di Roberto Giuliani
Che il Piemonte sia una delle regioni che dànno lustro alla spumantistica italiana non ci sono dubbi, non solo ma è forse quella che più di ogni altra non si ferma mai e non si accontenta di ciò che ha già raggiunto. Ci sono sempre più aziende che si cimentano nella produzione di spumanti e un sempre maggior numero sta puntando sul nebbiolo, dal Novarese al Cuneese, ma nessuno aveva ancora pensato a dare vita a uno spumante metodo classico rigorosamente a base nebbiolo con un proprio disciplinare condiviso.
L’idea è venuta nel 2004 a Sergio Molino, uno degli enologi più affermati che ben conosce questo straordinario vitigno e che, dopo opportune sperimentazioni, si è reso conto che la punta del grappolo, tagliata in fase pre-vendemmiale, contiene l’acidità ideale per produrre spumanti metodo classico, dosaggio zero (sono tollerati fino a 3 g/l) e con una sosta sui lieviti di almeno 40 mesi; non parliamo di grappoli qualsiasi, beninteso, ma di quelli provenienti da una vigna destinata a produrre un grande vino rosso da nebbiolo, certamente una novità assoluta, chi potrebbe mai immaginare che dalle stesse uve del Barolo, del Barbaresco o del Gattinara, si può far nascere anche uno spumante metodo classico? Questo tipo di operazione sul grappolo offre un vantaggio anche al futuro rosso aziendale, infatti, privato della punta – le cui caratteristiche sono più simili a quelle di un’uva bianca, più acida e con la buccia dal colore più tenue – il nebbiolo continuerà il suo percorso di maturazione con la parte migliore, immaginate questo lavoro ripetuto su tutto un vigneto!
Il progetto è piaciuto così tanto che nel 2010 sei produttori hanno deciso di aderire, costituendo un gruppo con obiettivi comuni, Enzo Boglietti (La Morra), Massimo Travaglini (Gattinara), Franco Conterno (Cascina Sciulun, Monforte d’Alba), Enrico Rivetto (Rivetto dal 1902, Serralunga d’Alba), Giorgio Viberti (Cascina Ballarin, La Morra) e Ivo Joly (La Kiuva, Arnad), unica cantina valdostana.
Nel 2017 il gruppo ha fatto un ulteriore passo avanti costituendo l’Associazione Nebbione, con sede a Barolo in via Vittorio Emanuele 4, “per tutelare e valorizzare il vino spumante di qualità a base nebbiolo vinificato in bianco con il metodo classico, trasformato e imbottigliato nell’ambito territoriale di produzione del Nebbiolo”.
Ma cosa dice il disciplinare del Nebbione? Vediamo:
La denominazione “Nebbione” (marchio registrato) è riservata al vino spumante bianco o rosato ottenuto esclusivamente con il metodo della rifermentazione in bottiglia (metodo classico) che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione; attraverso questo documento si strutturano le regole base e si forniscono le linee guida per la produzione del Nebbione. Sottoscritto da tutti i produttori di Nebbione, è garante dei seguenti principi fondamentali:
- solo aziende agricole o cooperative agricole
- serietà nella coltivazione e attenta selezione delle punte dei grappoli
- uve di provenienza: esclusivamente da vigneti iscritti negli albi doc e docg
- vitigno di origine: Nebbiolo 100%, solo la punta sana dei grappoli (eventuali punte affette da disseccamento del rachide vanno scartate)
- pressatura soffice delle punte: resa massima uva/mosto 50%, molto consigliato ridurre la resa al 35/40% destinando il restante ad altri vini
- per la base bianca eventuale decolorazione del mosto tramite iperossigenazione
- utilizzo del metodo della rifermentazione in bottiglia
- prolungato contatto con i lieviti (minimo 40 mesi)
- sboccatura pas dosé o con limitatissimo dosaggio (max 3 g/l) per rimanere nella tipologia extra brut
- maturazione del prodotto finito (tappo in sughero) per almeno 3 mesi, consigliato un periodo minimo di 6 mesi.
La permanenza sui lieviti è prolungata rispetto a prodotti simili sul mercato ad esclusivo vantaggio della qualità finale di ogni singola bottiglia di Nebbione.
Si tratta di un disciplinare a uso interno, ma non per questo meno importante, poche regole ben delineate, il cui scopo principe è ottenere spumanti metodo classico di elevato livello, esclusivamente da nebbiolo.
Il progetto ha riscosso sempre più successo, tanto che hanno aderito nuove aziende anche da altre aree dove dimora il nebbiolo, ma dovremo aspettare ancora un po’ per degustare i loro spumanti, al momento sono tutti “work in progress”. Ma intanto posso raccontarvi quelli delle 6 aziende fondatrici, tanto per farvi un’idea…
Metodo Classico Extra Brut Traverse Rosé – La Kiuva; gradazione: 13,5% vol.
Parte del vino trascorre 6 mesi in legno. Ben 60 mesi sui lieviti. Il colore è del tutto particolare, non richiama sfumature rosate ma più l’oro che vira verso l’arancio. Profuma di lieviti, pane, albicocca, pesca, ciliegia, fragolina di bosco e arancia candita, cannella; al palato è intenso, molto stimolante, con un frutto vivo ben sorretto dall’acidità, lungo e avvolgente, aromatico, davvero piacevole.
Metodo Classico Extra Brut Punte dei Tre Ciabot – Cascina Ballarin; gradazione: 13,5% vol.
Oltre 48 mesi sui lieviti. Ha un colore che punta al dorato, brillante grazie all’ottima serie di colonnine che si formano nel calice. Interessante trama olfattiva, più dolce, richiama la liqueur, è giocato su una sottile vena ossidativa nella quale si fonde il frutto, in parte anche agrumato, su uno sfondo di lieviti. In bocca conferma una decisa rotondità che addolcisce le sensazioni fruttate, non manca di vena sapida e di lunghezza. Uno stile indubbiamente particolare.
Metodo Classico Extra Brut na Punta – Franco Conterno Cascina Sciulun; gradazione 12,5% vol.
Vino base parzialmente maturato in legno. Sosta sui lieviti variabile da 50 a 60 mesi. Da segnalare che in realtà questo è un metodo ancestrale, ovvero della doppia fermentazione, senza ulteriore aggiunta di zuccheri; questo permette di mantenere la gradazione alcolica su livelli contenuti. Paglierino intenso, profumi floreali di ginestra, biancospino, poi ginseng, cedro, susina, una punta di mallo di noce, lieve tostatura.
Bocca generosa ma con quell’austera indole nebbiolesca che non lascia dubbi, si percepisce persino una sottile vena tannica, mentre l’acidità spicca dando al sorso una dinamica verticale.
Metodo Classico Dosaggio Zero Kaskal – Rivetto; gradazione 13,5% vol.
La bottiglia in mio possesso ha sostato sui lieviti 45 mesi, con sbuccatura a fine 2019, ma so che in cantina Enrico Rivetto ha altri Kaskal con svariati anni in più di permanenza sui lieviti, non so se sia già arrivato a 120 mesi, ma l’obiettivo è sicuramente quello. Per ora “accontentiamoci” di questo, un dosaggio zero dal colore paglierino medio (a testimoniare l’assenza di liqueur) e profumi di grande eleganza, un gioco bellissimo di fiori, mandorle, agrumi maturi, crosta di pane, venature minerali, che ritroviamo fedelmente al palato, in un ambiente magnificamente equilibrato, con l’acidità ben fusa con il frutto, una persistenza notevole e un allungo sapido che invoglia a berne ancora.
Metodo Classico Brut Nature – Enzo Boglietti; gradazione 12,5% vol.
Esisteva già un Metodo Classico Rosé in casa di Enzo, Linda e Matteo Boglietti, ora abbiamo anche questo Brut Nature, rigorosamente nebbiolo, un’anteprima che ha fatto “solo” 34 mesi di permanenza sui lieviti, si tratta di un 2016 che ha subito un dégorgement piccolo di prova, quindi non definitivo, infatti in cantina ci sono ancora sui lieviti 3000 bottiglie che usciranno il prossimo anno.
Questo ha un perlage fitto e colore paglierino intenso, un bouquet particolare che richiama il fieno, il pane sfornato, la frutta agrumata parzialmente candita, mista ad erbe aromatiche, l’albicocca, sfumature di pera Williams; bocca che rivela un delicato gioco ossidativo che esalta la nota fruttata e dà una falsa sensazione evoluta, in realtà è un brut rigoroso, austero, ma con una punta giocosa che lascia tracce di miele e una sensazione avvolgente, con una chiusura piacevolmente sapida. Una bolla di nebbiolo, senza dubbio.
Metodo Classico Dosaggio Zero Nebolé 2014 – Travaglini; gradazione 12,5% vol.
Ci spostiamo a Gattinara, nel nord Piemonte, da una delle aziende storiche del territorio; il Nebolé subisce la fermentazione con un ceppo di lieviti raro, il Castelli, proveniente da Epernay, un’alternativa a quei pochi ceppi che vengono utilizzati solitamente per il metodo Champenoise. La durata a contatto con i lieviti è di almeno 46 mesi (ma si stanno sperimentando anche 60, 72, 84, 92 e 108 mesi…). Ha colore paglierino tenue, trama olfattiva elegante e fortemente minerale, il frutto è meno “sparato”, gioca sottile e pulito, parliamo di pesca bianca, ananas, cedro, richiami al fogliame, all’humus. Al gusto è più aperto, finissimo nell’incedere fruttato, puntuale e preciso in ogni suo aspetto, intriso di una bella energia che viene saggiamente dosata, l’eleganza è proprio data da questo equilibrio di microelementi, senza sbavatura. Un bel bere davvero.
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