di Stefano Tesi
Se non fosse per quel serpentone d’asfalto che è divenuto la statale della Val Venosta (e meno male che, coi nuovi tunnel, da Merano ci si arriva ora in meno di mezz’ora), il posto sarebbe ideale per ambientarci certe livide storie da Austria felix, da impero absburgico, da Joseph Roth. Il borgo, il castello incombente sull’antica strada e appartenuto a un’antichissima e decaduta casata tirolese, la piccola stazione e il suo trenino, i meleti, gli orti, le cime innevate, l’atmosfera ovattata della provincia, l’aria frizzante della montagna. E quella deliziosa cupola liberty che non a caso è lì da oltre un secolo e che dà il nome alla locanda in cui, sempre nell’immaginario, potrebbe andare a sedersi ogni sera proprio Anselm Eibenschütz, il verificatore di pesi de “Il peso falso” rothiano.
Ma la realtà è diversa. Anzi, migliore. Perché sotto la cupoletta c’è effettivamente una locanda con appena tre camere. E c’è soprattutto il Kuppelrain, regno dello chef Jorg Trafojer, di sua moglie Sonja e dei loro figli Kevin, Natalie e Giulya. Li menziono al completo perché il ristorante sono loro. Tutti dentro: chi ogni sera, chi ogni tanto. In un senso di familiarità che, senza sottrarre nulla all’eleganza, è la vera essenza di questo ristorante.
Un ristorante stellato, sia chiaro. Di quegli stellati che la stella se la meritano tutta e che, se avessero scelto di essere meno defilati, l’avrebbero forse ottenuta prima e magari moltiplicata. Ma rimarcare solo questo è realmente riduttivo. Perché il Kuppelrain è un simbolo. Il simbolo della Val Venosta, del talento del titolare, della volontà e del dinamismo della sua compagna. E della vocazione di una famiglia che comincia da lontano e continua con le nuove generazioni. Radici profonde, insomma. Non solo mai rinnegate, ma che carsicamente riaffiorano nei modi, nelle abitudini, nelle idee. Ho visto con i miei occhi il vecchio Trafojer curare l’orto e la frutta, Jorg e Sonja cavare a mano dai monti e portare a spalla fino a casa le lastre di pietra con cui costruire la cantina. Li ho visti con il metro in mano a prendere le misure della nuova sala. Ho visto l’ambiente mutare, abbellirsi, adornarsi senza perdere in sobrietà e buon gusto, perché il numero dei coperti rimane il solito: poche decine. Sennò addio intimità. E ho anche sentito, in ormai quasi vent’anni di frequentazioni, la cucina di Jorg crescere, evolversi. Senza tradire però le sue pragmatiche fondamenta: menu che asseconda rigorosamente le stagioni, grande uso dei prodotti del proprio orto oppure fatti in casa (lo speck del Kuppelrain non è mitico: è mistico), rispetto per la materia prima e perenne equilibrio tra tradizione e creatività.
Alto Adige e Val Venosta intrecciati con altri sapori. A parole lo fanno tutti, in pratica ci riescono in pochi.
In cantina invece comanda Sonja, attenta osservatrice del mondo del vino e ancora più attenta sommelier. Ed anche qui riecco l’equilibrio tra il territorio e il mondo, tra l’autoctono e l’internazionale, tante proposte mai sopra le righe, gentilezza, sorriso, affabilità.
A tavola (rectius: al “mio” tavolo, quello in fonda a destra, accanto alla finestra aperta sul castello) il suggerimento è di lasciar fare il padrone di casa. Ma godersi almeno la lettura della carta è d’obbligo. Marzo, ad esempio, in Val Venosta è il mese degli asparagi. Per lo chef una tentazione irresistibile. Per noi, anche.
E siccome il Kuppelrain è sempre lì, comodo, a cento metri dalla Statale, giusto a metà del cammino di chi va a Resia, o a Glorenza, o rientra a Merano e Bolzano, una sosta diventa un’abitudine. Una volta mi è pure capitato di arrivare con l’influenza. Mi hanno talmente coccolato che speravo di non guarire più.
Ristorante Kuppelrain
Via Stazione 16, Castelbello (BZ)
Telefono: 0473 624103
E-Mail: info@kuppelrain.com
Sito web: www.kuppelrain.com
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