di Roberto Giuliani
Un anno fa ho avuto modo di tornare a visitare una delle aziende storiche di Montalcino, Argiano, stimolato dal racconto dell’amico giornalista Dario Pettinelli sulle novità che stavano modificandone in modo sostanziale la filosofia e l’approccio sia in vigna che in cantina, ma non solo (se vi è sfuggito potete trovare l’articolo qui).
Una vera rivoluzione, che ha trovato la spinta nel suo nuovo proprietario, il gruppo brasiliano Leblon Investment Fund Ltd, con a capo Andrè Santos Esteves, finanziere tra i più ricchi al mondo. Evidenziare la condizione di benessere economico di Esteves è necessario per capire come, per quanto Argiano sia una delle più importanti aziende di Montalcino, con 420 anni di storia sulle spalle, il nuovo proprietario non intendesse certo trarne ulteriore ricchezza. L’imprenditore si è prima di tutto innamorato del luogo, dell’arte che lo circonda, del fascino di quelle terre e di quelle vigne, e ha subito capito che l’azienda ilcinese poteva diventare un simbolo di prestigio, dare lustro all’immagine sua e del gruppo.
Ma era necessario fare qualcosa di radicalmente nuovo, decidendo di ristrutturare i diversi ambienti seguendo le linee già definite secoli addietro dall’architetto Pecci, che aveva puntato a ottenere una perfetta simmetria di ogni edificio, locale, strada, nell’ottica “bifronte”. Infatti il nome dell’azienda deriva da Ara Jani, il tempio dedicato a Giano, il Dio bifronte, le cui due facce contrapposte rappresentano il legame con il passato e lo sguardo verso il futuro.
Il risultato di questo lavoro è un “quartiere” moderno ed elegante, funzionale, ma allo stesso tempo antico e ricco di storia.
Un altro passaggio fondamentale è rappresentato dalla volontà di Esteves di ottenere un’azienda fortemente rispettosa dell’ambiente, tanto da avere eliminato completamente l’uso della plastica in ogni contesto (ricordo che dispone anche di un agriturismo con numerosi appartamenti), prima azienda a Montalcino.
E la conduzione del vigneto, a opera dell’agronomo Francesco Monari, utilizza una metodologia che è la conseguenza di un’approfondita esperienza sul campo, oltre le semplici regole del biologico, attingendo anche alla biodinamica e a tutte quelle cure che provengono da ciò che offre la natura stessa, senza più uso di pesticidi o antiparassitari, con l’obiettivo di ridurre sempre di più anche l’uso di rame e zolfo.
In cantina c’è invece l’enologo Bernardino Sani, amministratore delegato, che a sua volta ha contribuito a dare una svolta ulteriore, introducendo ad esempio le botti in cemento Nomblot, caratterizzate dal fatto di essere monoblocco, frutto di una sola colata senza aggiunta di coadiuvanti o prodotti chimici, perfette per la conservazione del vino.
Non mi dilungo oltre, potete trovare altri approfondimenti nell’articolo, ma ora desidero parlare del vino, quello che è diventato il fiore all’occhiello di Argiano, proveniente dalla Vigna del Suolo, con piante che superano i 50 anni di vita e forniscono una qualità di sangiovese davvero elevata, una varietà che gode di cloni selezionati e impiantati sulla base del rapporto con le diverse caratteristiche dei suoli.
Il Vigna del Suolo 2015 è di fatto il primo cru di Argiano, questa è la prima annata prodotta, ha subito una fermentazione spontanea per due settimane in vasche di acciaio a temperatura controllata, mentre la malolattica si è svolta in cemento. La maturazione ha avuto un percorso di circa 30 mesi in botti da 15 Hl della Garbellotto, scelte appositamente per questo vino. Ad aprile è stato imbottigliato ed è rimasto ad affinare per 10 mesi.
La 2015 ha avuto un andamento decisamente buono, con un inverno mediamente freddo e asciutto, primavera con temperature moderate e giusto contributo di piogge, che sono andate aumentando a giugno, mese che ha fatto da apripista a un periodo estivo decisamente caldo; le riserve idriche accumulate in precedenza e la profondità delle radici delle viti hanno consentito di evitare stress. Con il mese di settembre si è tornati a un clima più temperato. Le uve portate sui carrelli per la cernita si sono mostrate ottime.
Nel calice il colore è già testimone di una scelta ben precisa di ottenere un vino il più possibile naturale, il sangiovese deve emergere con le sue caratteristiche nel rispetto dell’annata, la tonalità è un bel granato con ricordi rubini, trasparente e dai toni caldi.
La trama olfattiva è di notevole impatto, inizia con un bouquet floreale di rosa, viola, una punta di lavanda, poi subentrano le erbe aromatiche, la ciliegia, una nota piuttosto evidente di arancia, poi incenso, leggera cannella e liquirizia, tutto in grande equilibrio.
Al gusto è ancora più evidente la classe di questo vino, che pur mostrando tannini orgogliosi e una materia non indifferente, è sorretto da una freschezza decisa e da una sapidità sottile ma costante, c’è armonia nei diversi elementi; anche l’alcol, pur nella sua prestanza, si integra perfettamente con un tessuto avvolgente e succoso, dove la nota agrumata torna netta anche nel lungo finale.
Un grande Brunello con un lungo futuro davanti, la nuova Argiano è arrivata!
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