisco, uno meglio dell’altro, che mi hanno fatto capire in un baleno cosa voglia dire cucina cinese di alto livello.
In realtà è un po’ l’uovo di Colombo: basta utilizzare ottime materie prime, lavorarle il più possibile sul momento e non vergognarsi assolutamente di “contaminare” la cucina cinese con qualche ingrediente prettamente italico.
La prima contaminazione è il raviolone al tartufo, cioè (così recita il menù) un raviolo di pasta di fecola di patate e amido di frumento di mais, ripieno di carne di fassona piemontese, tofu marinato su una base di crema di zucca profumata al tartufo. Un piatto meraviglioso per gusto e equilibrio, che ti fa scordare in un lampo tutte le precedenti esperienze di cucina pseudocinese e aspettare con gioiosa apprensione i piatti che verranno.
E ne verranno molti altri, perché il menu è ampio e articolato. Non mi metterò a riportarvi per intero tutte le presentazioni dalla carta di cosa o mangiato altrimenti faremmo notte, però permettetemi di consigliarvi il godurioso raviolo ripieno di gamberi con brodino al ginseng e gli imperdibili involtini fritti con ripieno di gamberi, zenzero, erba cipollina e castagna d’acqua ma-ti e le gustose palline di gamberi fritti con spaghetti cinesi in salsa agrodolce che mi permettono di toccare l’argomento fritture.
Purtroppo nei normali ristoranti cinesi la frittura è un qualcosa che alleggia nell’aria prima di attaccarsi ai tuoi vestiti e di penetrare le difese del tuo stomaco e del tuo fegato. Da Fulin, dove naturalmente si usano solo wok, l’olio viene cambiato 4-5 volte al giorno, in pratica ad ogni frittura, e così il risultato NON si sente nell’aria ma si gusta in quell’involtino meraviglioso e in quella pallina croccante, che resiste anche ad una doverosa immersione nella salsa agrodolce.
Veramente superbi gli spaghetti di riso con carne di maiale, funghi, erba cipollina e germogli di soia, dove la parte del leone la facevano proprio la consistenza e il sapore degli spaghetti stessi, a dimostrazione del fatto che gli spaghetti non sono figli solo del “bel paese là dove ‘l sì suona”.
Il suono della forchetta invece (gli altri commensali usavano le tradizionali bacchette, per me impossibili da utilizzare se non voglio trasformare un pranzo in una dieta ferrea ) era attutito dalla fassona saltata con porro e zenzero, equilibratissima nel gusto piccante, consistente ma soave al palato. Molto buono anche il pollo saltato in salsa agro-piccante con peperoni, cipolla e arachidi, che ha rischiato di essere conteso a suon di bacchettine e forchettate.
L’agnello piccante invece era un po’ troppo piccante ma, come si direbbe tra produttori di vino, era una “prova di botte” , cioè un piatto fatto sul momento e che stavano iniziando a calibrare in vista della Pasqua.
Sul versante dolci ho purtroppo giocato il jolly, cioè la mia allergia alla fragola non mi ha permesso di gustare il gelato alla fragola fritto, dirottandomi su un discreto gelato al pistacchio.
Anche il conto sarà “discreto” nel senso che con 4-5 portate non spenderete più di 40/45 euro vini esclusi.
Un’esperienza che consiglio, soprattutto a me stesso, visto che ho già messo in conto di ritornarci con mia moglie nei prossimi giorni.
Fulin
Via Giampaolo Orsini, 113r, Firenze
Telefono: 055 684931
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